29 giugno 2007
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La definizione del concetto di rarità può essere soggettiva, rispondere a criteri di varia natura e dipendere dai termini di riferimento. Per uscire fuori dalla confusione che può nascere dalla soggettività, le autorità europee hanno trovato un criterio di riferimento per stabilire quando una malattia è rara: se colpisce non più di cinque persone su una popolazione di diecimila cittadini, allora è rara. E ne sono state trovate 5-6 mila. Che nel complesso non sono poche.
Si tratta di patologie diverse tra loro dal punto di vista clinico sia da quello eziopatogenetico, le accomunano le problematiche assistenziali. Diventa, infatti, un problema sanitario avviare strategie di intervento o di cura se il presupposto è un rapporto costi benefici sfavorevole. E lo è se ogni malattia viene presa singolarmente. Se, invece, le si considera come gruppo la prospettiva cambia e lo sforzo è quanto meno di affrontarle nel loro insieme per trovare una risposta adeguata alle esigenze. Il concetto di malattia rara viaggia in parallelo con quello di farmaco orfano, cioè di prodotto farmacologico che potrebbe curare o migliorare la malattia ma, visto il bacino ristretto a cui si rivolgerebbe, perde di interesse da parte delle industrie. Le industrie non investono dove non c'è profitto all'orizzonte, ma, come si legge nelle pagine del sito dell'Istituto Superiore di Sanità, incoraggiare e facilitare la ricerca e lo sviluppo sui farmaci orfani risponde a un'esigenza etica, e le autorità e i governi hanno preso provvedimenti da molto tempo. Queste strategie hanno origine nel 1983 negli Stati Uniti, anno in cui venne adottata una regolamentazione sui farmaci orfani che aveva l'obiettivo di spingere lo sviluppo e la commercializzazione di questi composti. Inoltre, venne dato il via all'attività della National Organization for Rare Disorders, in cui si organizzarono tutte le associazioni e organismi di volontariato che operano a sostegno dei pazienti con malattie rare. In Europa, si parla di malattie rare, nel 1999, nella Decisione n. 1295/1999/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio con la quale si adotta un Programma d'Azione Comunitaria sulle malattie rare nel quadro dell'Azione della Sanità Pubblica per il quadriennio 1999-2003. Nel 2000 è stato pubblicato il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituiva e regolava la procedura comunitaria per assegnare la qualifica di farmaco orfano. Tale attività viene svolta dal Comitato per i prodotti medicinali orfani (COMP) all'interno dell'EMEA, l'Agenzia europea per il farmaco.
Tra le altre cose, il regolamento indica anche i criteri per definire tale un farmaco orfano vale a dire quel prodotto destinato alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia di un'affezione che comporta una minaccia per la vita o la debilitazione cronica e che colpisce non più di cinque individui su diecimila nella Comunità. Oppure un prodotto rivolto a un'affezione che comporta una minaccia per la vita, debilitante, o grave e cronica, per il quale è poco probabile che, in mancanza di incentivi, la sua commercializzazione sia tanto redditizia da giustificarne l'investimento necessario.
Nel frattempo anche i servizi sanitari nazionali hanno recepito le normative traducendole in attività concrete da realizzare sul territorio. In Italia dal 1998 ogni Piano Sanitario Nazionale (PSN) triennale conteneva indicazioni in merito alle malattie rare. Il PSN 1998-2000 dava priorità alla creazione di una rete nazionale delle malattie rare, creata nel 2001 grazie a un Decreto ministeriale (279/2001) in cui si stabiliva anche l'esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie. Nel 2006 è poi stata istituita una Consulta per le malattie rare, che si è appena insediata, formata dai rappresentanti delle associazioni di pazienti che collabora a stretto contatto con il Centro Nazionale Malattie Rare e con altre istituzioni coinvolte nella gestione e programmazione sanitaria delle malattie e dei farmaci orfani. L'obiettivo della consulta è quello di rafforzare la rete delle malattie rare per risolvere o migliorare alcune aree ancora critiche: semplificazione delle procedure di accertamento dell'invalidità, presa in carico e continuità dell'assistenza, rafforzamento della rete dei centri per le malattie rare su tutto il territorio nazionale, investimenti nella ricerca, formazione dei medici di medicina generale e riduzione dei tempi di accesso alla prima diagnosi. Per vedere i risultati bisognerà attendere il bilancio previsto a novembre.
