20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus
I costi del farmaco
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Quanto costano a mamma e papà le prescrizioni effettuate da pediatri e medici di famiglia? Non sono molte le indagine che hanno cercato di rispondere a questa domanda e va detto subito che la situazione è comunque destinata a mutare rapidamente, visto che ticket e rimborsabilità dei farmaci sono stati rivoluzionati dall'ultima Legge Finanziaria.
Uno degli studi più interessanti al riguardo è stato condotto dal Laboratorio per la salute infantile dell'Istituto Mario Negri di Milano e dal Centro di Economia sanitaria (Cesav) di Bergamo.
La ricerca è stata condotta esaminando oltre 11.000 visite condotte da 42 pediatri di libera scelta (quelli del Servizio Sanitario Nazionale, per intendersi). Il primo dato è che il 67% delle visite si è concluso con la prescrizione di almeno un farmaco. In teoria, tenendo presente che il 60% delle prescrizioni riguardava farmaci a totale carico del Servizio Sanitario, che il 6% riguarda i farmaci di classe B e il 34% i farmaci a carico totale del cittadino (la classe C), sarebbe stato logico attendersi che le famiglie dovessero pagare di tasca loro soltanto quel 34%. L'analisi dei dati, però, ha dimostrato una realtà diversa: la spesa a carico della famiglia è più alta e raggiunge il 51%. Inoltre, questa spesa maggiore del previsto è dovuta principalmente a farmaci in classe A (quelli teoricamente gratuiti).
A questo risultato concorrono diversi fattori: per esempio c'è l'effetto del ticket sulla ricetta, ma soprattutto c'è l'effetto delle modalità di prescrizione. Sovente il pediatra non usa il ricettario regionale, ma quello personale che non dà quindi diritto alla copertura, oppure la prescrizione viene fatta per telefono, fidando poi nella comprensione del farmacista. Niente ricetta regionale, quindi, neppure in questo caso.
I ricercatori hanno anche stilato una graduatoria delle "famiglie" di farmaci in base alla spesa e, di conseguenza, delle malattie. A primi posti vengono gli antibiotici (27,9%), seguiti dagli antiasmatici (15,6%), dai preparati per la tosse (11%), dagli antipiretici (11%) e dagli antinfiammatori (7%). Chi paga? Il SSN copre la spesa dell'80% degli antibiotici e del 60% degli antiasmatici, ma per quanto riguarda antitosse, antipiretici e antinfiammatori, la spesa è tutta a carico della famiglia. In altre parole, in disturbi frequenti come la febbre (trattata con antipiretici come il paracetamolo), la tosse o il dolore in genere (trattato con gli antinfiammatori) non vengono coperti dall'assistenza. Anche quel 20% di antibiotici pagati dalla famiglia suscita qualche perplessità che richiede una spiegazione. Spesso il SSN "passa" il farmaco, ma non nella preparazione scelta dal medico, per esempio in capsule ma non in gocce.
Ovviamente, con la sparizione della Classe B, anche i farmaci che oggi si pagano al 50% passeranno in buona parte al rimborso totale: sarà il caso, per esempio, degli antistaminici, i farmaci più usati per la rinite (spesso anche a sproposito).
Che cosa significano, in definitiva, queste cifre? Che il Servizio Sanitario è "cattivo"? Non è questo il punto, anche perché molti farmaci in fascia C in realtà sono lì perché le aziende produttrici non hanno voluto adeguarsi al prezzo medio europeo, che è la condizione per essere inseriti nella Classe A, mentre altri hanno un prezzo inferiore al ticket della ricetta. Infine, come si è detto la situazione è già cambiata.
Lo studio, piuttosto, mette in luce come al centro del problema della spesa farmaceutica (e sanitaria in generale) ci sia un fatto di cultura, del medico come del paziente (o del genitore del paziente). Del medico perché è stato rilevato che spesso non viene usato il ricettario regionale, ma anche perché c'è la tendenza a non seguire le indicazioni dei grandi studi oppure delle linee guida internazionali. E' il caso delle numerose prescrizioni di antibiotici per l'otite, una scelta terapeutica tutt'altro che condivisa e per la quel anche i più cauti raccomandano di attendere almeno 48-72 ore. Oppure il ricorso a farmaci di dubbia utilità rispetto ad altri e che, difatti, sono registrati in pochissimi paesi. C'è però anche la spinta delle famiglie a ottenere un farmaco a tutti i costi, anche per malattie che tendono a risolversi da sé come l'influenza o la tosse.
