Convivenze virulente

13 aprile 2007
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Convivenze virulente



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Oltre alla natura virale, l’epatite B (HBV) e C (HCV) e l’HIV condividono la via di trasmissione, quella sessuale e quella di contatto diretto con sangue ed emoderivati, e quindi i fattori di rischio. Infatti la prevalenza con cui si verificano le coinfezioni con uno dei due virus dell’epatite dipende molto spesso da quanto i pazienti sono a rischio di contrarre l’infezione da HIV.

Virus sanguigno


Il virus C dell’epatite preferisce il sangue e si trasmette con massima efficienza per esposizione diretta a sangue o emoderivati contaminati. E’ bassa invece l’efficienza di trasmissione verticale (madre-figlio) o perinatale, ma comunque aumenta le possibilità di coinfezione. La trasmissione sessuale è quella più inefficiente e non è chiaro quale sia davvero il rischio per le diverse pratiche sessuali sebbene ci sia un aumento dei casi di infezione acuta associato a pratiche sessuali non protette tra uomini. Non è un caso quindi, che negli Stati Uniti, per esempio, il tasso di coinfezione interessa il 70-95% dei pazienti con una storia di emofilia o di uso di droghe iniettabili, contro una percentuale tra l’1-12% dei soggetti omosessuali.
Il ciclo infettivo dell’HCV è più rapido in presenza di HIV, nei pazienti si sviluppa più facilmente cirrosi, insufficienza epatica, carcinoma epatico. Le probabilità di decesso per insufficienza epatica diminuiscono grazie alla terapia antiretrovirale combinata. Il quadro clinico tende a peggiorare anche in altri ambiti, con declino delle funzioni cognitive e psichiatriche, crollo della qualità della vita, comparsa di diabete mellito. Condizioni che nel complesso rendono più complicata la gestione dell’infezione da HIV. Per esempio, gli effetti epatotossici della terapia antiretrovirale tendono a manifestarsi di più in pazienti colpiti anche dai virus dell’epatite. Resta ancora da chiarire la reale interazione tra i due virus, si parla di un più difficile recupero dello stato immunitario compromesso dall’HIV, in presenza di HCV, rispetto all’infezione da solo HIV.

Fegato da proteggere


Con il virus B dell’epatite l’HIV condivide la trasmissione per via sessuale ma con esiti diversi se contratti separatamente. L’HBV è un’infezione che di solito viene contratta durante le attività sessuali nell’adolescenza e nella prima età adulta, ma può anche comparire in adulti immunocompetenti in cui però tende a scomparire spontaneamente nel 90% dei casi. Tuttavia in soggetti HIV-positivi l’infezione da HBV può cronicizzare e quindi non scomparire più. In genere ciò accade in una percentuale inferiore al 10%. La prevalenza dell’infezione da HBV in presenza di infezione da HIV, varia molto tra zone ricche e in via di sviluppo: negli Stati Uniti è tra il 5 e il 10%, in Asia e nell’Africa sub-sahariana arriva al 20-30%. Anche in questo caso, comunque, la coinfezione aumenta i rischi di danni al fegato, in particolare nei pazienti con un basso conteggio di cellule CD4 e che consumano alcol.
Considerando le complicanze di una coinfezione, i pazienti sieropositivi per l’HIV, ma non immuni ai virus dell’epatite, dovrebbero vaccinarsi contro il virus dell’epatite A e B. E non è detto che la risposta immunitaria sia efficace per proteggere da tali infezioni, dipende dalla compromissione dello stato immunitario del soggetto: diminuisce con un basso conteggio di cellule CD4 e in presenza di elevati livelli di RNA di HIV. In ogni caso, e in particolare per il virus C dell’epatite, contro il quale non esiste alcun vaccino, valgono le regole (e il counselling) per garantire attività sessuale protetta, e per proteggere il fegato da agenti epatotossici tra il quali l’alcol.

Simona Zazzetta



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