Temperature fatali

11 febbraio 2005
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Temperature fatali



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Assideramento, cioè un freddo da morire. Il concetto è chiaro e in termini tecnici si parla di ipotermia. Ovviamente, non si tratta della temperatura esterna, quella della cute, ma di quella che si raggiunge sotto la superficie corporea. I disturbi da ipotermia, di fatto, cominciano quando la temperatura interna, determinata con la misurazione rettale o timpanica, scende sotto i 35 gradi centigradi. Da questa quota in poi l'organismo comincia a vedere compromesse le sue attività.

Azioni e reazioni


Il corpo reagisce agli abbassamenti della sua temperatura attraverso sostanzialmente due tipi di meccanismi: fisici e chimici. Tra i primi rientra la vasocostrizione periferica, cioè la riduzione dell'afflusso del sangue alla periferia del corpo, così da aumentare l'afflusso di sangue caldo ai visceri per cercare di mantenere stabile la temperatura. Sempre allo scopo di richiamare sangue "al centro", si produce anche una vasodilatazione delle masse muscolari profonde. Se questo non basta a ristabilire le condizioni fisiologiche scattano i meccanismi endocrini, e quindi chimici, mediati soprattutto dall'ipotalamo. La prima fase è la stimolazione del sistema simpatico, provvede ad aumentare la frequenza cardiaca, così da aumentare la circolazione sanguigna. Sempre dall'ipotalamo, dalla parte laterale per l'esattezza, viene avviata una serie di contrazioni muscolari periodiche, i brividi, che hanno lo scopo di generare calore attraverso il lavoro. In effetti il sistema è efficiente, visto che la produzione muscolare di calore aumenta da 10 a 20 volte, ma sfortunatamente è una misura a breve termine, perché il calore sviluppato viene sottratto piuttosto rapidamente dall'ambiente. Infine, l'ipotalamo passa a stimolare le ghiandole surrenali e la tiroide allo scopo di aumentare il metabolismo. In questo modo aumenta la quantità di zuccheri "bruciata" per produrre energia e quindi calore.

Il termometro cala ancora


Se queste reazioni non hanno effetto, tutte le funzioni difensive e fisiologiche cominciano a indebolirsi progressivamente. Per cominciare, sotto i 35° spariscono generalmente i brividi e già nell'intervallo tra 35 e 32° si assiste a una modificazione dell'attività cardiaca: si presenta tachicardia (battito accelerato) spesso accompagnato da tremori (che sono cosa ben diversa dai brividi). Se la temperatura scende ulteriormente, si assiste alla fibrillazione atriale, vale a dire che il cuore comincia ad avere contrazioni "inutili" ai fini della funzione di pompa, a un rallentamento delle pulsazioni (bradicardia) e si presentano altre alterazioni caratteristiche, che possono essere facilmente identificate anche elettrocardiograficamente. Sempre a carico del sistema cardiovascolare si presentano altri due effetti: per cominciare, aumentano le resistenze vascolari, cioè il sangue incontra un ostacolo due-tre volte maggiore a scorrere all'interno delle arterie e delle vene. Secondariamente aumenta la stessa viscosità del sangue che, in pratica, diventa più denso: a 25° la viscosità è 1,8 volte superiore a quella misurata a 37°.

Danni a tutti gli organi

Se la circolazione viene compromessa gli altri organi non possono non risentirne, in primo luogo in termini di insufficiente ossigenazione. I reni per esempio, a 27° presentano sia una circolazione sanguigna sia un tasso di filtrazione ridotti ai minimi termini. Anche il metabolismo presenta forti alterazioni e principalmente l'iperglicemia, dovuta all'aumento della circolazione di ormoni glucocorticoidi, oltretutto non trattabile facilmente perché l'insulina non ha effetto a temperature così basse. Anche la pancreatite è una conseguenza piuttosto frequente dell'ipotermia profonda.

Le cause

Ovviamente la prima è l'esposizione a temperature ambientali molto basse, soprattutto se non si è adeguatamente protetti dall'abbigliamento. A questo proposito si tenga presente che la testa è un formidabile radiatore di calore, cioè ne cede molto all'ambiente e, quindi, il cappello non è un optional in certe situazioni (cosa che non riguarda soltanto gli alpinisti, ma anche i normali turisti in viaggio a certe latitudini). Inoltre, esistono condizioni favorenti, come l'elevato consumo di alcol, tanto che i casi di assideramento sono particolarmente frequenti tra gli etilisti. Infatti, contrariamente a quanto si crede, l'alcol favorisce l'abbassamento della temperatura corporea interna per almeno due motivi: induce ipoglicemia che, a sua volta, causa di per sé un abbassamento della temperatura; poi, favorendo la vasodilatazione periferica, favorisce la cessione di calore all'ambiente (in pratica contrasta il primo meccanismo di difesa dal freddo). Quindi, a dispetto dei San Bernardo, meglio un caffè (vasocostrittore) che un grappino dopo una passeggiata tra la neve. Anche l'alimentazione ha un peso non indifferente. Per contrastare l'effetto dell'ambiente freddo, infatti, si deve alzare il metabolismo e, quindi, si consuma di più. E' stato calcolato che nel personale delle stazioni geofisiche polari il fabbisogno calorico sale anche a 7-8.000 calorie al giorno (ovviamente non si deve esagerare: per andare a Madesimo o al Terminillo non serve tanto...).
Tuttavia l'ipotermia può anche essere conseguente a intossicazione da alcuni farmaci (per esempio barbiturici) o ad alcune malattie (come il mixedema), ma sono casi diversi.

Come va trattata l'ipotermia

Soprattutto con la prevenzione: persone anziane, forti bevitori, bambini non devono esporsi a lungo ad ambienti freddi. E' importante anche riconoscere i primi segni dell'abbassamento della temperatura interna: sotto i 35°, come detto, non ci sono brividi, e la persona colpita pur restando vigile manifesta segni di confusione mentale. La cute è ovviamente fredda, pallida ma può presentare anche eritemi soprattutto dove sottoposta a pressione. Dal punto di vista soggettivo, comunque, la regola è che quando cominciano i brividi si deve correre ai ripari: raggiungere un luogo riscaldato servirsi di coperte e termocoperte eccetera.
Diverso il discorso quando ci si imbatte in persone già in ipotermia avanzata. E' inevitabile ricorrere al pronto soccorso. Nei casi più gravi, infatti, è necessario attuare misure invasive per innalzare la temperatura. Per esempio si può infondere al paziente della soluzione fisiologica riscaldata o attuare la dialisi peritoneale riscaldata o l'emodialisi vera e propria. Anche l'ossigeno che viene erogato in questi casi viene riscaldato, anche se a temperature non superiori a 40-45 gradi per evitare il rischio di ustioni polmonari.
In effetti i mezzi a disposizione sono diversi e non esiste un sistema migliore a priori di un altro. E' invece certo che nei casi più gravi non si può ricorrere al riscaldamento periferico, in quanto il primo effetto del calore applicato dall'esterno è il riversarsi di sangue freddo verso il cuore. Questo, a sua volta, può provocare la fibrillazione atriale.
A parziale sdrammatizzazione va detto che se l'ipotermia ha effetti devastanti, il recupero del paziente è possibile anche in condizioni apparentemente disperate. Basti pensare che in letteratura sono descritti casi in cui il paziente si è ripreso completamente dopo aver raggiunto una temperatura interna di 16° con presenza di fibrillazione atriale.

Maurizio Imperiali



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