Il caso formaldeide

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Il caso formaldeide



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Respirare, maneggiare, toccare sostanze o materiali tossici, nocivi o pericolosi non fa mai bene alla salute, indipendentemente da che cosa potenzialmente provochi l'esposizione a essi. E l'unico provvedimento da prendere sarebbe bandirli da tutti i cicli di produzione onde evitare rischi, per chi nella produzione ci lavora, ma anche per chi entra in contatto con i prodotti per usufruirne. Decisioni del genere, come quelle che sono state prese per l'amianto, devono basarsi su ricerche scientifiche circostanziate che diano prova inconfutabile che quella determinata sostanza aumenti il rischio di danni organici o patologie specifiche. Sperando di non arrivare troppo tardi.

Tutto inizia con l'aumento del rischio


In effetti, per l'amianto ci sono voluti 50 anni per vietarne l'uso e iniziare a smantellarlo e smaltirlo con adeguate misure di sicurezza. Un'altra sostanza, la formaldeide potrebbe seguire lo stesso iter, si spera in tempi più brevi. Nel 2004 l'International Agency for Research on Cancer (IARC), la dichiarò cancerogena per l'uomo, ora i sospetti sono rivolti a un'altra malattia altrettanto grave soprattutto perchè non ha ancora una cura, ma un esito fatale certo: la sclerosi laterale amiotrofica (SLA). L'aumento del rischio è stato rivelato in una popolazione piuttosto ampia, un campione di un milione di persone che avevano partecipato al Cancer Prevention Study II della American Cancer Society, rispondendo a un questionario sull'esposizione a sostanze chimiche. In realtà, gli autori dell'indagine erano più interessati all'esposizione a pesticidi ed erbicidi, sospettati di essere tra le cause della malattia del motoneurone, e loro stessi si sono detti sorpresi trovando solo prove limitate di questa associazione. Negli anni '90 uno studio di popolazione aveva osservato un rischio doppio in soggetti esposti, per professione, alle sostanze chimiche usate in agricoltura. Ancora più sorpresi, quindi, quando hanno riscontrato l'associazione tra SLA ed esposizione alla formaldeide. Il monitoraggio copriva 14 anni, dal 1989 al 2002, periodo in cui erano state registrati 937 decessi provocati dalla SLA: di questi, chi era stato sistematicamente esposto alla formaldeide aveva il 34% in più di probabilità di aver sviluppato la malattia rispetto a chi non aveva avuto contatto regolare con la sostanza. Il rischio relativo, per altro, era dose-dipendente e aumentava con il numero di anni di esposizione: con meno di quattro anni il rischio relativo aumentava a 1,7; tra quattro e 10 anni diventava più che doppio, 2,4; oltre i 10 anni si quadruplicava, 4,3, rispetto a chi non era stato esposto.

Dove si nasconde il pericolo


La formaldeide è prodotta in larga scala in tutto il mondo ed è usata principalmente per produrre resine a loro volta usate come adesivi o leganti per prodotti a base di legno, carta e materiali isolanti. E' ampiamente usata per la produzione di plastiche e rivestimenti, nelle finiture tessili e nella manifattura di sostanze chimiche industriali, e come disinfettante e conservante (formalina) in molte altre applicazioni. Altre fonti, più comuni, sono le emissioni dei veicoli, le assi di truciolato e materiali edili simili, tappeti, pitture e vernici, fumo di tabacco, e disinfettanti a base di formaldeide. Non è un caso che i livelli di contaminazione da formaldeide dell'aria siano più alti negli ambienti chiusi rispetto all'aria aperta. Ma, almeno per ora, l'esposizione più importante a livello epidemiologico resterebbe quella occupazionale, e a maggior rischio sono lavori come farmacologo, chimico, tecnico di laboratorio, dottore, veterinario, infermiere, estetista, vigile del fuoco, stampatore, fotografo. Ma il condizionale è d'obbligo e gli stessi autori lo usano confidando in ulteriori ricerche e accertamenti, considerando questi risultati preliminari ed emersi a margine di ultra ricerca che aveva altri obiettivi. L'ideale sarebbe verificare l'associazione indipendente da altri fattori confondenti. Per questi motivi chiedono cautela nell'interpretazione dei risultati, cautela che forse si rende necessaria anche nei confronti di una sostanza che, visti i sospetti, è bene tenere a debita distanza.

Simona Zazzetta



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