21 aprile 2010
Interviste
Non demonizzare il colesterolo
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Il colesterolo è un elemento essenziale per molte funzioni del nostro organismo; è presente nella parete cellulare, nelle guaine mieliniche che avvolgono le cellule del tessuto nervoso, negli acidi biliari necessari per la digestione dei grassi, negli ormoni sessuali e surrenalici ed è il precursore della sintesi della vitamina D. Il colesterolo in eccesso, però, è un importante fattore di rischio per l'infarto e per le patologie vascolari. Ne parliamo con Samir Sukkar, Direttore Responsabile dell'Unità Operativa di Dietetica e Nutrizione Clinica dell'Ospedaliera San Martino di Genova.
I tassi elevati di colesterolo dipendono in tutto o in parte dall'alimentazione sbilanciata e da un cattivo stile di vita?
La maggior parte del colesterolo presente nel circolo sanguigno viene autoprodotto dall'organismo, mentre una parte decisamente minoritaria deriva dall'alimentazione. L'ipercolesterolemia, quindi, dipende da fattori genetici che possono essere individuati svolgendo indagini nutrigenomiche (test genetici volti a svelare le mutazioni responsabili dell'ipercolesterolemia e un'attenta indagine sui benefici che alcune categorie di alimenti apportano se introdotti preferenzialmente nella dieta). Sulle predisposizioni genetiche che portano le concentrazioni di colesterolo tra 270-1200mg/dL, spesso si istaura un'alimentazione ricca di colesterolo di origine animale, di grassi e una vita sedentaria. In questi casi, oltre a correggere gli stili di vita, è necessario intervenire in modo appropriato. Per chi non ha una predisposizione genetica, ma presenta livelli alti nel sangue (220 -280mg/dL) può essere sufficiente migliorare la dieta e svolgere una sana attività fisica, affinché i livelli di "colesterolo cattivo", LDL, non superino i 150mg/dL.
Negli ultimi anni sono stati messi in commercio diversi prodotti acquistabili anche nei supermercati, che vantano proprietà anti LDL. Quanto c'è di vero?
Bisogna leggere accuratamente le etichette per verificare se il prodotto scelto contiene una delle molte sostanze, ormai note, capaci di ridurre l'assorbimento del colesterolo di origine alimentare a livello intestinale. Oggi, infatti vi sono in commercio molte sostanze parafarmaceutiche in grado di bloccare il recettore del colesterolo, impedendone il trasporto dal lume intestinale all'organismo (esattamente come se qualcuno bloccasse l'ascensore). Tra queste sostanze vi sono: margarine modificate, latte modificato, polialcoli e proteine della soia, come gli isoflavoni (i fitoestrogeni tra i quali genisteina, gliciteina e dadzeina). Io personalmente consiglio yogurt e latte di soia, olio extravergine d'oliva per condire, noci, mandorle e nocciole (4-6 al dì), e nei casi importanti policosanoli (estratti dalla canna da zucchero), monacolina dal riso rosso fermentato e barbarina, un alcaloide presente in varie piante.
In base alla sua esperienza, l'uso di questi prodotti può essere utile a chi ha il colesterolo alto?
Gli studi su questi prodotti mostrano una certa efficacia se il loro consumo è regolare, ma soprattutto se vengono associati a una riduzione degli acidi grassi saturi alimentari e al movimento. Personalmente non ritengo che il consumo di questi prodotti modifichi, di per sé, il quadro delle dislipidemie che è un problema molto più ampio e riguarda lo stile di vita di ciascun individuo. Un problema che in ogni caso non va considerato una patologia. Trasformare un fattore di rischio in una malattia e demonizzarlo è sempre controproducente: si finisce per trattare come malati delle persone sane, dimenticando che è solo uno dei tanti fattori da tenere sottocontrollo.
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...e inoltre su Dica33:
I tassi elevati di colesterolo dipendono in tutto o in parte dall'alimentazione sbilanciata e da un cattivo stile di vita?
La maggior parte del colesterolo presente nel circolo sanguigno viene autoprodotto dall'organismo, mentre una parte decisamente minoritaria deriva dall'alimentazione. L'ipercolesterolemia, quindi, dipende da fattori genetici che possono essere individuati svolgendo indagini nutrigenomiche (test genetici volti a svelare le mutazioni responsabili dell'ipercolesterolemia e un'attenta indagine sui benefici che alcune categorie di alimenti apportano se introdotti preferenzialmente nella dieta). Sulle predisposizioni genetiche che portano le concentrazioni di colesterolo tra 270-1200mg/dL, spesso si istaura un'alimentazione ricca di colesterolo di origine animale, di grassi e una vita sedentaria. In questi casi, oltre a correggere gli stili di vita, è necessario intervenire in modo appropriato. Per chi non ha una predisposizione genetica, ma presenta livelli alti nel sangue (220 -280mg/dL) può essere sufficiente migliorare la dieta e svolgere una sana attività fisica, affinché i livelli di "colesterolo cattivo", LDL, non superino i 150mg/dL.
Negli ultimi anni sono stati messi in commercio diversi prodotti acquistabili anche nei supermercati, che vantano proprietà anti LDL. Quanto c'è di vero?
Bisogna leggere accuratamente le etichette per verificare se il prodotto scelto contiene una delle molte sostanze, ormai note, capaci di ridurre l'assorbimento del colesterolo di origine alimentare a livello intestinale. Oggi, infatti vi sono in commercio molte sostanze parafarmaceutiche in grado di bloccare il recettore del colesterolo, impedendone il trasporto dal lume intestinale all'organismo (esattamente come se qualcuno bloccasse l'ascensore). Tra queste sostanze vi sono: margarine modificate, latte modificato, polialcoli e proteine della soia, come gli isoflavoni (i fitoestrogeni tra i quali genisteina, gliciteina e dadzeina). Io personalmente consiglio yogurt e latte di soia, olio extravergine d'oliva per condire, noci, mandorle e nocciole (4-6 al dì), e nei casi importanti policosanoli (estratti dalla canna da zucchero), monacolina dal riso rosso fermentato e barbarina, un alcaloide presente in varie piante.
In base alla sua esperienza, l'uso di questi prodotti può essere utile a chi ha il colesterolo alto?
Gli studi su questi prodotti mostrano una certa efficacia se il loro consumo è regolare, ma soprattutto se vengono associati a una riduzione degli acidi grassi saturi alimentari e al movimento. Personalmente non ritengo che il consumo di questi prodotti modifichi, di per sé, il quadro delle dislipidemie che è un problema molto più ampio e riguarda lo stile di vita di ciascun individuo. Un problema che in ogni caso non va considerato una patologia. Trasformare un fattore di rischio in una malattia e demonizzarlo è sempre controproducente: si finisce per trattare come malati delle persone sane, dimenticando che è solo uno dei tanti fattori da tenere sottocontrollo.
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