Simona Zazzetta
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Si tratta di patologie diverse tra loro dal punto di vista clinico sia da quello eziopatogenetico, le accomunano le problematiche assistenziali. Diventa, infatti, un problema sanitario avviare strategie di intervento o di cura se il presupposto è un rapporto costi benefici sfavorevole. E lo è se ogni malattia viene presa singolarmente. Se, invece, le si considera come gruppo la prospettiva cambia e lo sforzo è quanto meno di affrontarle nel loro insieme per trovare una risposta adeguata alle esigenze. Il concetto di malattia rara viaggia in parallelo con quello di farmaco orfano, cioè di prodotto farmacologico che potrebbe curare o migliorare la malattia ma, visto il bacino ristretto a cui si rivolgerebbe, perde di interesse da parte delle industrie. Le industrie non investono dove non c'è profitto all'orizzonte, ma, come si legge nelle pagine del sito dell'Istituto Superiore di Sanità, incoraggiare e facilitare la ricerca e lo sviluppo sui farmaci orfani risponde a un'esigenza etica, e le autorità e i governi hanno preso provvedimenti da molto tempo. Queste strategie hanno origine nel 1983 negli Stati Uniti, anno in cui venne adottata una regolamentazione sui farmaci orfani che aveva l'obiettivo di spingere lo sviluppo e la commercializzazione di questi composti. Inoltre, venne dato il via all'attività della National Organization for Rare Disorders, in cui si organizzarono tutte le associazioni e organismi di volontariato che operano a sostegno dei pazienti con malattie rare. In Europa, si parla di malattie rare, nel 1999, nella Decisione n. 1295/1999/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio con la quale si adotta un Programma d'Azione Comunitaria sulle malattie rare nel quadro dell'Azione della Sanità Pubblica per il quadriennio 1999-2003. Nel 2000 è stato pubblicato il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituiva e regolava la procedura comunitaria per assegnare la qualifica di farmaco orfano. Tale attività viene svolta dal Comitato per i prodotti medicinali orfani (COMP) all'interno dell'EMEA, l'Agenzia europea per il farmaco.
Tra le altre cose, il regolamento indica anche i criteri per definire tale un farmaco orfano vale a dire quel prodotto destinato alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia di un'affezione che comporta una minaccia per la vita o la debilitazione cronica e che colpisce non più di cinque individui su diecimila nella Comunità. Oppure un prodotto rivolto a un'affezione che comporta una minaccia per la vita, debilitante, o grave e cronica, per il quale è poco probabile che, in mancanza di incentivi, la sua commercializzazione sia tanto redditizia da giustificarne l'investimento necessario.
Un sistema a rete
Nel frattempo anche i servizi sanitari nazionali hanno recepito le normative traducendole in attività concrete da realizzare sul territorio. In Italia dal 1998 ogni Piano Sanitario Nazionale (PSN) triennale conteneva indicazioni in merito alle malattie rare. Il PSN 1998-2000 dava priorità alla creazione di una rete nazionale delle malattie rare, creata nel 2001 grazie a un Decreto ministeriale (279/2001) in cui si stabiliva anche l'esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie. Nel 2006 è poi stata istituita una Consulta per le malattie rare, che si è appena insediata, formata dai rappresentanti delle associazioni di pazienti che collabora a stretto contatto con il Centro Nazionale Malattie Rare e con altre istituzioni coinvolte nella gestione e programmazione sanitaria delle malattie e dei farmaci orfani. L'obiettivo della consulta è quello di rafforzare la rete delle malattie rare per risolvere o migliorare alcune aree ancora critiche: semplificazione delle procedure di accertamento dell'invalidità, presa in carico e continuità dell'assistenza, rafforzamento della rete dei centri per le malattie rare su tutto il territorio nazionale, investimenti nella ricerca, formazione dei medici di medicina generale e riduzione dei tempi di accesso alla prima diagnosi. Per vedere i risultati bisognerà attendere il bilancio previsto a novembre.
Simona Zazzetta
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