04 novembre 2005
Aggiornamenti e focus
Sicuri che si cura?
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Si cura l'influenza? La questione è dibattuta, ma tendenzialmente la risposta è no. O almeno non nel modo sbagliato che spesso il paziente si aspetterebbe. Tanto per cominciare non hanno senso le terapie antibiotiche: l'influenza è malattia virale, nella quale i batteri non hanno alcun ruolo. Certamente se si presentano complicanze, soprattutto delle vie respiratorie, la terapia antibiotica può avere un senso, ma anche in questo caso si deve distinguere. Per esempio, non tutte le polmoniti, soprattutto nei bambini, sono sostenute da batteri e, anzi molto spesso sono a loro volta virali. A parte il fatto che è inutile nel singolo caso, l'uso degli antibiotici ha l'effetto di sviluppare resistenze nei batteri, ragion per cui si ottiene il solo risultato di diminuirne l'efficacia nel momento in cui ce n'è davvero bisogno. E' un discorso che sembra trito e ritrito, ma ancora recentemente uno studio italiano ha mostrato l'aumento delle resistenze a molti antibiotici di largo uso. Esistono farmaci antivirali da usare contro i virus dell'influenza, e appartengono a due diverse classi (inibitori della M2, inibitori delle neuroaminidasi). Alcuni studi hanno provato che possono ridurre l'intensità e la durata della malattia.
Gli inibitori della M2 (amantadina e rimantadina, solo la prima commercializzata in Italia) sono attivi solo sui virus di tipo A e non sempre, però, perché è in aumento il fenomeno di resistenza dovuto a una mutazione genetica che favorisce il virus. Sono farmaci che possono provocare effetti collaterali più o meno seri, dall'insonnia alle vertigini, dalla nausea a problemi renali ed epatici e sono controindicati in gravidanza e nei bambini d'età inferiore ad 1 anno. Sono indicati come trattamento, ma anche come prevenzione, soltanto in persone ad alto rischio di complicazioni e che non possono essere vaccinate. La profilassi antivirale in questi casi fornisce una protezione passiva per il periodo necessario alla produzione degli anticorpi. La somministrazione, però, va iniziata prima o immediatamente dopo l'esposizione al contagio e protratta per almeno 6-7 giorni, non oltre. Gli inibitori della neuraminidasi (zanamivir e oseltamivir, solo il primo commercializzato in Italia) sono efficaci nei confronti sia dei virus di tipo A che di quelli del tipo B. Lo zanamivir è stato autorizzato esclusivamente per la terapia dell'influenza negli adulti e nei ragazzi di età superiore a 12 anni, che presentino sintomi tipici della malattia; non è stato invece autorizzato per il trattamento profilattico, anche se è stato segnalato un certo grado di efficacia a scopo preventivo. In generale, i farmaci inibitori della neuraminidasi riducono di circa un terzo la durata dell'influenza non complicata ma, ai fini della riuscita del trattamento, questo deve essere iniziato al più presto possibile, e comunque entro due giorni dall'insorgenza dei sintomi. Non è stata dimostrata l'efficacia dei farmaci antivirali a base di zanamivir, così come degli altri antivirali (amantadina compresa) nella riduzione delle complicanze maggiori dell'influenza, quali le polmoniti virali o l'esacerbazione delle patologie croniche di base, nei soggetti a rischio. Anche se in generale gli inibitori delle neuroaminidasi hanno minori effetti collaterali rispetto agli altri farmaci, sono state segnalate esacerbazioni di asma bronchiale e altre malattie polmonari croniche in seguito all'uso dello zanamivir.In definitiva, l'impiego degli antivirali sembra essere limitato a casi molto particolari, anche se un recente studio statunitense aveva prospettato un certo vantaggio, soprattutto dal punto di vista economico, nell'uso dell'oseltamivir anche nei pazienti anziani. In effetti questo come altri studi si basano però sul rapporto tra il costo del farmaco e la riduzione del numero di giornate di lavoro perse, magari calcolando anche la migliore qualità della vita che ne può derivare.
Quanto alle terapie sintomatiche, anche qui vi sono diverse interpretazioni, soprattutto quando si tratta di bambini. Già da anni sono stati prodotti studi in cui si argomenta che l'uso di antipiretici, per la febbre, di decongestionanti nasali eccetera certamente non abbrevia il decorso della malattia. E' però vero che rende più facile affrontare la notte piuttosto che le normali occupazioni. Quelle domestiche, si intende: di uscire con la febbre e l'influenza non è proprio il caso, anche perché si rischia di aumentare il contagio. Peraltro non sono mancati studi che sembrano indicare che quando si assumono antipiretici per abbassare la febbre, certe infezioni virali, influenza e raffreddore, tendono a durare un po' di più. Generalmente l'influenza e le sindromi simil-influenzali presentano una sintomatologia trasversale che va dalla febbre al dolore alle ossa, dal mal di testa alla congestione nasale. La strategia ideale è attenuare i sintomi in attesa della guarigione definitiva. I farmaci di automedicazione (quelli da banco) sono molteplici e con antinfiammatori sistemici e decongestionanti locali (gli spray per il naso, per intendersi) si supera bene il momento difficile. Recentemente, inoltre, è stato approvato e commercializzato un prodotto da banco che unisce l'azione dell'ibuprofene, un antinfiammatorio, con quella della pseudoefedrina, un decongestionante.Ovviamente si parla sempre di soggetti sani, non appartenenti alle categorie a rischio. Per cardiopatici, diabetici, anziani e gli altri l'attenzione è d'obbligo. Ma qui si esce dall'automedicazione e si tratta di lasciar fare al medico.
