24 settembre 2004
Aggiornamenti e focus
Staminali riparatrici
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L'idea di poter guidare la rigenerazione del tessuto cardiaco è ormai uscita dalla fase "fantascientifica". L'ultimo sviluppo è di questione giorni. Si tratta di una ricerca francese condotta sulla cavia. Gli animali erano porcellini d'India portatori di una malattia simile alla cardiomiopatia dilatativa umana, una delle condizioni che portano all'insufficienza cardiaca. I ricercatori hanno prelevato campioni di miocardio dagli stessi animali, cercando e separando poi le cellule staminali del muscolo, i mioblasti. Questi sono stati iniettati nella parete del ventricolo sinistro. A quattro settimane dall'impianto, si è osservato un miglioramento della funzione sistolica, mentre è peggiorata nelle cavie usate come controllo. Se nella sperimentazione umana il risultato fosse confermato, si avrebbe un'alternativa per i pazienti affetti da insufficienza cardiaca che non possono ricorrere al trapianto.
Questo affascinate sviluppo della terapia è giunto all'opinione pubblica, in pratica, nell'estate del 2001, quando in Germania, a Dusseldorf per la precisione, un'equipe cardiologica ha utilizzato cellule staminali per riparare i danni indotti dall'infarto.
In precedenza, Nature aveva pubblicato i dettagli sperimentali di una ricerca americana condotta su topi, da cui è emerso che se in un'area colpita da infarto si trapiantano cellule staminali del midollo osseo, queste ripristinano in breve il 70% del miocardio leso. Questo tipo di cellule è, infatti, in grado di differenziarsi e di rimpiazzare una gran varietà di tessuti danneggiati. I risultati? Buoni se si considera il ripristino di funzionalità del tessuto cardiaco in 12 su 30 casi, il 40% circa. Pur trattandosi di risultati preliminari la ricerca aveva destato molto interesse, perché è stato facile intravedere in tale tecnica la possibilità di riparare o sostituire tessuti danneggiati, evitando interventi chirurgici complessi e superando le problematiche immunologiche, ossia il rigetto, legate ai trapianti d'organo
Si deve ai ricercatori dell'Università di Rostock, invece, il primo trapianto autologo, cioè con cellule dello stesso soggetto, di cellule staminali nel cuore di un paziente, sottoposto a by-pass coronarico, nel tentativo di risanare il tessuto cardiaco. L'intervento è stato condotto su 20 pazienti per valutare l'affidabilità e la sicurezza della procedura. I medici hanno prelevato le cellule pluripotenti a livello dell'anca del paziente e con delle microiniezioni le hanno impiantate nel sito necrotico subito dopo l'applicazione del by-pass. Un intervento soddisfacente ma riservato a pazienti non troppo anziani, candidati al by-pass e le in cui l'area del cuore necrotica sia misurabile ma limitata a 5 cm. Una seconda volta, sempre in Germania, cellule totipotenti dello stesso paziente sono state usate per riparare il tessuto cardiaco danneggiato. E' accaduto a Dusseldorf dove cellule madri del midollo osseo di un paziente di 46 anni sono state capaci di riattivare la funzionalità del cuore danneggiato dall'infarto. L'iniezione delle cellule staminali è avvenuta nelle arterie vicino al cuore, le staminali sono poi passate attraverso il sangue all'area danneggiata riuscendo a ripararla. Dieci settimane dopo la cura, la funzionalità del cuore dell'uomo è significativamente migliorata. Se confermato da altri esperimenti si tratterebbe tra l'altro di un sistema, come osservato da molti esperti, in grado aggirare i problemi etici legati all'uso di cellule embrionali, trattandosi di cellule di un individuo adulto. Già in precedenti ricerche, peraltro, effettuate presso il Technion-Israel Institute of Technology, erano stati fatti crescere precursori di cellule cardiache utilizzando però cellule staminali prelevate da embrioni umani. Le cellule, in opportuni mezzi di coltura, hanno formato minuscoli aggregati noti come corpi embrioidi, identificati come cardiomiociti nella primissima fase del loro sviluppo, per la loro capacità di contrazione spontanea.
La ricerca intanto non si ferma: per esempio si è dimostrato che non solo le cellule embrionali si possano differenziare ma anche quelle più evolute. A questo scopo sono state prese in considerazione cellule muscolari delle zampe di topi giovani. Le cellule sono state poi iniettate in animali di laboratorio nei quali è stato indotto un attacco cardiaco. A distanza di tre e sei settimane il 92% degli animali è apparso in buone condizioni, con una migliorata attività cardiaca e una migliore capacità di esercizio. Altre esperienze si sono basate sulle cellule del midollo osseo per verificarne, sempre su animali da laboratorio, il possibile utilizzo sul cuore infartuato. Anche in questo caso il risultato è stato incoraggiante. Le cellule midollari si sono, infatti, dimostrate adatte a circolare a livello coronarico fino a raggiungere il cuore malato per formare poi cardiomiociti o fibroblasti. Anche le cellule dell'endotelio vascolare, infine, possono differenziarsi in cardiomiociti se iniettate in tessuto postischemico, sempre nel topo. Una tendenza non riscontrata invece tra le cellule staminali neurali, che si differenziano in cellule muscolo-scheletriche, ma in cardiomiociti solo in bassa percentuale. Un ulteriore tassello alla possibilità di effettuare in futuro la sostituzione di cellule a partire dal patrimonio delle staminali di uno stesso soggetto.
