Farmaci senza indicazioni pediatriche

20 giugno 2008
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Farmaci senza indicazioni pediatriche



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E' un equivoco piuttosto comune considerare i bambini come piccoli adulti sui quali utilizzare i farmaci sperimentati solo sugli adulti. Ma è sbagliato. La crescita e la maturazione degli organi e i cambiamenti metabolici che si hanno nel corso dell'infanzia e dell'adolescenza determinano sostanziali differenze tra adulti e bambini. Ne conseguono altrettante differenze nella modalità di eliminazione del farmaco e nel dosaggio, tali da richiedere studi specifici di sicurezza ed efficacia sulla popolazione pediatrica. Eppure molti nuovi farmaci e la maggior parte delle molecole da tempo in commercio non sono registrati per l'uso in età pediatrica. Questo comporta che non siano stati condotti adeguati studi clinici controllati nei bambini e che le evidenze disponibili siano spesso insufficienti. Se un farmaco privo di queste indicazioni viene comunque somministrato, si parla di impiego off-label: "cioè fuori dalla dose, dall'età, dalle indicazioni terapeutiche e dalla via di somministrazione che compaiono sul dossier di registrazione". Ma vediamo con l'aiuto dei dati presentati in un recente convegno, organizzato dall'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, di che cosa si tratta.

Alcuni dati


Secondo l'indagine, dei 9741 farmaci presenti sul mercato italiano nel periodo '96-'97, 205 (2,1%) erano registrati per l'uso in età pediatrica e solo per 134 prodotti erano state condotte sperimentazioni cliniche controllate nei bambini. Analoga situazione si riscontra a livello europeo. Nel periodo '95-'98 l'EMEA (Agenzia Europea di Valutazione dei Medicinali) ha autorizzato al commercio 41 principi attivi di possibile utilizzo pediatrico, di questi il 24% è stato registrato per l'uso nelle varie fasce d'età pediatrica, mentre il 17% ha ricevuto l'autorizzazione per l'uso solo negli adolescenti (età superiore ai 12 anni). L'attuale legislazione italiana ed europea consente comunque ai medici di prescrivere ai bambini farmaci non registrati per l'uso nella popolazione pediatrica, o per indicazioni diverse da quelle riportate nella licenza (off-label, appunto). I termini della licenza, infatti, non precludono al medico di avvalersi del miglior trattamento nell'interesse del paziente. Tutto ciò nonostante le nuove linee guida per la sperimentazione in pediatria parlino espressamente di esecuzione di studi clinici selezionati per le diverse età pediatriche; di controindicazione dell'uso pediatrico in mancanza di dati specifici; di responsabilità dell'industria e degli organi regolatori nel completamento degli studi. Il problema è che questi interventi normativi sono stati recepiti più come un consiglio che come un insieme di regole da rispettare. Il risultato è così una scarsa conoscenza della frequenza e della gravità degli effetti indesiderati.

Gli effetti avversi


L'uso off-label è stato associato ad un aumento di 4 volte delle reazioni avverse gravi da farmaci insorte in ospedale o che hanno resa necessaria l'ospedalizzazione del bambino. Molto indicativo in questo senso lo studio pilota condotto dall'Università di Chieti nell'ambito del progetto finalizzato del ministero della Sanità e coordinato dall'Istituto Mario Negri. Durante i nove mesi di valutazione, 1619 bambini sono stati ricoverati presso il reparto di pediatria, di questi 41 hanno sviluppato reazioni avverse (8 gravi e 33 moderate), di cui 29 conseguenti a prescrizioni effettuate in reparto. In 16 bambini le reazioni erano conseguenti alla somministrazione di farmaci utilizzati al di fuori della licenza: 38% insorte durante la terapia intra-ospedaliera e 42% extra-ospedaliera, all'origine del ricovero. Orticaria (11 casi), vomito ed eritema (5 ciascuno) e tremore (4) sono risultate le reazioni più frequenti.
In conclusione molti farmaci vengono prescritti ai bambini senza specifiche conoscenze circa il dosaggio ottimale, le caratteristiche farmacologiche e le potenziali reazioni avverse. I 7 studi sinora pubblicati, che hanno analizzato l'uso dei farmaci in pediatria ospedaliera, parlano chiaro. Il tasso di off-label in Italia tocca il 66% delle prescrizioni, interessando l'86% dei bambini ricoverati. Ma perché si verifica tutto questo?

Le principali cause

Innanzitutto vi sono indiscutibili difficoltà tecniche: dalle problematiche etiche connesse alle sperimentazioni sui bambini, fino alle oggettive difficoltà nello smuovere sistemi così burocratizzati come quello italiano. Ma sicuramente il disincentivo maggiore è quello economico. Le grosse aziende infatti sono poco propense a investire tempo e risorse economiche per realizzare studi pediatrici, perché a eccezione di antibiotici, farmaci antifebbrili, vaccini e poche altre categorie terapeutiche, l'uso pediatrico rappresenta un segmento minoritario del mercato totale del farmaco. Quindi, perché fare studi ad hoc se la prescrizione off-label è comunque ammessa?
Va peraltro ricordato che un medico che, sulla base dell'esperienza e della convinzione personale, scegliesse di prescrivere un farmaco potenzialmente utile, ma con un profilo di efficacia e sicurezza poco documentato, può contribuire allo sviluppo delle informazioni sul farmaco a vantaggio degli altri pazienti. I medici andrebbero quindi incoraggiati a riferire della loro esperienza sull'uso off-label dei farmaci nei bambini, soprattutto allo scopo di promuovere studi formali che possano fornire informazioni sull'uso di certi farmaci nei bambini.

Marco Malagutti



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