19 settembre 2008
Aggiornamenti e focus
SLA ancora sconosciuta
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"Siamo 5 mila in Italia a soffrire di SLA, ma troppo spesso si ricordano di noi solo quando c'è un paziente celebre, o che minaccia gesti eclatanti. Noi però non chiediamo di morire: nonostante la malattia vogliamo essere davvero liberi di vivere", le parole di Mario Melazzini, malato e presidente dell'Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica), espresse in occasione della presentazione ufficiale della Giornata nazionale della malattia, il 21 settembre, sono emblematiche del dramma di chi ne soffre. Si tratta, infatti, di una rara e grave malattia neurologica, al momento ancora inguaribile, che comporta la completa paralisi dei muscoli volontari di chi ne è colpito. Il che significa perdere la capacità di muoversi, comunicare, nutrirsi e respirare in maniera autonoma fino alla morte che sopraggiunge per insufficienza respiratoria. E la mente rimane lucida, un aspetto che rende ancora più angosciante il quadro. Molte le iniziative previste per la Giornata nazionale, un'occasione per raccogliere fondi per la ricerca, affinché si possa arrivare a una terapia adeguata per guarire la malattia.
La SLA si configura come una malattia rara, i numeri perciò non sono particolarmente elevati e a ciò probabilmente si deve il poco interesse e la poca sensibilità nei confronti della malattia. Ma i casi ci sono. In Italia, come premesso, si contano poco più di 5 mila casi all'anno, circa tre persone al giorno si ammalano. I sintomi della malattia sono tanti e impercettibili ed è questo il motivo per cui la diagnosi arriva, in genere 13-17 mesi dall'insorgere della malattia. E ci si arriva per esclusione di altre patologie, essendo sconosciute le cause. A esserne colpiti sono entrambi i sessi tra i 40 e i 70 anni, con un dato statistico particolarmente significativo per i calciatori, che muoiono di Sla sei volte di più rispetto alla popolazione generale. L'ultima testimonianza scioccante è stata quella dell'ex calciatore Stefano Borgonovo, una testimonianza ripresa da tutti i media che ha scioccato l'opinione pubblica. Ma perché i calciatori?
I sospetti sono un possibile abuso di farmaci, soprattutto antidolorifici e antinfiammatori, utilizzati per ristabilire in breve tempo i giocatori vittime di traumi. Un'ipotesi che i neurologi stanno prendendo in considerazione. Provare a ricercare un collegamento tra le malattie dei calciatori e le varie sostanze da loro assunte durante l'attività agonistica non è facile. L'ipotesi eziologica più "suggestiva", invece, tra quelle proposte riguarda il possibile ruolo dei pesticidi e dei fertilizzanti utilizzati per il prato del campo da gioco. Un ipotesi su cui il procuratore di Torino Raffaele Guariniello e i suoi collaboratori, che da tempo si occupano della malattia e dei suoi legami con il mondo del calcio, stanno lavorando molto. "Non immaginavamo di trovarci questo dato epidemiologico così inquietante - ha detto Guariniello in un'intervista - cioè un eccesso di mortalità tra i calciatori professionisti. Questo dato si è ulteriormente rafforzato. Abbiamo fatto un confronto con altre due popolazioni di sportivi, ciclisti e giocatori di pallacanestro. Ma in nessuna delle due popolazioni di sportivi si è verificato alcun caso di SLA. Quindi, sembrerebbe doverci essere qualche fattore specifico per l'attività, ed è quello che stiamo cercando di capire. La ricerca ha bisogno di sostegno, la prima Giornata nazionale della SLA è l'occasione per ricordarlo.
Marco Malagutti
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I numeri della malattia
La SLA si configura come una malattia rara, i numeri perciò non sono particolarmente elevati e a ciò probabilmente si deve il poco interesse e la poca sensibilità nei confronti della malattia. Ma i casi ci sono. In Italia, come premesso, si contano poco più di 5 mila casi all'anno, circa tre persone al giorno si ammalano. I sintomi della malattia sono tanti e impercettibili ed è questo il motivo per cui la diagnosi arriva, in genere 13-17 mesi dall'insorgere della malattia. E ci si arriva per esclusione di altre patologie, essendo sconosciute le cause. A esserne colpiti sono entrambi i sessi tra i 40 e i 70 anni, con un dato statistico particolarmente significativo per i calciatori, che muoiono di Sla sei volte di più rispetto alla popolazione generale. L'ultima testimonianza scioccante è stata quella dell'ex calciatore Stefano Borgonovo, una testimonianza ripresa da tutti i media che ha scioccato l'opinione pubblica. Ma perché i calciatori?
Il caso calcio
I sospetti sono un possibile abuso di farmaci, soprattutto antidolorifici e antinfiammatori, utilizzati per ristabilire in breve tempo i giocatori vittime di traumi. Un'ipotesi che i neurologi stanno prendendo in considerazione. Provare a ricercare un collegamento tra le malattie dei calciatori e le varie sostanze da loro assunte durante l'attività agonistica non è facile. L'ipotesi eziologica più "suggestiva", invece, tra quelle proposte riguarda il possibile ruolo dei pesticidi e dei fertilizzanti utilizzati per il prato del campo da gioco. Un ipotesi su cui il procuratore di Torino Raffaele Guariniello e i suoi collaboratori, che da tempo si occupano della malattia e dei suoi legami con il mondo del calcio, stanno lavorando molto. "Non immaginavamo di trovarci questo dato epidemiologico così inquietante - ha detto Guariniello in un'intervista - cioè un eccesso di mortalità tra i calciatori professionisti. Questo dato si è ulteriormente rafforzato. Abbiamo fatto un confronto con altre due popolazioni di sportivi, ciclisti e giocatori di pallacanestro. Ma in nessuna delle due popolazioni di sportivi si è verificato alcun caso di SLA. Quindi, sembrerebbe doverci essere qualche fattore specifico per l'attività, ed è quello che stiamo cercando di capire. La ricerca ha bisogno di sostegno, la prima Giornata nazionale della SLA è l'occasione per ricordarlo.
Marco Malagutti
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