13 giugno 2008
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Come per altre patologie cronico-degenerative del nostro tempo, da certi tumori all'asma al diabete, anche per la degenerazione maculare età-correlata (AMD) si sta via via mettendo in luce il ruolo di fattori genetici, in particolare di quegli elementi di variabilità detti polimorfismi a singolo nucleotide (SNP o snip). Questi sarebbero coinvolti non solo nella maggiore o minore suscettibilità alle malattie e nel loro andamento, con l'apporto determinante di fattori comportamentali, ma anche nel tipo di risposta alle terapie. E c'entrano anche nella risposta a supplementazioni con sostanze considerate protettive, come dimostra per l'AMD un lavoro su Ophthalmology relativo all'integrazione con zinco e antiossidanti. Si tratta di sostanze che hanno mostrato capacità di rallentamento della progressione della patologia, così come potenzialità preventive sono state suggerite per altri fattori dietetici quali omega-3 e luteina/zeaxantina. Sul consumo di cibi ricchi di omega-3, come il pesce, peraltro, una nuova metanalisi sugli Archives of Ophthalmology conferma che ci può essere un'associazione con un minor rischio di AMD, ma precisa che i dati degli studi sono tuttora insufficienti per supportare la supplementazione. Un ipotizzato fattore di rischio quale l'alcol, invece, secondo un'altra metanalisi non sarebbe implicato.
Il primo lavoro è nell'ambito del trial AREDS (Age-Related Eye Disease Study) che riguarda quasi cinquemila persone, da soggetti a rischio di AMD a malati di vario grado, e che nel 2001 aveva mostrato come una combinazione di zinco e antiossidanti (beta-carotene, vitamine C ed E) riducesse del 25% lo sviluppo della maculopatia oltre i cinque anni negli individui a maggior rischio. Si è quindi voluto indagare se il genotipo potesse interferire con la risposta al trattamento nei malati con la forma avanzata, a maggiore probabilità di perdita della vista. Si sono studiati 876 pazienti di grado avanzato, caratterizzati attraverso il DNA estratto dal sangue per la presenza di SNP diversi relativi al fattore H del complemento (CFH), e trattati con antiossidanti o placebo. Il risultato è stato una diminuzione della progressione della malattia maggiore (68%) nei soggetti con il genotipo a basso rischio, rispetto a quella (11%) del genotipo ad alto rischio. Questo è uno tra i primi studi farmacogenetici a suggerire un'interazione tra genotipo e trattamento, e la potenzialità di studi come questo è evidente. L'obiettivo che si persegue è infatti quello dell'applicazione della farmacogenetica per arrivare a una medicina personalizzata, in questo caso delle malattie oculari, cioè a terapie individualizzate in base al profilo genetico. Ciò non toglie che restano essenziali i fattori comportamentali, che interagiscono con quelli genetici: chiare evidenze dannose ci sono per esempio per il fumo e crescono anche quelle per l'obesità, insomma è sempre in causa la terna sigarette, dieta sbagliata e sedentarietà.
E di alimentazione si tratta nel caso della seconda ricerca, la metanalisi di studi relativi all'efficacia per la prevenzione primaria dell'AMD degli acidi grassi omega-3, i noti grassi benefici che vanno forniti con la dieta e abbondano nel pesce. Gli autori sono partiti da una mole di studi e articoli selezionandone alla fine nove meglio standardizzati e più rigorosi, per un totale di quasi 90 mila persone e 3.203 casi di AMD. Al termine dell'articolata analisi statistica considerando gli altri fattori, è risultato che un elevato apporto alimentare di omega-3 si associava al 38% di riduzione del rischio di AMD tardiva, e che il consumo di pesce almeno due volte alla settimana si legava a minore probabilità di AMD precoce (meno 24%) e tardiva (meno 33%). Due ampie ricerche prospettiche come il Blue Mountains Eye Study e il Nurse's Health Study avevano per esempio rilevato diminuzioni del rischio di AMD precoce con gli omega-3 del 60% e del 30%, mentre di recente i dati di sei studi osservazionali sono stati rivisti criticamente, affermando che non si possono trarre conclusioni definitive. Ed è quanto concludono anche gli autori dell'attuale metanalisi, dicendo che se i risultati suggeriscono un importante ruolo per gli omega-3 nella prevenzione primaria la letteratura in materia è limitata, con pochi studi prospettici e nessun trial clinico randomizzato, in particolare per l'AMD tardiva; occorrerebbero insomma ulteriori informazioni per arrivare a raccomandare di routine l'assunzione di omega-3 e pesce.
