03 novembre 2006
Aggiornamenti e focus
Il recettore chiave della maculopatia
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Aumentare le possibilità di cura: un obiettivo al quale punta attivamente la ricerca nel campo della degenerazione maculare o maculopatia senile, problema crescente nei paesi avanzati in quanto legato all'invecchiamento (colpisce circa un ultrasettancinquenne su tre) e prima causa di cecità legalmente riconosciuta dopo i 55 anni. Una malattia della quale si conoscono i fattori di rischio, soprattutto età avanzata, familiarità, fumo, esposizione non protetta alla luce solare, deficit di vitamine antiossidanti, ipercolesterolemia, ipertensione, obesità, ma non sono note le cause. Si sa che insorge per degenerazione di strutture vicino alla macula retinica (epitelio pigmentato retinico, membrana di Bruch e coriocapillari) che iniziano decenni prima delle manifestazioni dei sintomi e conducono a due situazioni: la maculopatia secca, non essudativa o non neovascolare, più comune e graduale, e la maculopatia umida o essudativa o neovascolare, che annovera il 10% dei casi ma causa l'80% delle cecità, nella quale c'è una neoformazione di vasi sanguigni che danno essudazione ed emorragie sub-retiniche. Per quest'ultima è d'elezione la terapia fotodinamica con iniezione endovenosa di una sostanza fotosensibile (verteporfina) che aderisce ai neovasi e viene attivata da un laser, un trattamento efficace ma che in genere va ripetuto più volte e in molti casi non è sufficiente. Da qualche anno l'attenzione è puntata sull'uso di farmaci antiangiogenesi, che contrastano cioè la formazione dei nuovi vasi sanguigni, da combinare con la terapia fotodinamica. Il caso unico dei lamantini
L'angiogenesi è un processo da tempo individuato come essenziale per la crescita tumorale e più di recente è emerso che in esso svolge un ruolo importante la molecola VEGF (fattore di crescita endoteliale vascolare), contro la quale si potevano quindi dirigere terapie anticancro. Inibitori del VEGF sono anche gli anticorpi monoclonali bevacizumab e ranibizumab, il primo approvato dalla FDA statunitense per il tumore del colon ma dimostratosi valido pure nella maculopatia e il secondo approvato l'estate scorsa per questa patologia. Ad ampliare le prospettive d'impiego degli anti-VEGF nella terapie di combinazione della degenerazione maculare senile giunge ora una ricerca pubblicata sulla rivista Nature che ha individuato l'esistenza di una proteina che impedisce l'angiogenesi nella cornea. Questo tessuto trasparente di rivestimento dell'occhio permette una visione ottimale grazie all'assenza di vasi sanguigni, nonostante sia presente il VEGF: un'apparente contraddizione a lungo irrisolta, che adesso si spiega con la scoperta del recettore in forma solubile sVEGFR-1, o sflt-1, che a differenza della forma di membrana non consente la trasmissione del segnale per interazione con la proteina VEGF. I ricercatori hanno osservato che in topi geneticamente manipolati l'sflt-1 era asse e c'era vascolarizzazione corneale spontanea; la stessa mancanza è stata verificata nei lamantini, trichechi acquatici di zone costiere dell'ordine dei Sirenidi (da cui la leggenda) che sono gli unici animali noti con la cornea vascolarizzata, mentre l'sflt-1 è presente negli stessi altri Sirenidi come i dugonghi e in loro parenti terrestri come gli elefanti, suggerendo un significato evolutivo. Verso modulatori dell'angiogenesi
Dalla scoperta del ruolo del sflt-1 nel mantenere la cornea avascolarizzata si potrà forse arrivare alla messa a punto di modulatori dell'angiogenesi da utilizzare nelle patologie a base neovascolare, compresa la maculopatia senile. Nonostante i progressi compiuti, per quest'ultima la terapia ha ancora vari problemi da risolvere, tra i quali anche la possibilità di trattamenti meno costosi e impegnativi, da non ripetere più volte e con un migliore impatto sul benessere dei pazienti. Un aspetto finora poco analizzato ma che si lega alla mancanza di strumenti ottimali per valutare la qualità di vita dell'anziano colpito dalla malattia (sottovalutata finché non c'è un rapido peggioramento e non si estende all'altro occhio). All'inizio possono infatti non essere riconosciuti sintomi quali riduzione od oscuramento della visione centrale e distorsione delle linee diritte, che si accertano con il semplice test della griglia di Amsler; sono opportuni comunque periodici controlli della vista. Per la prevenzione si può poi agire sui fattori di rischio evitabili, dalla protezione degli occhi esposti a forte luce solare all'astensione dal fumo al consumo di alimenti (frutta e verdure tra cui quelle a foglia verde) ricchi di antiossidanti come vitamina C, E, beta-carotene e luteina.