Simona Zazzetta
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Accelerare la guarigione
Gli inibitori della M2 (amantadina e rimantadina, solo la prima commercializzata in Italia) sono attivi solo sui virus di tipo A e non sempre, però, perché è in aumento il fenomeno di resistenza dovuto a una mutazione genetica che favorisce il virus. Sono farmaci che possono provocare effetti collaterali più o meno seri, dall'insonnia alle vertigini, dalla nausea a problemi renali ed epatici e sono controindicati in gravidanza e nei bambini d'età inferiore ad 1 anno. Sono indicati come trattamento, ma anche come prevenzione, soltanto in persone ad alto rischio di complicazioni e che non possono essere vaccinate. La profilassi antivirale in questi casi fornisce una protezione passiva per il periodo necessario alla produzione degli anticorpi. La somministrazione, però, va iniziata prima o immediatamente dopo l'esposizione al contagio e protratta per almeno 6-7 giorni, non oltre. Gli inibitori della neuraminidasi (zanamivir e oseltamivir, solo il primo commercializzato in Italia) sono efficaci nei confronti sia dei virus di tipo A che di quelli del tipo B. Lo zanamivir è stato autorizzato esclusivamente per la terapia dell'influenza negli adulti e nei ragazzi di età superiore a 12 anni, che presentino sintomi tipici della malattia; non è stato invece autorizzato per il trattamento profilattico, anche se è stato segnalato un certo grado di efficacia a scopo preventivo. In generale, i farmaci inibitori della neuraminidasi riducono di circa un terzo la durata dell'influenza non complicata ma, ai fini della riuscita del trattamento, questo deve essere iniziato al più presto possibile, e comunque entro due giorni dall'insorgenza dei sintomi. Non è stata dimostrata l'efficacia dei farmaci antivirali a base di zanamivir, così come degli altri antivirali (amantadina compresa) nella riduzione delle complicanze maggiori dell'influenza, quali le polmoniti virali o l'esacerbazione delle patologie croniche di base, nei soggetti a rischio. Anche se in generale gli inibitori delle neuroaminidasi hanno minori effetti collaterali rispetto agli altri farmaci, sono state segnalate esacerbazioni di asma bronchiale e altre malattie polmonari croniche in seguito all'uso dello zanamivir.In definitiva, l'impiego degli antivirali sembra essere limitato a casi molto particolari, anche se un recente studio statunitense aveva prospettato un certo vantaggio, soprattutto dal punto di vista economico, nell'uso dell'oseltamivir anche nei pazienti anziani. In effetti questo come altri studi si basano però sul rapporto tra il costo del farmaco e la riduzione del numero di giornate di lavoro perse, magari calcolando anche la migliore qualità della vita che ne può derivare.
Far scendere la febbre
Quanto alle terapie sintomatiche, anche qui vi sono diverse interpretazioni, soprattutto quando si tratta di bambini. Già da anni sono stati prodotti studi in cui si argomenta che l'uso di antipiretici, per la febbre, di decongestionanti nasali eccetera certamente non abbrevia il decorso della malattia. E' però vero che rende più facile affrontare la notte piuttosto che le normali occupazioni. Quelle domestiche, si intende: di uscire con la febbre e l'influenza non è proprio il caso, anche perché si rischia di aumentare il contagio. Peraltro non sono mancati studi che sembrano indicare che quando si assumono antipiretici per abbassare la febbre, certe infezioni virali, influenza e raffreddore, tendono a durare un po' di più. Generalmente l'influenza e le sindromi simil-influenzali presentano una sintomatologia trasversale che va dalla febbre al dolore alle ossa, dal mal di testa alla congestione nasale. La strategia ideale è attenuare i sintomi in attesa della guarigione definitiva. I farmaci di automedicazione (quelli da banco) sono molteplici e con antinfiammatori sistemici e decongestionanti locali (gli spray per il naso, per intendersi) si supera bene il momento difficile. Recentemente, inoltre, è stato approvato e commercializzato un prodotto da banco che unisce l'azione dell'ibuprofene, un antinfiammatorio, con quella della pseudoefedrina, un decongestionante.Ovviamente si parla sempre di soggetti sani, non appartenenti alle categorie a rischio. Per cardiopatici, diabetici, anziani e gli altri l'attenzione è d'obbligo. Ma qui si esce dall'automedicazione e si tratta di lasciar fare al medico.
Simona Zazzetta
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