Vaccino per l'influenza

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Vaccino per l'influenza



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L'inverno scorso, secondo i dati del sistema sentinella allestito dall'Istituto Superiore di Sanità, si sono ammalati di influenza 55 italiani ogni mille, e il periodo di massima attività del virus è stata la sesta settimana di gennaio.
Non sono soltanto aride cifre, questo significa anche determinare la data migliore per eseguire la vaccinazione. Infatti, se si calcola che l'immunità si sviluppa dopo almeno due settimane dall'inoculazione del vaccino, che la copertura dura 6-8 mesi, e che l'epidemia di norma si localizza da dicembre fino alla primavera, ecco che non è il caso di anticipare troppo il momento della vaccinazione. L'ideale resta il periodo compreso tra metà ottobre e fine novembre.

Efficace? Dipende, però sì


La vaccinazione va ripetuta ogni anno e questo può far pensare, visto che di solito ci si vaccina una volta e poi basta (almeno nella maggioranza dei casi). Il fatto è che il virus influenzale cambia assai rapidamente e, anche posto che non cambi, niente garantisce, circolandone più di una variante (stipite in gergo tecnico) non è detto che quello che impazzerà in Italia sia il medesimo che metterà a letto gli inglesi. Quindi l'efficacia del vaccino dipende da quanto gli antigeni che contiene corrispondono al virus effettivamente circolante. Secondo le casistiche internazionali si ha una protezione che va dal 70 al 90% quando si "azzeccano" i virus giusti. Tuttavia, e anche questo è un dato provato, chi contrae l'influenza dopo la vaccinazione presenta sintomi più lievi. A stabilire quali antigeni inserire nel vaccino è l'Organizzazione Mondiale della Sanità, che ogni anno decide sulla base delle segnalazioni dei focolai di infezione quali sono gli stipiti virali che più probabilmente faranno la parte del leone. Per quanto riguarda il nostro emisfero (in quello meridionale cambiano date e virus) la composizione è già stata indicata, e comprende i virus A/NuovaCaledonia/20/99(H1N1), A/Mosca/10/99(H3N2) B/Sichuan/379/99. In Italia, comunque, il maggior numero di casi dipende dai virus A H1N1 e dal virus B. E' una fortuna, perché l' A H3N1 dà di solito sintomi peggiori

Consigliato? Sì soprattutto a...


A bambini e adolescenti fino ai 14 anni, che sono la fascia d'età più colpita, agli anziani e a tutti coloro che hanno malattie croniche che risulterebbero aggravate da un'influenza: diabetici, cardiopatici, malati di fibrosi cistica, persone con bronchite cronica.

Pericoloso? Non scherziamo!

Come sempre quando si tratta di vaccini, sorge il dubbio che possano essere in qualche modo gravati da effetti collaterali o reazioni avverse molto pesanti, anche perché tra i naturali destinatari ci sono i bambini di età superiore a sei mesi. In effetti attualmente sono disponibili vaccini acellulari che cioè non contengono il virus intero ma soltanto una parte del virione oppure soltanto antigeni purificati dell'envelope, cioè sotto unità della "capsula" che riveste il virus. Questi "pezzi" di virus sono sufficienti a creare la risposta del sistema immunitario, ma con limitatissimi effetti secondari. Praticamente con i vaccini acellulari si azzerano anche il rossore e il gonfiore nel punto di iniezione. L'unica controindicazione forte resta l'allergia all'uovo, perché i virus vengono "coltivati" in uova di gallina fecondate.

Un motivo in più per vaccinarsi

E' quello che viene dall'esperienza giapponese. In quel paese per un certo numero di anni la vaccinazione antinfluenzale è stata obbligatoria per i bambini in età scolare (grosso modo per dieci anni) e comunque tra il 1962 e il 1987 la maggioranza degli scolari veniva vaccinata. Dati alla mano, la mortalità tra gli adulti per influenza e anche per malattie respiratorie gravi si è ridotta di due-tre volte. In pratica un "risparmio" di vite umane compreso tra 37.000 e 49.000 l'anno. Oppure, mettendola in un altro modo, si è salvata una vita umana ogni 430 bambini vaccinati. Era proprio merito dell'immunizzazione oppure erano semplicemente migliorate le condizioni di vita? Di solito è difficile rispondere a queste domande, ma non questa volta. Infatti per un decennio le vaccinazioni sono state trascurate e il Giappone ha conosciuto un aumento della mortalità. Insomma, vaccinando i bambini si sono protetti anche i nonni.

Maurizio Imperiali



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