30 giugno 2006
Aggiornamenti e focus
Un'iniezione contro il tumore
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L'idea che si possa con una semplice iniezione eliminare il rischio di un tumore rappresenta sicuramente una rivoluzione per la salute pubblica. E la rivoluzione, con l'approvazione da parte dell'FDA di un vaccino per l'HPV, sembra dietro l'angolo. Il virus HPV è, infatti, la causa del tumore del collo dell'utero, l'unico tipo di tumore solido di natura virale. La malattia rappresenta la seconda causa di morte nel mondo per le donne e in Italia si verificano ogni anno 3500 nuovi casi e 1800 decessi. Di HPV in realtà ne esistono circa 100 tipi e per 13 di questi è stato dimostrato un nesso di causa effetto con il cancro del collo dell'utero. Il virus si trasmette per via sessuale ed è molto comune, ma la sua presenza non porta disturbi ed è innocua. Una piccola parte delle donne (meno del 10% delle over 30) però, pur non manifestando la malattia, non elimina il virus. In questo modo si favorisce lo sviluppo di anomalie cellulari che possono evolvere in un tumore della cervice uterina. Ma ora è imminente l'arrivo del nuovo vaccino, dal 2007 in Italia, che difenderà la donna dal 60-70% dei tumori del collo dell'utero e dai condilomi.
"La disponibilità del vaccino rappresenta un grande risultato per la scienza e il futuro del mondo femminile, ma i suoi effetti si vedono a una distanza di anni dalla somministrazione. Dunque è rivolto alle bambine di oggi. Per le loro madri, invece, e per le giovani, il messaggio fondamentale è quello di puntare alla diagnosi precoce". Le parole di Mario Sideri, direttore dell'Unità funzionale di Ginecologia preventiva dello IEO di Milano, evidenziano come l'arrivo del vaccino non debba portare ad abbassare la guardia. Si ha comunque a che fare con un vaccino che, dalle sperimentazioni cliniche condotte su migliaia di donne in vari paesi, protegge contro il virus quasi al 100%. Il vaccino in questione è quello di produzione americana attivo contro i quattro tipi di papilloma virus responsabili del 90% dei polipi uterini e del 70% dei tumori del collo dell'utero. Ma perché funziona?
E' in grado, spiegano gli esperti, di mimare la struttura del virus. Non contiene l'informazione genetica ma è fatto come il guscio esterno del virus e l'organismo gli scatena contro una forte risposta immunitaria. Si richiedono tre somministrazioni nell'arco di sei mesi e si è in possesso di dati che provano l'immunizzazione a 3,5 anni dalla fine del ciclo. Ora è arrivato il disco verde dell'FDA che autorizza la somministrazione del prodotto nella popolazione femminile di età compresa tra i 9 e i 26 anni. Il prezzo di catalogo è di 120 dollari a dose, un costo che in realtà potrebbe escludere proprio le fasce di popolazione più a rischio. Ma d'altronde si tratta di un vero e proprio blockbuster con vendite stimate in almeno due miliardi di dollari l'anno, una boccata d'ossigeno per l'azienda produttrice, la Merck, dopo le oltre 11500 cause legali legate al caso Vioxx. Quanto alla strategia di utilizzo, in Italia è stata creata una commissione al ministero della Salute per deciderla. Il dubbio è se lasciare la scelta alla libera iniziativa o se procedere a una vaccinazione di massa, come ha spiegato Silvia Franceschi, responsabile del Gruppo infezioni e cancro dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) di Lione a Panorama. Il dilemma nel caso della seconda ipotesi è che la vaccinazione è destinata a ragazze adolescenti e già in America sono stati sollevati problemi etici legati alla potenziale incentivazione al sesso prematuro. Ma si sa in America sono un po' estremisti.
Marco Malagutti
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Vaccino sì ma anche diagnosi
"La disponibilità del vaccino rappresenta un grande risultato per la scienza e il futuro del mondo femminile, ma i suoi effetti si vedono a una distanza di anni dalla somministrazione. Dunque è rivolto alle bambine di oggi. Per le loro madri, invece, e per le giovani, il messaggio fondamentale è quello di puntare alla diagnosi precoce". Le parole di Mario Sideri, direttore dell'Unità funzionale di Ginecologia preventiva dello IEO di Milano, evidenziano come l'arrivo del vaccino non debba portare ad abbassare la guardia. Si ha comunque a che fare con un vaccino che, dalle sperimentazioni cliniche condotte su migliaia di donne in vari paesi, protegge contro il virus quasi al 100%. Il vaccino in questione è quello di produzione americana attivo contro i quattro tipi di papilloma virus responsabili del 90% dei polipi uterini e del 70% dei tumori del collo dell'utero. Ma perché funziona?
Efficace e costoso
E' in grado, spiegano gli esperti, di mimare la struttura del virus. Non contiene l'informazione genetica ma è fatto come il guscio esterno del virus e l'organismo gli scatena contro una forte risposta immunitaria. Si richiedono tre somministrazioni nell'arco di sei mesi e si è in possesso di dati che provano l'immunizzazione a 3,5 anni dalla fine del ciclo. Ora è arrivato il disco verde dell'FDA che autorizza la somministrazione del prodotto nella popolazione femminile di età compresa tra i 9 e i 26 anni. Il prezzo di catalogo è di 120 dollari a dose, un costo che in realtà potrebbe escludere proprio le fasce di popolazione più a rischio. Ma d'altronde si tratta di un vero e proprio blockbuster con vendite stimate in almeno due miliardi di dollari l'anno, una boccata d'ossigeno per l'azienda produttrice, la Merck, dopo le oltre 11500 cause legali legate al caso Vioxx. Quanto alla strategia di utilizzo, in Italia è stata creata una commissione al ministero della Salute per deciderla. Il dubbio è se lasciare la scelta alla libera iniziativa o se procedere a una vaccinazione di massa, come ha spiegato Silvia Franceschi, responsabile del Gruppo infezioni e cancro dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) di Lione a Panorama. Il dilemma nel caso della seconda ipotesi è che la vaccinazione è destinata a ragazze adolescenti e già in America sono stati sollevati problemi etici legati alla potenziale incentivazione al sesso prematuro. Ma si sa in America sono un po' estremisti.
Marco Malagutti
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