Marco Malagutti
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Questo affascinate sviluppo della terapia è giunto all'opinione pubblica, in pratica, nell'estate del 2001, quando in Germania, a Dusseldorf per la precisione, un'equipe cardiologica ha utilizzato cellule staminali per riparare i danni indotti dall'infarto.
In precedenza, Nature aveva pubblicato i dettagli sperimentali di una ricerca americana condotta su topi, da cui è emerso che se in un'area colpita da infarto si trapiantano cellule staminali del midollo osseo, queste ripristinano in breve il 70% del miocardio leso. Questo tipo di cellule è, infatti, in grado di differenziarsi e di rimpiazzare una gran varietà di tessuti danneggiati. I risultati? Buoni se si considera il ripristino di funzionalità del tessuto cardiaco in 12 su 30 casi, il 40% circa. Pur trattandosi di risultati preliminari la ricerca aveva destato molto interesse, perché è stato facile intravedere in tale tecnica la possibilità di riparare o sostituire tessuti danneggiati, evitando interventi chirurgici complessi e superando le problematiche immunologiche, ossia il rigetto, legate ai trapianti d'organo
E l'uomo?
Si deve ai ricercatori dell'Università di Rostock, invece, il primo trapianto autologo, cioè con cellule dello stesso soggetto, di cellule staminali nel cuore di un paziente, sottoposto a by-pass coronarico, nel tentativo di risanare il tessuto cardiaco. L'intervento è stato condotto su 20 pazienti per valutare l'affidabilità e la sicurezza della procedura. I medici hanno prelevato le cellule pluripotenti a livello dell'anca del paziente e con delle microiniezioni le hanno impiantate nel sito necrotico subito dopo l'applicazione del by-pass. Un intervento soddisfacente ma riservato a pazienti non troppo anziani, candidati al by-pass e le in cui l'area del cuore necrotica sia misurabile ma limitata a 5 cm. Una seconda volta, sempre in Germania, cellule totipotenti dello stesso paziente sono state usate per riparare il tessuto cardiaco danneggiato. E' accaduto a Dusseldorf dove cellule madri del midollo osseo di un paziente di 46 anni sono state capaci di riattivare la funzionalità del cuore danneggiato dall'infarto. L'iniezione delle cellule staminali è avvenuta nelle arterie vicino al cuore, le staminali sono poi passate attraverso il sangue all'area danneggiata riuscendo a ripararla. Dieci settimane dopo la cura, la funzionalità del cuore dell'uomo è significativamente migliorata. Se confermato da altri esperimenti si tratterebbe tra l'altro di un sistema, come osservato da molti esperti, in grado aggirare i problemi etici legati all'uso di cellule embrionali, trattandosi di cellule di un individuo adulto. Già in precedenti ricerche, peraltro, effettuate presso il Technion-Israel Institute of Technology, erano stati fatti crescere precursori di cellule cardiache utilizzando però cellule staminali prelevate da embrioni umani. Le cellule, in opportuni mezzi di coltura, hanno formato minuscoli aggregati noti come corpi embrioidi, identificati come cardiomiociti nella primissima fase del loro sviluppo, per la loro capacità di contrazione spontanea.
Le ultime ricerche
La ricerca intanto non si ferma: per esempio si è dimostrato che non solo le cellule embrionali si possano differenziare ma anche quelle più evolute. A questo scopo sono state prese in considerazione cellule muscolari delle zampe di topi giovani. Le cellule sono state poi iniettate in animali di laboratorio nei quali è stato indotto un attacco cardiaco. A distanza di tre e sei settimane il 92% degli animali è apparso in buone condizioni, con una migliorata attività cardiaca e una migliore capacità di esercizio. Altre esperienze si sono basate sulle cellule del midollo osseo per verificarne, sempre su animali da laboratorio, il possibile utilizzo sul cuore infartuato. Anche in questo caso il risultato è stato incoraggiante. Le cellule midollari si sono, infatti, dimostrate adatte a circolare a livello coronarico fino a raggiungere il cuore malato per formare poi cardiomiociti o fibroblasti. Anche le cellule dell'endotelio vascolare, infine, possono differenziarsi in cardiomiociti se iniettate in tessuto postischemico, sempre nel topo. Una tendenza non riscontrata invece tra le cellule staminali neurali, che si differenziano in cellule muscolo-scheletriche, ma in cardiomiociti solo in bassa percentuale. Un ulteriore tassello alla possibilità di effettuare in futuro la sostituzione di cellule a partire dal patrimonio delle staminali di uno stesso soggetto.
Marco Malagutti
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