10 agosto 2020
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ALD: un'eredità materna
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L'Adrenoleucodistrofia (ALD) è una malattia metabolica rara, trasmissibile per via ereditaria recessiva. Il difetto genetico risiede sul cromosoma X e può essere trasmesso dalla madre ai figli. La madre e le figlie femmine, che ereditano la mutazione, non si ammalano, sono cioè portatrici sane. I figli maschi, invece, (che hanno un solo cromosoma X) che ereditano il gene mutato sviluppano la malattia. La ALD è caratterizzata da progressiva demielinizzazione cerebrale e atrofia delle ghiandole surrenali che portano, più o meno lentamente, verso uno stato vegetativo.
Un difetto metabolico nelle reazioni di ossidazione degli acidi grassi a catena molto lunga (VLCFA) porta al loro accumulo nel sangue e nei tessuti. Queste molecole hanno un effetto tossico diretto sulla mielina, la guaina protettiva che riveste le strutture del sistema nervoso, che ne causa la progressiva distruzione. Tuttavia le lesioni della sostanza bianca (mielina), evidenziabili con la TAC e la Risonanza Magnetica, non sono sempre sufficienti a spiegare la gravità dei danni neurologici indotti dalla malattia.
Nonostante la sua rarità, l'adrenoleucodistrofia non ha una natura univoca: se ne distinguono, infatti, 2 forme principali, che riguardano la maggior parte dei casi, e altre molto più rare.
La forma infantile è la più comune, in quanto rappresenta circa il 60% dei casi. Esordisce tra i 4 e gli 8 anni d'età con numerosi sintomi neurologici, seguiti quasi sempre (85% dei casi) da insufficienza surrenalica. Le manifestazioni neurologiche comprendono iperattività, labilità emotiva, alterazione della vista e dell'udito, astenia, atassia, convulsioni. La progressione verso uno stato vegetativo avviene, generalmente, in 1-4 anni e il decesso in un arco di tempo variabile da 1 a 11 anni.
La forma dell'adulto, detta anche Adrenomieloneuropatia (AMN), rappresenta il 21% dei casi ed è più frequente tra i 21 e i 35 anni. Si manifesta con paraparesi lentamente progressiva, incontinenza o ritenzione urinaria, impotenza, neuropatia periferica che colpisce soprattutto gli arti inferiori. Nel 20-30% dei casi compaiono anche demenza o psicosi, mentre le alterazioni delle ghiandole surrenali sono presenti nel 70% dei soggetti.
La forma neonatale è molto rara, si manifesta già alla nascita e progredisce molto rapidamente. Si distingue dalle altre anche per la modalità di trasmissione che è ereditaria, ma autosomica (non legata ai cromosomi sessuali) recessiva: in parole semplici questa forma può colpire sia i maschi sia le femmine.
Le cure
Fino a una ventina di anni fa le cure erano solo sintomatiche, volte cioè ad alleviare i sintomi neurologici e a compensare l'insufficienza surrenalica.
Oggi si cercano soluzioni in grado di rallentare la progressione della malattia, così da ridurne gli effetti invalidanti. Questi ipotetici trattamenti sono ancora in fase sperimentale e i risultati sono controversi, a volte incoraggianti altre volte negativi.
All'olio di Lorenzo, di cui si parla in un articolo a parte, si affiancano simvastatina e lovastatina. Si tratta di due statine, farmaci abitualmente utilizzati per ridurre il colesterolo, capaci di ridurre anche i livelli plasmatici di VLCFA. Se e come questo possa migliorare la prognosi della malattia, però, non è ancora stato dimostrato.
Altri tentativi ancora da valutare riguardano il trapianto di midollo osseo, che è stato effettuato su pazienti selezionati, con danni neurologici in fase iniziale, ma i cui risultati sono controversi. Occorrerà attendere alcuni anni per valutarne l'effettivo impatto sulla progressione della ALD.
Saperlo in tempo
È molto difficile ma talvolta si può. Il primo segnale d'allarme deve venire dalla storia familiare: se ci sono stati casi di ALD è probabile che alcune donne della famiglia siano portatrici sane. Queste donne (eterozigoti) non manifestano quasi mai sintomi clinici evidenti, un 20-30% di esse sviluppa in età adulta lievi sintomi neurologici, non immediatamente collegabili alla malattia. Tuttavia, quasi tutte (85%) presentano elevati livelli di VLCFA nel plasma e nei globuli rossi, riscontrabili con un semplice esame del sangue.
