29 febbraio 2008
Aggiornamenti e focus
Ipotesi genetiche
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La definizione di idiopatica indica che una malattia ha ancora cause e meccanismi sconosciuti e questo è indubbiamente vero per una grave patologia rara quale la fibrosi polmonare idiopatica. Una malattia progressiva e implacabile che in media lascia solo da tre a cinque anni di vita dopo la diagnosi, con un numero di diagnosi che è raddoppiato nell'ultimo decennio, e contro la quale non si è trovata una terapia capace di aumentare la sopravvivenza. Per questo ci si sta sforzando di chiarire eziologia e patogenesi, per arrivare a identificare trattamenti efficaci; sono stati suggeriti fattori genetici (nel 2-20% dei malati c'è una familiarità) e anche ambientali, ma i moventi della malattia sono ancora oscuri. Malattia che colpirebbe comunque nel mondo oltre cinque milioni di persone e con una prevalenza che le valutazioni disponibili indicano di 13-20 casi per 100 mila abitanti. Una possibile parziale spiegazione dell'enigma arriva ora da una ricerca coordinata dalla Johns Hopkins University di Baltimora, che ha individuato la responsabilità di una mutazione genetica relativa all'enzima telomerasi.
Clinicamente, la fibrosi polmonare idiopatica si caratterizza per una diffusa fibrosi interstiziale con moderata infiammazione, in presenza di foci fibroblastici (zone proliferative a carico di fibroblasti e connettivo) e polmoni definiti "a favo d'alveare". Non sono caratteristiche uniche, ma simili a quelle di altre condizioni, per esempio l'asbestosi, che vanno quindi escluse. La tipica fibrosi, con aspetto radiografico più spesso associato alle lesioni della polmonite interstiziale, è irreversibile e porta a insufficienza respiratoria e poi all'esito finale: un medico inglese ha descritto nel 1892 i polmoni di un paziente deceduto come grandi due terzi del normale, grigiastri e induriti come una cartilagine. Quanto all'inquadramento della malattia, alcuni autori avevano ipotizzato come causa l'alveolite, cioè l'infiammazione intraalveolare, ma l'uso di antinfiammatori e immunomodulanti si è dimostrato molto poco efficace nel limitare l'alveolite e nel modificare il decorso della patologia. Attualmente la si ritiene una malattia fibroblastico-epiteliale, nella quale stimoli endogeni o ambientali alterano l'omeostasi delle cellule epiteliali alveolari portando a una loro attivazione e anomala riparazione. Si pensa che le cellule epiteliali attivate rilascino potenti induttori di fibrosi e citochine, come il TNF (Tumor Necrosis Factor) e il TGF-beta 1 (Transforming Growth Factor-beta1) e quest'ultimo è stato ampiamente tirato in causa nello sviluppo e nella progressione della fibrosi polmonare. In un recente studio si è invece evidenziato il ruolo di una proteina di membrana, la caveolina-1, quale inibitore dei processi fibrotici della malattia.
Il TGF-beta 1 interviene anche nell'attività della telomerasi, e qui c'è il possibile trait d'union con la ricerca attuale. L'enzima telomerasi rigenera i telomeri, parte terminale dei cromosomi; già uno studio aveva osservato che sue mutazioni aumentavano anche la suscettibilità alla fibrosi polmonare idiopatica. Mutazioni dei geni TERT e TR che sono essenziali per la telomerasi causano una rara malattia ereditaria (discheratosi congenita) con morte prematura per anemia aplastica e fibrosi polmonare. Nell'ipotesi che la forma familiare della fibrosi polmonare idiopatica fosse causata da telomeri troppo corti, gli autori della Johns Hopkins hanno ricercato in 73 malati con familiarità per la patologia le mutazioni TERT e TR. In sei malati, cioè l'8% dei casi, si sono individuate le mutazioni e in quei casi i telomeri erano più corti; questi lo erano anche in soggetti asintomatici con la telomerasi mutante suggerendo che potevano essere a rischio per la malattia; infine in cinque dei sei malati non si sono individuate le caratteristiche della discheratosi congenita. Lo studio supporta quindi l'ipotesi che i telomeri accorciati siano coinvolti nella patogenesi della fibrosi polmonare idiopatica. Riallacciandosi alla caveolina, se si valutasse l'espressione della caveolina-1 in malati con la telomerasi mutante si potrebbe forse scoprire un legame tra segnali molecolari e predisposizione genetica: e arrivare quindi a trattamenti che aumentino la biodisponibilità della caveolina-1, favorendo la riparazione epiteliale alveolare, migliorando la respirazione dei malati e in definitiva aumentandone la sopravvivenza. Ma per ora sono solo ipotesi.