Certo resta discutibile che il paracetamolo, per esempio, sia in classe C anche per la popolazione pediatrica mentre le linee guida internazionali lo segnalano come l'unico farmaco sicuro ed efficace (assieme all'ibuprofene) per il trattamento di febbre e dolore.
Maurizio Imperiali
Uno degli studi più interessanti al riguardo è stato condotto dal Laboratorio per la salute infantile dell'Istituto Mario Negri di Milano e dal Centro di Economia sanitaria (Cesav) di Bergamo.
La ricerca è stata condotta esaminando oltre 11.000 visite condotte da 42 pediatri di libera scelta (quelli del Servizio Sanitario Nazionale, per intendersi). Il primo dato è che il 67% delle visite si è concluso con la prescrizione di almeno un farmaco. In teoria, tenendo presente che il 60% delle prescrizioni riguardava farmaci a totale carico del Servizio Sanitario, che il 6% riguarda i farmaci di classe B e il 34% i farmaci a carico totale del cittadino (la classe C), sarebbe stato logico attendersi che le famiglie dovessero pagare di tasca loro soltanto quel 34%. L'analisi dei dati, però, ha dimostrato una realtà diversa: la spesa a carico della famiglia è più alta e raggiunge il 51%. Inoltre, questa spesa maggiore del previsto è dovuta principalmente a farmaci in classe A (quelli teoricamente gratuiti).
A questo risultato concorrono diversi fattori: per esempio c'è l'effetto del ticket sulla ricetta, ma soprattutto c'è l'effetto delle modalità di prescrizione. Sovente il pediatra non usa il ricettario regionale, ma quello personale che non dà quindi diritto alla copertura, oppure la prescrizione viene fatta per telefono, fidando poi nella comprensione del farmacista. Niente ricetta regionale, quindi, neppure in questo caso.
Quali malattie pesano di più sul portafoglio
I ricercatori hanno anche stilato una graduatoria delle "famiglie" di farmaci in base alla spesa e, di conseguenza, delle malattie. A primi posti vengono gli antibiotici (27,9%), seguiti dagli antiasmatici (15,6%), dai preparati per la tosse (11%), dagli antipiretici (11%) e dagli antinfiammatori (7%). Chi paga? Il SSN copre la spesa dell'80% degli antibiotici e del 60% degli antiasmatici, ma per quanto riguarda antitosse, antipiretici e antinfiammatori, la spesa è tutta a carico della famiglia. In altre parole, in disturbi frequenti come la febbre (trattata con antipiretici come il paracetamolo), la tosse o il dolore in genere (trattato con gli antinfiammatori) non vengono coperti dall'assistenza. Anche quel 20% di antibiotici pagati dalla famiglia suscita qualche perplessità che richiede una spiegazione. Spesso il SSN "passa" il farmaco, ma non nella preparazione scelta dal medico, per esempio in capsule ma non in gocce.
Ovviamente, con la sparizione della Classe B, anche i farmaci che oggi si pagano al 50% passeranno in buona parte al rimborso totale: sarà il caso, per esempio, degli antistaminici, i farmaci più usati per la rinite (spesso anche a sproposito).
Che cosa significano, in definitiva, queste cifre? Che il Servizio Sanitario è "cattivo"? Non è questo il punto, anche perché molti farmaci in fascia C in realtà sono lì perché le aziende produttrici non hanno voluto adeguarsi al prezzo medio europeo, che è la condizione per essere inseriti nella Classe A, mentre altri hanno un prezzo inferiore al ticket della ricetta. Infine, come si è detto la situazione è già cambiata.
Lo studio, piuttosto, mette in luce come al centro del problema della spesa farmaceutica (e sanitaria in generale) ci sia un fatto di cultura, del medico come del paziente (o del genitore del paziente). Del medico perché è stato rilevato che spesso non viene usato il ricettario regionale, ma anche perché c'è la tendenza a non seguire le indicazioni dei grandi studi oppure delle linee guida internazionali. E' il caso delle numerose prescrizioni di antibiotici per l'otite, una scelta terapeutica tutt'altro che condivisa e per la quel anche i più cauti raccomandano di attendere almeno 48-72 ore. Oppure il ricorso a farmaci di dubbia utilità rispetto ad altri e che, difatti, sono registrati in pochissimi paesi. C'è però anche la spinta delle famiglie a ottenere un farmaco a tutti i costi, anche per malattie che tendono a risolversi da sé come l'influenza o la tosse.
Certo resta discutibile che il paracetamolo, per esempio, sia in classe C anche per la popolazione pediatrica mentre le linee guida internazionali lo segnalano come l'unico farmaco sicuro ed efficace (assieme all'ibuprofene) per il trattamento di febbre e dolore.
Maurizio Imperiali