26 ottobre 2005
Aggiornamenti e focus
Lo smog fa male al bebè
Tags:
"E' incredibile constatare che alcuni veleni sono presenti nel nostro sangue in ogni momento della nostra vita, addirittura nel momento in cui si è più vulnerabili, quando ancora non si è venuti alla luce", così si è espressa recentemente Helen Perivier, responsabile della "campagna inquinamento" di Greenpeace. Parole che risultano ancora più chiare alla luce di alcuni studi recenti. Uno olandese, commissionato da WWF e Greenpeace, ha evidenziato come i bambini siano esposti a sostanze chimiche pericolose già nella pancia della mamma. Veleni che raggiungono il feto poi attraverso il cordone ombelicale. Sulla stessa lunghezza d'onda uno studio statunitense della Columbia University secondo il quale si rischiano danni al DNA del feto se la donna in gravidanza respira aria troppo inquinata. A queste premesse si aggiunge uno studio dell'Università Sao Paulo brasiliana, secondo il quale oltre a danneggiare il feto l'inquinamento riduce drasticamente il numero di maschi nati e potrebbe essere associata a un'aumentata percentuale di aborti.
A parlare sono i numeri: nelle aree più inquinate nascono meno maschi. Un caso? Per verificarlo i ricercatori hanno condotto esperimenti su topi esposti ad alti livelli di inquinamento atmosferico. I risultati sono poi stati presentati nel corso del meeting annuale dell'American Society for Reproductive Medicine svoltosi a Montreal. Una premessa è importante. I feti di sesso femminile tendono a essere più resistenti e meglio "attrezzati" per sopravvivere in condizioni più dure. I feti maschi, infatti, più facilmente soccombono nell'utero o soffrono complicazioni al momento del parto. Il team brasiliano ha esaminato i registri delle nascite tra il gennaio del 2001 e il dicembre del 2003. Nelle zone meno inquinate, dicono i ricercatori, il 51,7% dei neonati erano maschi mentre in quelle più inquinate il numero scendeva al 50,7%. Il passo successivo è stato confrontare la prole dei topi maschi esposti per i primi quattro mesi di vita ad aria filtrata, e quindi ripulita dagli inquinanti, o ad aria non filtrata. Dopo quattro mesi entrambi i gruppi sono stati accoppiati con topi femmina non esposti a inquinamento. Ebbene i maschi vissuti in un ambiente "ripulito" hanno prodotto una prole con un rapporto maschio/femmina di 1,34, per gli altri lo stesso rapporto è stato di 0,86. I test hanno anche rilevato come i topi esposti all'inquinamento atmosferico mostrino anche maggiori problemi relativi alla fertilità. In più una seconda ricerca ha evidenziato come i topi femmina esposti ad aria poco sana tendano ad abortire in modo spontaneo più facilmente. L'ipotesi, già supportata da qualche studio, è che l'inquinamento induca difetti genetici che rendono per il feto difficile la sopravvivenza. Un'altra ipotesi è che sia la placenta a diventare meno ospitale. Non è una novità, ha dichiarato un esperto di riproduzione alla BBC, che la proporzione tra maschi e femmine possa essere condizionata da fattori esterni, come i terremoti ma anche guerre o denutrizione. Sono ancora da spiegare, però, le ragioni biologiche dietro a simili cambiamenti; quello che è certo, se ce ne fosse ancora bisogno, è che l'inquinamento fa male. Ancora prima di nascere.
Marco Malagutti
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Lo studio brasiliano
A parlare sono i numeri: nelle aree più inquinate nascono meno maschi. Un caso? Per verificarlo i ricercatori hanno condotto esperimenti su topi esposti ad alti livelli di inquinamento atmosferico. I risultati sono poi stati presentati nel corso del meeting annuale dell'American Society for Reproductive Medicine svoltosi a Montreal. Una premessa è importante. I feti di sesso femminile tendono a essere più resistenti e meglio "attrezzati" per sopravvivere in condizioni più dure. I feti maschi, infatti, più facilmente soccombono nell'utero o soffrono complicazioni al momento del parto. Il team brasiliano ha esaminato i registri delle nascite tra il gennaio del 2001 e il dicembre del 2003. Nelle zone meno inquinate, dicono i ricercatori, il 51,7% dei neonati erano maschi mentre in quelle più inquinate il numero scendeva al 50,7%. Il passo successivo è stato confrontare la prole dei topi maschi esposti per i primi quattro mesi di vita ad aria filtrata, e quindi ripulita dagli inquinanti, o ad aria non filtrata. Dopo quattro mesi entrambi i gruppi sono stati accoppiati con topi femmina non esposti a inquinamento. Ebbene i maschi vissuti in un ambiente "ripulito" hanno prodotto una prole con un rapporto maschio/femmina di 1,34, per gli altri lo stesso rapporto è stato di 0,86. I test hanno anche rilevato come i topi esposti all'inquinamento atmosferico mostrino anche maggiori problemi relativi alla fertilità. In più una seconda ricerca ha evidenziato come i topi femmina esposti ad aria poco sana tendano ad abortire in modo spontaneo più facilmente. L'ipotesi, già supportata da qualche studio, è che l'inquinamento induca difetti genetici che rendono per il feto difficile la sopravvivenza. Un'altra ipotesi è che sia la placenta a diventare meno ospitale. Non è una novità, ha dichiarato un esperto di riproduzione alla BBC, che la proporzione tra maschi e femmine possa essere condizionata da fattori esterni, come i terremoti ma anche guerre o denutrizione. Sono ancora da spiegare, però, le ragioni biologiche dietro a simili cambiamenti; quello che è certo, se ce ne fosse ancora bisogno, è che l'inquinamento fa male. Ancora prima di nascere.
Marco Malagutti
Salute oggi:
- Notizie e aggiornamenti
- Libri e pubblicazioni
- Dalle aziende
- Appunti di salute
- Nutrire la salute
- Aperi-libri
- Allenati con noi
...e inoltre su Dica33: