16 luglio 2004
Aggiornamenti e focus
Cocktail già servito
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La vita di un sieropositivo per HIV non è certo bella ma va ancora peggio se vive in paesi in via di sviluppo, dove non è scontato ricevere le cure adeguate e avere accesso alle terapie migliori.
La terapia antiretrovirale nota come HAART rappresenta per ora il trattamento di eccellenza e ha consentito di ridurre drasticamente la mortalità e la morbidità associate all'AIDS. La stessa terapia è stata però al centro di molte polemiche sulla sua disponibilità e sui costi che comporta il suo uso. In questo scenario la produzione del generico è stata accolta con entusiasmo soprattutto nei paesi in via di sviluppo, dove il cocktail antiretrovirale è di cruciale importanza per la salute pubblica.
Ma non è solo una questione di costi.
Il generico in questione, infatti è una combinazione di tre principi antiretrovirali (nevirapina, stavudina e lamivudina) contenuti in un'unica pastiglia in dosi fisse, da somministrare due volte al giorno, molto più semplice del cocktail di marca che prevedeva l'assunzione a diversi orari durante il giorno. La testimonianza sul campo di Medici senza frontiere conferma l'utilità della combinazione in dose fissa generica che ha permesso di aumentare rapidamente il numero di pazienti trattati.
Resiste tuttavia una certa reticenza da parte dei maggiori enti finanziatori di programmi per la lotta all'AIDS parzialmente giustificata dall'assenza di studi clinici che ne dimostrino efficacia e sicurezza. In questa direzione va proprio lo studio comparso sulla rivista Lancet che ha testato il farmaco generico su 60 pazienti in Camerun, Africa.
Tutti i soggetti erano sieropositivi per HIV, maggiorenni e non avevano mai seguito una terapia antiretrovirale e per un anno circa sono stati trattati con la terapia a dose unica secondo lo schema di due somministrazioni giornaliere. Per verificare l'efficacia è stata monitorata la carica virale, che nell'80% dei casi scendeva sotto le 400 copie per millilitro di sangue già dopo 24 settimane e la mortalità o la probabilità di nuove patologie associate all'infezione da HIV diminuiva del 15%. C'era un incremento delle cellule CD4, mentre il tasso di incidenza di progressione della malattia e di gravi effetti avversi nonchè i fenomeni di resistenza erano, rispettivamente, del 32, del 17,8 e del 7,1 per 100 per persona all'anno.
Un risultato molto importante raggiunto dai ricercatori è l'aderenza alla terapia del 99%, dato importante quando la terapia interessa in particolare virus, microrganismi capaci di modificarsi e di sviluppare facilmente resistenza ai farmaci.
Soprattutto senza interruzioni
In ambito clinico assicurare continuità al trattamento antiretrovirale è di importanza cruciale, ma in situazioni in cui le risorse sono limitate e mancano programmi di cura governativi, i pazienti si procurano i farmaci presso le farmacie. Ma quando il paziente non è più in grado di provvedere da sé alla terapia è molto probabile che questa venga interrotta e che si instauri resistenza al farmaco. A quel punto riprendere la terapia significa passare a una terapia di "seconda linea", una combinazione di inibitori di proteasi il cui costo è dieci volte più alto dell'antiretrovirale generico. Un grosso limite nei paesi poveri, oltre al fatto che i farmaci inibitori di proteasi necessitano di un sistema di conservazione che prevede una catena del freddo che non può assolutamente essere interrotta.
Questioni di interesse
La combinazione a dose fissa generica è attualmente disponibile in India, dove un'azienda locale di generici l'ha prodotta ignorando, arbitrariamente, l'esistenza del brevetto sui tre principi antiretrovirali detenuto da importanti case farmaceutiche, che non hanno interesse a fare accordi commerciali per diffondere il generico. Tuttavia le associazioni umanitarie ne stanno facendo uso in diversi paesi del Terzo Mondo in quanto lo considerano una svolta per le terapie di prima linea. E gli stessi autori della ricerca sostengono la promozione a trattamento standard del generico a dose fissa, che assicura efficacia e sicurezza e evita l'insorgenza di resistenza.
Simona Zazzetta
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
La terapia antiretrovirale nota come HAART rappresenta per ora il trattamento di eccellenza e ha consentito di ridurre drasticamente la mortalità e la morbidità associate all'AIDS. La stessa terapia è stata però al centro di molte polemiche sulla sua disponibilità e sui costi che comporta il suo uso. In questo scenario la produzione del generico è stata accolta con entusiasmo soprattutto nei paesi in via di sviluppo, dove il cocktail antiretrovirale è di cruciale importanza per la salute pubblica.
Ma non è solo una questione di costi.
Dal cocktail alla dose unica
Il generico in questione, infatti è una combinazione di tre principi antiretrovirali (nevirapina, stavudina e lamivudina) contenuti in un'unica pastiglia in dosi fisse, da somministrare due volte al giorno, molto più semplice del cocktail di marca che prevedeva l'assunzione a diversi orari durante il giorno. La testimonianza sul campo di Medici senza frontiere conferma l'utilità della combinazione in dose fissa generica che ha permesso di aumentare rapidamente il numero di pazienti trattati.
Resiste tuttavia una certa reticenza da parte dei maggiori enti finanziatori di programmi per la lotta all'AIDS parzialmente giustificata dall'assenza di studi clinici che ne dimostrino efficacia e sicurezza. In questa direzione va proprio lo studio comparso sulla rivista Lancet che ha testato il farmaco generico su 60 pazienti in Camerun, Africa.
Il generico funziona
Tutti i soggetti erano sieropositivi per HIV, maggiorenni e non avevano mai seguito una terapia antiretrovirale e per un anno circa sono stati trattati con la terapia a dose unica secondo lo schema di due somministrazioni giornaliere. Per verificare l'efficacia è stata monitorata la carica virale, che nell'80% dei casi scendeva sotto le 400 copie per millilitro di sangue già dopo 24 settimane e la mortalità o la probabilità di nuove patologie associate all'infezione da HIV diminuiva del 15%. C'era un incremento delle cellule CD4, mentre il tasso di incidenza di progressione della malattia e di gravi effetti avversi nonchè i fenomeni di resistenza erano, rispettivamente, del 32, del 17,8 e del 7,1 per 100 per persona all'anno.
Un risultato molto importante raggiunto dai ricercatori è l'aderenza alla terapia del 99%, dato importante quando la terapia interessa in particolare virus, microrganismi capaci di modificarsi e di sviluppare facilmente resistenza ai farmaci.
Soprattutto senza interruzioni
In ambito clinico assicurare continuità al trattamento antiretrovirale è di importanza cruciale, ma in situazioni in cui le risorse sono limitate e mancano programmi di cura governativi, i pazienti si procurano i farmaci presso le farmacie. Ma quando il paziente non è più in grado di provvedere da sé alla terapia è molto probabile che questa venga interrotta e che si instauri resistenza al farmaco. A quel punto riprendere la terapia significa passare a una terapia di "seconda linea", una combinazione di inibitori di proteasi il cui costo è dieci volte più alto dell'antiretrovirale generico. Un grosso limite nei paesi poveri, oltre al fatto che i farmaci inibitori di proteasi necessitano di un sistema di conservazione che prevede una catena del freddo che non può assolutamente essere interrotta.
Questioni di interesse
La combinazione a dose fissa generica è attualmente disponibile in India, dove un'azienda locale di generici l'ha prodotta ignorando, arbitrariamente, l'esistenza del brevetto sui tre principi antiretrovirali detenuto da importanti case farmaceutiche, che non hanno interesse a fare accordi commerciali per diffondere il generico. Tuttavia le associazioni umanitarie ne stanno facendo uso in diversi paesi del Terzo Mondo in quanto lo considerano una svolta per le terapie di prima linea. E gli stessi autori della ricerca sostengono la promozione a trattamento standard del generico a dose fissa, che assicura efficacia e sicurezza e evita l'insorgenza di resistenza.
Simona Zazzetta
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