Elettra Vecchia
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Omeostasi alveolare alterata
Clinicamente, la fibrosi polmonare idiopatica si caratterizza per una diffusa fibrosi interstiziale con moderata infiammazione, in presenza di foci fibroblastici (zone proliferative a carico di fibroblasti e connettivo) e polmoni definiti "a favo d'alveare". Non sono caratteristiche uniche, ma simili a quelle di altre condizioni, per esempio l'asbestosi, che vanno quindi escluse. La tipica fibrosi, con aspetto radiografico più spesso associato alle lesioni della polmonite interstiziale, è irreversibile e porta a insufficienza respiratoria e poi all'esito finale: un medico inglese ha descritto nel 1892 i polmoni di un paziente deceduto come grandi due terzi del normale, grigiastri e induriti come una cartilagine. Quanto all'inquadramento della malattia, alcuni autori avevano ipotizzato come causa l'alveolite, cioè l'infiammazione intraalveolare, ma l'uso di antinfiammatori e immunomodulanti si è dimostrato molto poco efficace nel limitare l'alveolite e nel modificare il decorso della patologia. Attualmente la si ritiene una malattia fibroblastico-epiteliale, nella quale stimoli endogeni o ambientali alterano l'omeostasi delle cellule epiteliali alveolari portando a una loro attivazione e anomala riparazione. Si pensa che le cellule epiteliali attivate rilascino potenti induttori di fibrosi e citochine, come il TNF (Tumor Necrosis Factor) e il TGF-beta 1 (Transforming Growth Factor-beta1) e quest'ultimo è stato ampiamente tirato in causa nello sviluppo e nella progressione della fibrosi polmonare. In un recente studio si è invece evidenziato il ruolo di una proteina di membrana, la caveolina-1, quale inibitore dei processi fibrotici della malattia.
Telomerasi mutata e familiarità
Il TGF-beta 1 interviene anche nell'attività della telomerasi, e qui c'è il possibile trait d'union con la ricerca attuale. L'enzima telomerasi rigenera i telomeri, parte terminale dei cromosomi; già uno studio aveva osservato che sue mutazioni aumentavano anche la suscettibilità alla fibrosi polmonare idiopatica. Mutazioni dei geni TERT e TR che sono essenziali per la telomerasi causano una rara malattia ereditaria (discheratosi congenita) con morte prematura per anemia aplastica e fibrosi polmonare. Nell'ipotesi che la forma familiare della fibrosi polmonare idiopatica fosse causata da telomeri troppo corti, gli autori della Johns Hopkins hanno ricercato in 73 malati con familiarità per la patologia le mutazioni TERT e TR. In sei malati, cioè l'8% dei casi, si sono individuate le mutazioni e in quei casi i telomeri erano più corti; questi lo erano anche in soggetti asintomatici con la telomerasi mutante suggerendo che potevano essere a rischio per la malattia; infine in cinque dei sei malati non si sono individuate le caratteristiche della discheratosi congenita. Lo studio supporta quindi l'ipotesi che i telomeri accorciati siano coinvolti nella patogenesi della fibrosi polmonare idiopatica. Riallacciandosi alla caveolina, se si valutasse l'espressione della caveolina-1 in malati con la telomerasi mutante si potrebbe forse scoprire un legame tra segnali molecolari e predisposizione genetica: e arrivare quindi a trattamenti che aumentino la biodisponibilità della caveolina-1, favorendo la riparazione epiteliale alveolare, migliorando la respirazione dei malati e in definitiva aumentandone la sopravvivenza. Ma per ora sono solo ipotesi.
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