23 luglio 2004
Aggiornamenti e focus
Ripristinare il flusso
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L'aterosclerosi non colpisce solo in alto, coronarie e carotidi, ma può interessare anche la circolazione periferica, vale a dire gli arti, con conseguenze non altrettanto fatali, ma comunque gravi e disabilitanti. Ne consegue un disturbo chiamato arteriopatia obliterante periferica, dovuta proprio al restringimento o all'ostruzione di arterie provocatidalla placca aterosclelorica. La conseguenza è una riduzione del flusso sanguigno.
In genere colpisce gli arti inferiori, a diverse altezze, per cui si possono manifestare difficoltà nel camminare con dolori in seguito a deambulazione e a riposo,intorpidimento e formicolio, sbalzi di temperatura della pelle, ulcere. Nelle forme più gravi si arriva a una vera e propria ischemia critica degli arti inferiori con perdita della funzionalità, tanto che può rendersi necessaria la rivascolarizzazione chirurgica o addirittura l'amputazione.
Esistono fattori riconosciuti come predisponenti, in particolare ildiabete, che a lungo termine può causare danni ai vasi sanguigni degli arti inferiori e dei piedi e quindi favorire i processi aterosclerotici. In ogni caso fumo, ipertensione, obesità, età superiore a 65 anni sono fattori di rischio che devono essere presi in considerazione nello stile di vita per quanto possibile cercare di modificarli.
Il trattamento chirurgico della arteropatia obliterante periferica prevede la "riapertura" del vaso nel punto interessato dalla stenosi (restringimento). Tradizionalmentesi procede con l'angioplastica, una tecnica chirurgica mini-invasiva, tramite cui si posiziona un catetere con un piccolo palloncino gonfiabile all'estremità. Quando il palloncino viene gonfiato si espande contro la parete dell'arteriastenotica riducendo il restringimento fino a ripristinare il flusso sanguigno. Il catetere viene poi sgonfiato e rimosso dall'arteria.
In realtà negli ultimi anni all'angioplastica è stata associata l'applicazione di stent, piccole protesi tubulari che vengono inserite nell'arteria all'altezza della stenosi e lasciate in loco. Si procede esattamente come con l'angioplastica ma insieme al catetere a palloncino viene inserito anche il dispositivo che una volta espanso (o per gonfiamento del palloncino o per auto-espansione) aderisce alla parete interna dell'arteriaimpedendole di richiudersi.
Blocco dietro il ginocchio
Questo tipo di intervento, applicato alle occlusioni periferiche è molto recente. In particolare è in corso uno studio multicentrico europeo che verificherà l'efficacia e la sicurezza del metodo, rispetto alla sola angioplastica, per le occlusioni che interessano il distretto infrapopliteo (arteria dietro il ginocchio). I sei ospedali, tra cui anche quelli di Torino e Brescia, che eseguiranno l'intervento su oltre 120 pazienti, utilizzeranno una tecnologia italiana che impiega un particolare materiale biocompatibile (formato da atomi di carbonio pirolitico) brevettato come Carbofilm, di cui è costituito lo stent. Precedenti studi hanno già dimostrato l'elevata compatibilità del Carbofilm con i componenti del sangue, una riduzione della percentuale di restenosi, cioè di riformazione del processo aterosclerotico, e dell'infiammazione dei tessuti.
Simona Zazzetta
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Gambe a rischio
In genere colpisce gli arti inferiori, a diverse altezze, per cui si possono manifestare difficoltà nel camminare con dolori in seguito a deambulazione e a riposo,intorpidimento e formicolio, sbalzi di temperatura della pelle, ulcere. Nelle forme più gravi si arriva a una vera e propria ischemia critica degli arti inferiori con perdita della funzionalità, tanto che può rendersi necessaria la rivascolarizzazione chirurgica o addirittura l'amputazione.
Esistono fattori riconosciuti come predisponenti, in particolare ildiabete, che a lungo termine può causare danni ai vasi sanguigni degli arti inferiori e dei piedi e quindi favorire i processi aterosclerotici. In ogni caso fumo, ipertensione, obesità, età superiore a 65 anni sono fattori di rischio che devono essere presi in considerazione nello stile di vita per quanto possibile cercare di modificarli.
Chirurgia minima
Il trattamento chirurgico della arteropatia obliterante periferica prevede la "riapertura" del vaso nel punto interessato dalla stenosi (restringimento). Tradizionalmentesi procede con l'angioplastica, una tecnica chirurgica mini-invasiva, tramite cui si posiziona un catetere con un piccolo palloncino gonfiabile all'estremità. Quando il palloncino viene gonfiato si espande contro la parete dell'arteriastenotica riducendo il restringimento fino a ripristinare il flusso sanguigno. Il catetere viene poi sgonfiato e rimosso dall'arteria.
In realtà negli ultimi anni all'angioplastica è stata associata l'applicazione di stent, piccole protesi tubulari che vengono inserite nell'arteria all'altezza della stenosi e lasciate in loco. Si procede esattamente come con l'angioplastica ma insieme al catetere a palloncino viene inserito anche il dispositivo che una volta espanso (o per gonfiamento del palloncino o per auto-espansione) aderisce alla parete interna dell'arteriaimpedendole di richiudersi.
Blocco dietro il ginocchio
Questo tipo di intervento, applicato alle occlusioni periferiche è molto recente. In particolare è in corso uno studio multicentrico europeo che verificherà l'efficacia e la sicurezza del metodo, rispetto alla sola angioplastica, per le occlusioni che interessano il distretto infrapopliteo (arteria dietro il ginocchio). I sei ospedali, tra cui anche quelli di Torino e Brescia, che eseguiranno l'intervento su oltre 120 pazienti, utilizzeranno una tecnologia italiana che impiega un particolare materiale biocompatibile (formato da atomi di carbonio pirolitico) brevettato come Carbofilm, di cui è costituito lo stent. Precedenti studi hanno già dimostrato l'elevata compatibilità del Carbofilm con i componenti del sangue, una riduzione della percentuale di restenosi, cioè di riformazione del processo aterosclerotico, e dell'infiammazione dei tessuti.
Simona Zazzetta
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