22 novembre 2006
Aggiornamenti e focus
Farmaci travisati
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Una pillola per "domare" i bambini troppo agitati. Questa è la preoccupante tendenza che sembra aver contagiato moltissimi psichiatri italiani. L'allarme è stato lanciato durante una conferenza stampa organizzata lo scorso 16 novembre a Roma, nell'ambito della campagna di farmacovigilanza per l'età pediatrica. I convenuti hanno proposto di istituire un tavolo di discussione sull'aumento esponenziale delle prescrizioni di psicofarmaci ai bambini. Ma anche di disporre l'obbligatorietà di una particolare etichetta, simile a quella delle sigarette, sulle confezioni dei medicinali per evidenziarne gli effetti collaterali, di promuovere linee di finanziamento per la ricerca indipendente sui disturbi del comportamento nei bambini che non prevedano per forza l'uso di farmaci e di riaffermare la completa libertà di scelta terapeutica per le famiglie dei piccoli con questi problemi. Queste proposte sono contenute in una lettera aperta inviata al ministro della Salute Livia Turco e sottoscritta da oltre 100 enti, fra ordini professionali e associazioni di categoria.
I numeri della questione sono pesanti se si considera che in Italia negli ultimi cinque anni le prescrizioni di psicofarmaci sono aumentate del 280%. "Se oggi - ha detto Luca Poma, portavoce della campagna - sono 30.000 i piccoli in terapia con questi medicinali potrebbero presto diventare oltre 700.000 perchè, secondo i dati del ministero della Salute, tanti sono i bimbi che sarebbero affetti da disturbi psichici". "Ciò che fa più impressione - ha detto Poma nel corso delle conferenza - è il confronto con gli Stati Uniti, dove l'utilizzo di psicofarmaci nei bambini è ormai prassi consolidata. Oltreoceano l'aumento delle prescrizioni è lievitato, nello stesso periodo, "solo" del 150%". E il pericolo più grande che si corre continuando per questa strada "è quello di fare diventare questi piccoli pazienti - ha sottolineato Giovanni Pirone, direttore generale dell'Istituto italiano di medicina sociale - degli adulti dipendenti a vita da queste medicine".
"La situazione - ha riferito Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell'età evolutiva - rischia di precipitare vista anche le decisione scandalosa dell'Emea (l'ente europeo che regola l'uso dei farmaci) che ha autorizzato la somministrazione di un antidepressivo già ai bambini di otto anni dopo appena 4-6 sedute di psicoterapia senza risultati accettabili. La situazione è stata descritta con preoccupazione anche da Massimo Di Giannantonio, docente di psichiatria presso l'università di Chieti. "La Società mondiale di psichiatria - ha ricordato l'esperto - ha da poco proclamato l'impossibilità di elaborare diagnosi di schizofrenia certe al 100%. Figuriamoci come un bambino più vivace degli altri possa essere definito iperattivo o al contrario depresso se risulta introverso o timido". Quali sono allora i confini oltrepassati i quali un genitore deve davvero allarmarsi per il comportamento di suo figlio? "Senz'altro quando il piccolo procura danni, sia fisici sia psicologici, a se stesso e all'ambiente che lo circonda. O ancora se perde anni di scuola o se non è ben voluto dai compagni. In questi casi la richiesta implicita di aiuto del bambino deve essere assecondata portandolo in visita da uno specialista, affiancandogli un insegnante di sostegno e cercando di farlo inserire nell'ambiente sociale, fra i suoi compagni di scuola. Un'ultima provocazione: bisogna considerare - conclude Di Giannantonio - che i bambini non sono delle entità psichiche indipendenti. Tutto quello che dicono, che fanno e che pensano viene provocato dai genitori. Un'attenzione maggiore dovrebbe dunque essere posta verso le famiglie e i rapporti interni che le caratterizzano".
Gianluca Casponi
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Psicofarmaci, un uso folle
I numeri della questione sono pesanti se si considera che in Italia negli ultimi cinque anni le prescrizioni di psicofarmaci sono aumentate del 280%. "Se oggi - ha detto Luca Poma, portavoce della campagna - sono 30.000 i piccoli in terapia con questi medicinali potrebbero presto diventare oltre 700.000 perchè, secondo i dati del ministero della Salute, tanti sono i bimbi che sarebbero affetti da disturbi psichici". "Ciò che fa più impressione - ha detto Poma nel corso delle conferenza - è il confronto con gli Stati Uniti, dove l'utilizzo di psicofarmaci nei bambini è ormai prassi consolidata. Oltreoceano l'aumento delle prescrizioni è lievitato, nello stesso periodo, "solo" del 150%". E il pericolo più grande che si corre continuando per questa strada "è quello di fare diventare questi piccoli pazienti - ha sottolineato Giovanni Pirone, direttore generale dell'Istituto italiano di medicina sociale - degli adulti dipendenti a vita da queste medicine".
Migliorare i protocolli diagnostici
"La situazione - ha riferito Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell'età evolutiva - rischia di precipitare vista anche le decisione scandalosa dell'Emea (l'ente europeo che regola l'uso dei farmaci) che ha autorizzato la somministrazione di un antidepressivo già ai bambini di otto anni dopo appena 4-6 sedute di psicoterapia senza risultati accettabili. La situazione è stata descritta con preoccupazione anche da Massimo Di Giannantonio, docente di psichiatria presso l'università di Chieti. "La Società mondiale di psichiatria - ha ricordato l'esperto - ha da poco proclamato l'impossibilità di elaborare diagnosi di schizofrenia certe al 100%. Figuriamoci come un bambino più vivace degli altri possa essere definito iperattivo o al contrario depresso se risulta introverso o timido". Quali sono allora i confini oltrepassati i quali un genitore deve davvero allarmarsi per il comportamento di suo figlio? "Senz'altro quando il piccolo procura danni, sia fisici sia psicologici, a se stesso e all'ambiente che lo circonda. O ancora se perde anni di scuola o se non è ben voluto dai compagni. In questi casi la richiesta implicita di aiuto del bambino deve essere assecondata portandolo in visita da uno specialista, affiancandogli un insegnante di sostegno e cercando di farlo inserire nell'ambiente sociale, fra i suoi compagni di scuola. Un'ultima provocazione: bisogna considerare - conclude Di Giannantonio - che i bambini non sono delle entità psichiche indipendenti. Tutto quello che dicono, che fanno e che pensano viene provocato dai genitori. Un'attenzione maggiore dovrebbe dunque essere posta verso le famiglie e i rapporti interni che le caratterizzano".
Gianluca Casponi
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