Poco sensibili all'influenza

30 settembre 2005
Aggiornamenti e focus

Poco sensibili all'influenza



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Il problema dell'ipotetica pandemia da virus aviari, con tutti gli interrogativi correlati, rischia di distogliere l'attenzione da un problema "reale": l'influenza 2005-2006 e la campagna vaccinale a essa associata. Premunirsi contro l'influenza è, del resto, un appello alla popolazione che si rinnova ogni anno in autunno, cioè quando si è in tempo utile per la vaccinazione. La novità di quest'anno è che l'obiettivo dichiarato dal Ministero della Salute è di raggiungere una copertura vaccinale del 33% della popolazione nel breve periodo. Ma per gli anziani a rischio la copertura ottimale è addirittura del 100%. Ma quali sono i soggetti più a rischio? Ne abbiamo parlato con Antonietta Cargnel, primario della II divisione Malattie Infettive presso l'ospedale Luigi Sacco di Milano, presente a una recente conferenza sull'argomento.

I pericoli


"Gli anziani e le persone di qualunque età con comorbidità, come l'asma o il diabete, sono a maggior rischio a causa dell'influenza - spiega l'infettivologa milanese - il virus dell'influenza, infatti, entra nelle cellule di rivestimento della trachea e delle vie aeree bronchiali, si replica e distrugge l'epitelio tracheo-bronchiale. E vi sono evidenze che la replicazione virale continua per un periodo più lungo negli anziani e nelle persone più deboli". E i bambini?"Certamente - risponde la Cargnel - l'incidenza maggiore, infatti, riguarda la fascia d'età tra 0 e 14 anni. La più alta percentuale di infezione da virus influenzale si ha nei bambini piccoli a causa della mancanza di una precedente immunità e di una precedente esposizione al virus".Ma quali sono le principali complicazioni? "Possono essere dovute - dice l'infettivologa - a infezioni batteriche secondarie, causando bronchiti acute e polmoniti. La compromissione respiratoria, sia dovuta all'infezione primaria dell'influenza sia alle complicazioni batteriche, può precipitare lo scompenso cardiaco e gli anziani deboli sono particolarmente vulnerabili a queste complicazioni. La morte può avvenire per scompenso cardiaco dovuto a un aumentato metabolismo legato alla febbre o, in alcuni casi, per danno cardiaco diretto. Un periodo poi particolarmente a rischio complicazioni è la gravidanza. Durante le pandemie del 1918 e del 1957, si è visto un aumento del rischio di ospedalizzazione e un aumento della mortalità nel secondo e terzo trimestre di gravidanza. Si è avuto anche un aumento dei parti prematuri, dei nati morti e degli aborti. Anche se i risultati sono contradditori, l'influenza può interferire sullo sviluppo normale del feto, o a causa del passaggio del virus per via transplacentare o a seguito degli effetti tossici associati alla presenza del virus o a causa delle conseguenze del trattamento stesso". Eppure nonostante questi dati parlino chiaro, in Italia non c'è una grande sensibilità alla necessità di vaccinarsi. I numeri rendono l'idea. Mentre in Gran Bretagna si vaccina la metà circa della popolazione, nella penisola si arriva solo a 13 milioni su 60 milioni.

I costi


E i costi? "L'influenza costa molto - afferma la Cargnel - si tratta di costi umani e sociali: assenze dal lavoro sia per gli adulti sia per i genitori nel caso di influenza nei bambini; costo dei farmaci, costo delle visite mediche, costo di eventuali ospedalizzazioni. L'Organizzazione Mondiale della Sanità indica quale obiettivo primario della vaccinazione antinfluenzale la prevenzione delle forme gravi e complicate di influenza e la riduzione della mortalità prematura in gruppi ad aumentato rischio di malattia grave. Una strategia vaccinale basata su questi presupposti presenta un favorevole rapporto costo-beneficio e costo-efficacia". E qualora si estendesse la vaccinazione ad altre categorie?"Nella recente conferenza di Malta - risponde il medico milanese - sono stati presentati dati riguardanti gli anziani, che dimostrano come l'allargamento della vaccinazione antinfluenzale anche a soggetti non a rischio tra i 50 e i 65 anni produca un vantaggio sia sanitario sia economico, evitando ospedalizzazioni e decessi, con un peso economico definito accettabile per gli standard dei paesi industrializzati". In più come affermato dal virologo Rino Rappuoli nel corso di un'intervista: "Pur non avendo un'azione diretta nei confronti di un virus pandemico, è certo che nell'eventualità di una pandemia, l'infezione contemporanea da virus normale e da virus aviario renderebbe l'infezione molto più pericolosa per l'uomo. E' quindi indispensabile usare il vaccino normale sul più ampio numero di soggetti possibili per evitare la coesistenza e la coinfezione da parte dei due virus". Non resta che vaccinarsi allora.

Marco Malagutti



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