Gli acidi grassi a catena molto lunga possono essere dosati anche nelle cellule del liquido amniotico e nei villi coriali; una diagnosi prenatale consente quindi di sapere se il feto ha ereditato la patologia.
Fonte:
Salute oggi:
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Le cause
Un difetto metabolico nelle reazioni di ossidazione degli acidi grassi a catena molto lunga (VLCFA) porta al loro accumulo nel sangue e nei tessuti. Queste molecole hanno un effetto tossico diretto sulla mielina, la guaina protettiva che riveste le strutture del sistema nervoso, che ne causa la progressiva distruzione. Tuttavia le lesioni della sostanza bianca (mielina), evidenziabili con la TAC e la Risonanza Magnetica, non sono sempre sufficienti a spiegare la gravità dei danni neurologici indotti dalla malattia.
La classificazione
Nonostante la sua rarità, l'adrenoleucodistrofia non ha una natura univoca: se ne distinguono, infatti, 2 forme principali, che riguardano la maggior parte dei casi, e altre molto più rare.
La forma infantile è la più comune, in quanto rappresenta circa il 60% dei casi. Esordisce tra i 4 e gli 8 anni d'età con numerosi sintomi neurologici, seguiti quasi sempre (85% dei casi) da insufficienza surrenalica. Le manifestazioni neurologiche comprendono iperattività, labilità emotiva, alterazione della vista e dell'udito, astenia, atassia, convulsioni. La progressione verso uno stato vegetativo avviene, generalmente, in 1-4 anni e il decesso in un arco di tempo variabile da 1 a 11 anni.
La forma dell'adulto, detta anche Adrenomieloneuropatia (AMN), rappresenta il 21% dei casi ed è più frequente tra i 21 e i 35 anni. Si manifesta con paraparesi lentamente progressiva, incontinenza o ritenzione urinaria, impotenza, neuropatia periferica che colpisce soprattutto gli arti inferiori. Nel 20-30% dei casi compaiono anche demenza o psicosi, mentre le alterazioni delle ghiandole surrenali sono presenti nel 70% dei soggetti.
La forma neonatale è molto rara, si manifesta già alla nascita e progredisce molto rapidamente. Si distingue dalle altre anche per la modalità di trasmissione che è ereditaria, ma autosomica (non legata ai cromosomi sessuali) recessiva: in parole semplici questa forma può colpire sia i maschi sia le femmine.
Le cure
Fino a una ventina di anni fa le cure erano solo sintomatiche, volte cioè ad alleviare i sintomi neurologici e a compensare l'insufficienza surrenalica.
Oggi si cercano soluzioni in grado di rallentare la progressione della malattia, così da ridurne gli effetti invalidanti. Questi ipotetici trattamenti sono ancora in fase sperimentale e i risultati sono controversi, a volte incoraggianti altre volte negativi.
All'olio di Lorenzo, di cui si parla in un articolo a parte, si affiancano simvastatina e lovastatina. Si tratta di due statine, farmaci abitualmente utilizzati per ridurre il colesterolo, capaci di ridurre anche i livelli plasmatici di VLCFA. Se e come questo possa migliorare la prognosi della malattia, però, non è ancora stato dimostrato.
Altri tentativi ancora da valutare riguardano il trapianto di midollo osseo, che è stato effettuato su pazienti selezionati, con danni neurologici in fase iniziale, ma i cui risultati sono controversi. Occorrerà attendere alcuni anni per valutarne l'effettivo impatto sulla progressione della ALD.
Saperlo in tempo
È molto difficile ma talvolta si può. Il primo segnale d'allarme deve venire dalla storia familiare: se ci sono stati casi di ALD è probabile che alcune donne della famiglia siano portatrici sane. Queste donne (eterozigoti) non manifestano quasi mai sintomi clinici evidenti, un 20-30% di esse sviluppa in età adulta lievi sintomi neurologici, non immediatamente collegabili alla malattia. Tuttavia, quasi tutte (85%) presentano elevati livelli di VLCFA nel plasma e nei globuli rossi, riscontrabili con un semplice esame del sangue.
Gli acidi grassi a catena molto lunga possono essere dosati anche nelle cellule del liquido amniotico e nei villi coriali; una diagnosi prenatale consente quindi di sapere se il feto ha ereditato la patologia.
Fonte:
- Centro di Informazione per le Malattie Rare Aldo e Cele Daccò - Villa Camozzi Ranica (BG)
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