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L'angiogenesi è un processo da tempo individuato come essenziale per la crescita tumorale e più di recente è emerso che in esso svolge un ruolo importante la molecola VEGF (fattore di crescita endoteliale vascolare), contro la quale si potevano quindi dirigere terapie anticancro. Inibitori del VEGF sono anche gli anticorpi monoclonali bevacizumab e ranibizumab, il primo approvato dalla FDA statunitense per il tumore del colon ma dimostratosi valido pure nella maculopatia e il secondo approvato l'estate scorsa per questa patologia. Ad ampliare le prospettive d'impiego degli anti-VEGF nella terapie di combinazione della degenerazione maculare senile giunge ora una ricerca pubblicata sulla rivista Nature che ha individuato l'esistenza di una proteina che impedisce l'angiogenesi nella cornea. Questo tessuto trasparente di rivestimento dell'occhio permette una visione ottimale grazie all'assenza di vasi sanguigni, nonostante sia presente il VEGF: un'apparente contraddizione a lungo irrisolta, che adesso si spiega con la scoperta del recettore in forma solubile sVEGFR-1, o sflt-1, che a differenza della forma di membrana non consente la trasmissione del segnale per interazione con la proteina VEGF. I ricercatori hanno osservato che in topi geneticamente manipolati l'sflt-1 era asse e c'era vascolarizzazione corneale spontanea; la stessa mancanza è stata verificata nei lamantini, trichechi acquatici di zone costiere dell'ordine dei Sirenidi (da cui la leggenda) che sono gli unici animali noti con la cornea vascolarizzata, mentre l'sflt-1 è presente negli stessi altri Sirenidi come i dugonghi e in loro parenti terrestri come gli elefanti, suggerendo un significato evolutivo. Verso modulatori dell'angiogenesi
Dalla scoperta del ruolo del sflt-1 nel mantenere la cornea avascolarizzata si potrà forse arrivare alla messa a punto di modulatori dell'angiogenesi da utilizzare nelle patologie a base neovascolare, compresa la maculopatia senile. Nonostante i progressi compiuti, per quest'ultima la terapia ha ancora vari problemi da risolvere, tra i quali anche la possibilità di trattamenti meno costosi e impegnativi, da non ripetere più volte e con un migliore impatto sul benessere dei pazienti. Un aspetto finora poco analizzato ma che si lega alla mancanza di strumenti ottimali per valutare la qualità di vita dell'anziano colpito dalla malattia (sottovalutata finché non c'è un rapido peggioramento e non si estende all'altro occhio). All'inizio possono infatti non essere riconosciuti sintomi quali riduzione od oscuramento della visione centrale e distorsione delle linee diritte, che si accertano con il semplice test della griglia di Amsler; sono opportuni comunque periodici controlli della vista. Per la prevenzione si può poi agire sui fattori di rischio evitabili, dalla protezione degli occhi esposti a forte luce solare all'astensione dal fumo al consumo di alimenti (frutta e verdure tra cui quelle a foglia verde) ricchi di antiossidanti come vitamina C, E, beta-carotene e luteina.
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