Elettra Vecchia
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Diverso per genotipo
Il primo lavoro è nell'ambito del trial AREDS (Age-Related Eye Disease Study) che riguarda quasi cinquemila persone, da soggetti a rischio di AMD a malati di vario grado, e che nel 2001 aveva mostrato come una combinazione di zinco e antiossidanti (beta-carotene, vitamine C ed E) riducesse del 25% lo sviluppo della maculopatia oltre i cinque anni negli individui a maggior rischio. Si è quindi voluto indagare se il genotipo potesse interferire con la risposta al trattamento nei malati con la forma avanzata, a maggiore probabilità di perdita della vista. Si sono studiati 876 pazienti di grado avanzato, caratterizzati attraverso il DNA estratto dal sangue per la presenza di SNP diversi relativi al fattore H del complemento (CFH), e trattati con antiossidanti o placebo. Il risultato è stato una diminuzione della progressione della malattia maggiore (68%) nei soggetti con il genotipo a basso rischio, rispetto a quella (11%) del genotipo ad alto rischio. Questo è uno tra i primi studi farmacogenetici a suggerire un'interazione tra genotipo e trattamento, e la potenzialità di studi come questo è evidente. L'obiettivo che si persegue è infatti quello dell'applicazione della farmacogenetica per arrivare a una medicina personalizzata, in questo caso delle malattie oculari, cioè a terapie individualizzate in base al profilo genetico. Ciò non toglie che restano essenziali i fattori comportamentali, che interagiscono con quelli genetici: chiare evidenze dannose ci sono per esempio per il fumo e crescono anche quelle per l'obesità, insomma è sempre in causa la terna sigarette, dieta sbagliata e sedentarietà.
Sul ruolo preventivo degli antiossidanti
E di alimentazione si tratta nel caso della seconda ricerca, la metanalisi di studi relativi all'efficacia per la prevenzione primaria dell'AMD degli acidi grassi omega-3, i noti grassi benefici che vanno forniti con la dieta e abbondano nel pesce. Gli autori sono partiti da una mole di studi e articoli selezionandone alla fine nove meglio standardizzati e più rigorosi, per un totale di quasi 90 mila persone e 3.203 casi di AMD. Al termine dell'articolata analisi statistica considerando gli altri fattori, è risultato che un elevato apporto alimentare di omega-3 si associava al 38% di riduzione del rischio di AMD tardiva, e che il consumo di pesce almeno due volte alla settimana si legava a minore probabilità di AMD precoce (meno 24%) e tardiva (meno 33%). Due ampie ricerche prospettiche come il Blue Mountains Eye Study e il Nurse's Health Study avevano per esempio rilevato diminuzioni del rischio di AMD precoce con gli omega-3 del 60% e del 30%, mentre di recente i dati di sei studi osservazionali sono stati rivisti criticamente, affermando che non si possono trarre conclusioni definitive. Ed è quanto concludono anche gli autori dell'attuale metanalisi, dicendo che se i risultati suggeriscono un importante ruolo per gli omega-3 nella prevenzione primaria la letteratura in materia è limitata, con pochi studi prospettici e nessun trial clinico randomizzato, in particolare per l'AMD tardiva; occorrerebbero insomma ulteriori informazioni per arrivare a raccomandare di routine l'assunzione di omega-3 e pesce.
Elettra Vecchia
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