23 dicembre 2005
Aggiornamenti e focus
Pandemia? Sì, domani
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Che fine ha fatto l’influenza aviaria? Fino a poche settimane fa non passava giorno senza che telegiornali e quotidiani annunciassero il rischio imminente di pandemia. E ora? Perché non se ne parla più, o comunque molto poco? Forse perché la tanto temuta epidemia mondiale non si è verificata, segno che il rischio non era poi così elevato e il fenomeno influenza aviaria è stato trattato, come spesso accade, in termini troppo allarmistici. Eppure numerosi esperti avevano manifestato la propria contrarietà nel giudicare il virus H5N1 una minaccia incombente. Infatti, voci più che autorevoli avevano più volte rassicurato la popolazione sui numerosi controlli riguardanti la circolazione del virus e le migrazioni, oltre alla sicurezza degli animali d’allevamento e, di conseguenza, di uova e pollame. Allora non sarà di troppo un resoconto di che cosa è accaduto in questo periodo di “quasi silenzio stampa” sull’aviaria.
Tuttora l’unica via di contagio accertata per l’uomo è rappresentata dal contatto diretto con animali infetti e le loro deiezioni. Infatti, non si è ancora verificato alcun caso di trasmissione da persona a persona, segno che il virus ancora non è mutato in un sottotipo capace di causare pandemia. I casi umani di influenza aviaria da virus H5N1, confermati in laboratorio al 6 dicembre 2005 e che si sono verificati nelle “zone calde” (Indonesia, Vietnam, Thailandia, Cambogia e Cina), sono 134 con 69 decessi. Considerando l’elevato numero di persone che, in queste zone, vivono a stretto contatto con gli animali, il contagio all’uomo è, quindi, statisticamente insignificante. Inoltre, non c’è stata alcuna evidenza di contagio attraverso il consumo di carni avicole o uova. Il virus, infatti, è sensibile al calore e viene completamente distrutto durante la cottura degli alimenti. Per di più, come ha ricordato Antonio Gavazza, dell’Istituto Zooprofilattico di Brescia “I prodotti italiani sono da ritenersi sicuri perché i veterinari sono abituati a questo genere di allarme e gli esami virologici effettuati sono un’infinità”.
“La pandemia annunciata ci sarà di sicuro, prima o poi, ma almeno per questa stagione resterà una pandemia mediatica”. Queste sono le parole di Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano, il quale ricorda: “In questi mesi abbiamo assistito a una psicosi tutta italiana, l’allerta lanciata dalle autorità sanitarie internazionali era giustificata. Ingiustificato – continua Pregliasco – è stato il clima di terrore che ne è seguito. Il timore che il virus dei polli possa mutare e scatenare una pandemia è legittimo, ma il messaggio che l’epidemia globale fosse una questione di ore è stato sbagliato. Infatti – conclude l’esperto – anche se domani dovesse selezionarsi un virus ad alta infettività, ci vorranno mesi perché la sua diffusione diventi reale”. Dello stesso parere Mauro Moroni, professore di malattie infettive all’Università degli studi di Milano, il quale ha dato una definizione che riassume pienamente il fenomeno influenza aviaria e lo etichetta come “Un bestseller mediatico”.
Ombretta Bandi
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Facciamo il punto
Tuttora l’unica via di contagio accertata per l’uomo è rappresentata dal contatto diretto con animali infetti e le loro deiezioni. Infatti, non si è ancora verificato alcun caso di trasmissione da persona a persona, segno che il virus ancora non è mutato in un sottotipo capace di causare pandemia. I casi umani di influenza aviaria da virus H5N1, confermati in laboratorio al 6 dicembre 2005 e che si sono verificati nelle “zone calde” (Indonesia, Vietnam, Thailandia, Cambogia e Cina), sono 134 con 69 decessi. Considerando l’elevato numero di persone che, in queste zone, vivono a stretto contatto con gli animali, il contagio all’uomo è, quindi, statisticamente insignificante. Inoltre, non c’è stata alcuna evidenza di contagio attraverso il consumo di carni avicole o uova. Il virus, infatti, è sensibile al calore e viene completamente distrutto durante la cottura degli alimenti. Per di più, come ha ricordato Antonio Gavazza, dell’Istituto Zooprofilattico di Brescia “I prodotti italiani sono da ritenersi sicuri perché i veterinari sono abituati a questo genere di allarme e gli esami virologici effettuati sono un’infinità”.
Pandemia mediatica
“La pandemia annunciata ci sarà di sicuro, prima o poi, ma almeno per questa stagione resterà una pandemia mediatica”. Queste sono le parole di Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano, il quale ricorda: “In questi mesi abbiamo assistito a una psicosi tutta italiana, l’allerta lanciata dalle autorità sanitarie internazionali era giustificata. Ingiustificato – continua Pregliasco – è stato il clima di terrore che ne è seguito. Il timore che il virus dei polli possa mutare e scatenare una pandemia è legittimo, ma il messaggio che l’epidemia globale fosse una questione di ore è stato sbagliato. Infatti – conclude l’esperto – anche se domani dovesse selezionarsi un virus ad alta infettività, ci vorranno mesi perché la sua diffusione diventi reale”. Dello stesso parere Mauro Moroni, professore di malattie infettive all’Università degli studi di Milano, il quale ha dato una definizione che riassume pienamente il fenomeno influenza aviaria e lo etichetta come “Un bestseller mediatico”.
Ombretta Bandi
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