Il male è nell'aria

25 febbraio 2003
Aggiornamenti e focus

Il male è nell'aria



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L'aria non è più quella di una volta, in città si respira veleno, c'è un aria irrespirabile. Luoghi comuni o triste realtà? I numeri sostengono la seconda ipotesi, indicando una contingenza non soltanto italiana, ma che accomuna molte città europee.
Di questo e altro si è parlato nella prima sessione del ciclo di conferenze su "Città, ambiente, mobilità" tenutosi alla Fiera di Milano, nell'ambito dell'evento "Progetto città"

Città malate


"L'aria malsana delle città non è un problema così moderno" sostiene Giorgio Cesari, ingegnere dell'APAT (Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici) "dalla Roma imperiale al Medioevo fino alla rivoluzione industriale, il progresso ha e aveva uno scotto da pagare: il biossido di zolfo (SO2) derivato dalla combustione di carbone e altri combustibili contenente zolfo".
Già nella prima metà del '900 aumenti della mortalità vengono associati a episodi di inquinamento acuto, ma bisognerà attendere il 1966, almeno in Italia, per avere la prima "legge antismog". Agli inizi degli anni '80 i rapporti ambientali internazionali indicano Milano come una delle città più inquinate del mondo. Per quanto la battaglia per abbattere il biossido di zolfo sia stata vinta sostituendo i combustibili con fonti prive di zolfo, altri elementi inquinanti, nel frattempo, si sono portati all'attenzione degli addetti ai lavori: monossido di carbonio (CO), biossido di azoto (NO2), piombo (Pb), ozono (O3), polveri sottili e particolato atmosferico (PM2,5; PM5; PM10), senza dubbio provenienti dal traffico veicolare. Per questi inquinanti si stabiliscono, negli anni '90, soglie di attenzione e di allarme e obiettivi di qualità per PM10, benzene e idrocarburi policiclici aromatici. Si osserva, quindi, grazie a politiche di rinnovo del parco veicoli e di introduzione di dispositivi catalitici, un andamento in calo di alcuni inquinanti in molte metropoli europee. Fanno eccezione però alcune città dell'Europa centro-orientale, come Roma, Madrid, Siviglia, Bucarest, dove il livello di PM10, tra il 1996 e il 2000 si è mantenuto molto vicino, se non superiore, al limite stabilito per il 2005: 40mcg/m3.

Sul banco degli imputati


I dati epidemiologici puntano il dito, in particolare, su alcuni inquinanti. Lo studio APHEA2 (Air Pollution and Health) per esempio, ha studiato l'andamento del particolato in 29 città europee (incluse Milano, Torino e Roma) tra il 1990 e il 1997 e ha rilevato un aumento dello 0,6% della mortalità per ogni incremento di PM10 di 10mcg/m3. Per lo stesso incremento, sono aumentati i ricoveri non programmati per asma: dell'1,2%, nella fascia di età tra 0 e 14 anni e dell'1,1% nella fascia tra 15 e 65. Si verificava un ulteriore crescita dei casi quando aumentava anche NO2
La tendenza si confermava in 8 città anche nei ricoveri non programmati di pazienti ultrasessantenni per asma e bronchite cronica (+1%) e malattie respiratorie (+0,9%); l'effetto si potenziava se aumentava la concentrazione di ozono.
Una recente metanalisi della situazione italiana (studio MISA) ha riscontrato un'associazione statisticamente significativa tra inquinamento atmosferico e incremento dei decessi naturali e per cause cardiovascolari e respiratorie e dei ricoveri per patologie cardiovascolari e respiratorie. I risultati sono stati verificati per ciascun inquinante considerato: NO2, SO2, CO, PM10, O3; nonostante non sia stato possibile stimare il contributo specifico delle diverse sorgenti di inquinamento, le caratteristiche delle città (Torino, Milano, Verona, Bologna, Firenze Roma, Palermo) e della miscela di sostanze suggeriscono un ruolo preminente del traffico veicolare.

Un caso lombardo

L'equipe di Paolo Crosignani, direttore dell'Unità Operativa Registro Tumori dell'Istituto Nazionale Tumori di Milano, si è invece occupata del benzene. Lo studio ha verificato la correlazione tra la concentrazione di benzene e l'insorgenza di leucemie infantili ed è stato realizzato nella provincia di Varese, perché caratterizzata da una distribuzione differenziata delle aree particolarmente inquinate. Oltre ai 120 casi di leucemie infantili (da 0 a 14 anni) registrate tra il 1979 e il 1997, sono stati inclusi nello studio, come controllo, 488 soggetti sani residenti nelle stesse zone. Per calcolare il livello di esposizione al benzene, per ogni soggetto è stata misurata la distanza da strade a intenso traffico veicolare: i risultati indicano un rischio più che triplicato nei soggetti esposti a una concentrazione maggiore di 10mcg/m3.
L'esposizione al benzene è un inconveniente dell'introduzione della benzina verde (invece di piombo contiene benzene) e della finora parziale diffusione della marmitta catalitica, dispositivo che permette l'abbattimento di questa sostanza.

Politiche in movimento

Le evidenze epidemiologiche depongono, quindi, a favore di un rapporto reale tra inquinamento atmosferico e salute indicando, in particolare, il traffico veicolare come principale fonte di sostanze dannose. I risultati ottenuti in Italia e altrove, per quanto non definitivi, dovranno diventare parte integrante delle politiche ambientali delle aree urbane nel pianificare normative e interventi per controllare e prevenire le emissioni atmosferiche.

Simona Zazzetta



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