03 febbraio 2006
Aggiornamenti e focus
L'osso povero annuncia l'artrite
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Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, l'artrite reumatoide è una delle dieci più gravi malattie che possono colpire le donne. Affligge, infatti, lo 0,4-1% della popolazione, con un rapporto tra femmine e maschi di 4:1. In Italia sono circa 300 mila le persone colpite, nel mondo circa 10 milioni di persone. La malattia, che il più delle volte insorge tra i 30 e i 40 anni, distrugge le articolazioni annullando progressivamente la forza muscolare e costringe entro 5-10 anni ad abbandonare il lavoro. La diagnosi precoce sarebbe una priorità, sarebbe perché il 74% dei pazienti con artrite reumatoide ha accusato i sintomi della malattia per periodi che raggiungono anche i due anni, prima di ricevere una diagnosi. Per non parlare, poi, delle liste d'attesa per una prima visita reumatologica con conseguenti ritardi prima che venga prescritta la terapia giusta. Una diagnosi fatta in tempi rapidi rappresenterebbe oltretutto un significativo risparmio sanitario, tenuto conto che la malattia costa 3250 milioni di euro per spese dirette e indirette. Di fronte a simili premesse uno studio brasiliano, pubblicato sul Journal of Rheumatology non può che essere di ottimo auspicio. Ma di che cosa si è occupato?
I ricercatori brasiliani hanno evidenziato come per le donne in età premenopausale, afflitte dall'artrite reumatoide esista un significativo grado di perdita ossea. Decisamente più significativo di quello che si verifica nelle donne sane. Un dato normalmente non semplice da rilevare visto che la malattia, in genere, si manifesta in pazienti in età più avanzata e più a ridosso della menopausa, quando la carenza di estrogeni determina un effetto confondente. Ma come si è svolto lo studio? I ricercatori hanno preso in considerazione 78 donne in età premenopausale con la malattia e 39 donne "controllo" sane. La valutazione è consistita di un questionario, di un esame fisico e di una serie di test di laboratorio. L'82% delle pazienti considerate era di origine caucasica, età media 35,5 anni, con una durata della malattia di almeno 48 mesi. Il 74% delle pazienti, inoltre, era in cura con glucocorticoidi. Ebbene la densità minerale ossea media della spina lombare nelle pazienti era significativamente più bassa rispetto ai casi-controllo. I predittori dell'osteopenia alla spina lombare includono uno status di lavoro sedentario, basso peso corporeo e terapia cortisonica di lunga durata. A questi dati vanno aggiunti l'erosione delle articolazioni delle mani e aumento della VES, tipico segnale di infiammazione in corso. Si tratta, concludono i ricercatori, dell'identificazione di un nuovo marker: la perdita ossea in pazienti giovani deve far pensare all'artrite reumatoide e così passare più rapiidamente all'intervento terapeutico precoce. Proprio quello che al momento manca.
Marco Malagutti
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Lo studio
I ricercatori brasiliani hanno evidenziato come per le donne in età premenopausale, afflitte dall'artrite reumatoide esista un significativo grado di perdita ossea. Decisamente più significativo di quello che si verifica nelle donne sane. Un dato normalmente non semplice da rilevare visto che la malattia, in genere, si manifesta in pazienti in età più avanzata e più a ridosso della menopausa, quando la carenza di estrogeni determina un effetto confondente. Ma come si è svolto lo studio? I ricercatori hanno preso in considerazione 78 donne in età premenopausale con la malattia e 39 donne "controllo" sane. La valutazione è consistita di un questionario, di un esame fisico e di una serie di test di laboratorio. L'82% delle pazienti considerate era di origine caucasica, età media 35,5 anni, con una durata della malattia di almeno 48 mesi. Il 74% delle pazienti, inoltre, era in cura con glucocorticoidi. Ebbene la densità minerale ossea media della spina lombare nelle pazienti era significativamente più bassa rispetto ai casi-controllo. I predittori dell'osteopenia alla spina lombare includono uno status di lavoro sedentario, basso peso corporeo e terapia cortisonica di lunga durata. A questi dati vanno aggiunti l'erosione delle articolazioni delle mani e aumento della VES, tipico segnale di infiammazione in corso. Si tratta, concludono i ricercatori, dell'identificazione di un nuovo marker: la perdita ossea in pazienti giovani deve far pensare all'artrite reumatoide e così passare più rapiidamente all'intervento terapeutico precoce. Proprio quello che al momento manca.
Marco Malagutti
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