15 ottobre 2019
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Ambienti impolverati
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A differenza di sostanze presenti nell'aria come ozono, biossido di zolfo, monossido di carbonio e ossidi d azoto, di cui si conosce la natura e la tossicità, per il particolato atmosferico (PM o polveri sottili) non è sempre semplice stabilire la pericolosità dell'esposizione. Nel secondo caso, infatti non c'è una singola sostanza da considerare ma più specie chimiche con dimensioni e forme diverse e con una tossicità molto variabile. L'esposizione alle polveri sottili purtroppo non interessa solo gli ambienti esterni in particolare le città, ma anche gli ambienti chiusi e i luoghi di lavoro.
In effetti se la fonte principale del particolato sono l'uomo e le sue attività, nessun luogo in cui si vive resta indenne da questo tipo di inquinamento. Anche le pulizie di casa, il cucinare, il riscaldamento, per non parlare del più scontato fumo di sigaretta, sono fonte di polveri sottili. Infatti, anche se meno numerosi rispetto a quelli sull'inquinamento outdoor, sono disponibili dati pubblicati che documentano quanto e come gli spazi chiusi siano altrettanto inquinati.
Uno studio ha verificato 13 possibili fonti di particolato PM1,0 presenti comunemente in un'abitazione e le ha identificate: fumo di sigarette (emesso, quindi passivo), candele di cera d'api, candele profumate, aspirapolvere, spray per ambienti, ferro da stiro con o senza vapore, radiatore elettrico, stufa elettrica, stufa a gas, cottura della carne nell'olio. La rapidità con cui aumentava la concentrazione delle polveri al momento dell'attivazione delle sorgenti era decisamente più alta di quanto poi impiegasse a diminuire dopo la disattivazione. La concentrazione più alta la facevano registrare le candele di cera d'api, la più bassa la stiratura a vapore di un lenzuolo di cotone. I radiatori elettrici invece facevano salire più rapidamente il picco di concentrazione.
A voler distinguere il contributo all'esposizione individuale giornaliera è utile usare degli strumenti che riconoscono la composizione chimica. Lo hanno fatto a Toronto facendo indossare un dispositivo per cicli di 24 ore, a soggetti che passavano l'89% del tempo in casa. Le fonti ipotizzate di PM2,5 erano la combustione dovuta al traffico e il materiale di erosione del suolo locale e regionale e il contributo in percentuale era, rispettivamente, del 13%, del 17% e del 7%. La restante percentuale era, quindi, attribuibile alle fonti indoor.
E non si salvano nemmeno gli ospedali. In una città della Cina, nel periodo estivo sono stati rilevati livelli indoor di PM2,5 di 99 microgrammi per metro cubo, all'interno di quattro ospedali, quando gli standard da rispettare raccomandati dalla USEPA (States Environmental Protection Agency) per gli ambienti esterni sono 65 microgrammi per metro cubo. In più, un'analisi dell'aria dimostrò che il 78% delle particelle respirabili nei quattro centri era rappresentato dal PM2,5.
Purtroppo qualcosa di simile accade anche nelle scuole. Nel Montana, negli Stati Uniti, nella cittadina di Libby già scenario di una crisi sanitaria dovuta a una miniera di amianto, sono stati misurati i livelli di PM di varie dimensioni (da 0,25 a 2,5) ed è stato osservata una disparità tra le scuole elementari e medie. Nelle prime i livelli erano decisamente più alti, in particolare la concentrazione delle particelle più piccole e più grandi era da due a cinque volte più alta, mentre quelle di dimensioni intermedie (tra 1,0 e 2,5) erano fino a 10 volte più alte.
Riferimenti bibliografici:
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Sorgenti domestiche
In effetti se la fonte principale del particolato sono l'uomo e le sue attività, nessun luogo in cui si vive resta indenne da questo tipo di inquinamento. Anche le pulizie di casa, il cucinare, il riscaldamento, per non parlare del più scontato fumo di sigaretta, sono fonte di polveri sottili. Infatti, anche se meno numerosi rispetto a quelli sull'inquinamento outdoor, sono disponibili dati pubblicati che documentano quanto e come gli spazi chiusi siano altrettanto inquinati.
Uno studio ha verificato 13 possibili fonti di particolato PM1,0 presenti comunemente in un'abitazione e le ha identificate: fumo di sigarette (emesso, quindi passivo), candele di cera d'api, candele profumate, aspirapolvere, spray per ambienti, ferro da stiro con o senza vapore, radiatore elettrico, stufa elettrica, stufa a gas, cottura della carne nell'olio. La rapidità con cui aumentava la concentrazione delle polveri al momento dell'attivazione delle sorgenti era decisamente più alta di quanto poi impiegasse a diminuire dopo la disattivazione. La concentrazione più alta la facevano registrare le candele di cera d'api, la più bassa la stiratura a vapore di un lenzuolo di cotone. I radiatori elettrici invece facevano salire più rapidamente il picco di concentrazione.
Inquinati dentro e fuori
A voler distinguere il contributo all'esposizione individuale giornaliera è utile usare degli strumenti che riconoscono la composizione chimica. Lo hanno fatto a Toronto facendo indossare un dispositivo per cicli di 24 ore, a soggetti che passavano l'89% del tempo in casa. Le fonti ipotizzate di PM2,5 erano la combustione dovuta al traffico e il materiale di erosione del suolo locale e regionale e il contributo in percentuale era, rispettivamente, del 13%, del 17% e del 7%. La restante percentuale era, quindi, attribuibile alle fonti indoor.
E non si salvano nemmeno gli ospedali. In una città della Cina, nel periodo estivo sono stati rilevati livelli indoor di PM2,5 di 99 microgrammi per metro cubo, all'interno di quattro ospedali, quando gli standard da rispettare raccomandati dalla USEPA (States Environmental Protection Agency) per gli ambienti esterni sono 65 microgrammi per metro cubo. In più, un'analisi dell'aria dimostrò che il 78% delle particelle respirabili nei quattro centri era rappresentato dal PM2,5.
Purtroppo qualcosa di simile accade anche nelle scuole. Nel Montana, negli Stati Uniti, nella cittadina di Libby già scenario di una crisi sanitaria dovuta a una miniera di amianto, sono stati misurati i livelli di PM di varie dimensioni (da 0,25 a 2,5) ed è stato osservata una disparità tra le scuole elementari e medie. Nelle prime i livelli erano decisamente più alti, in particolare la concentrazione delle particelle più piccole e più grandi era da due a cinque volte più alta, mentre quelle di dimensioni intermedie (tra 1,0 e 2,5) erano fino a 10 volte più alte.
Riferimenti bibliografici:
- Afshari A et al. Characterization of indoor sources of fine and ultrafine particles: a study conducted in a full-scale chamber. Indoor Air. 2005 Apr;15(2):141-50
- Kim D et al. Sources of personal exposure to fine particles in Toronto, Ontario, Canada. J Air Waste Manag Assoc. 2005 Aug;55(8):1134-46
- Wang X et al. Hospital indoor PM10/PM2.5 and associated trace elements in Guangzhou, China. Sci Total Environ. 2006 Jul 31;366(1):124-35. Epub 2005 Sep 28
- Ward TJ et al Results of An Indoor Size Fractionated PM School Sampling Program in Libby, Montana. Environ Monit Assess. 2006 Oct 21
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