15 aprile 2005
Aggiornamenti e focus
Vulnerabili e da proteggere
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Per motivi biologici i bambini sono più sensibili degli adulti ai rischi ambientali: su scala mondiale i due terzi di tutte le malattie prevenibili aventi cause ambientali colpiscono i bambini. Due le ragioni principali. Per cominciare tutti i processi di assorbimento e di metabolismo sono accelerati nell'infanzia, mentre la vulnerabilità dei tessuti all'esposizione a varie sostanze presenti nell'ambiente è molto più accentuata che non negli adulti. Inoltre i bambini sono più esposti alle sostanze inquinanti presenti nell'ambiente, un rischio che inizia ancor prima di nascere, visto che assorbono sostanze nocive già nella fase di gestazione e quindi attraverso l'allattamento al seno. In più non va sottovalutato che i bambini respirano più aria degli adulti e l'aria che respirano è di peggiore qualità in quanto più vicina al suolo e, quindi, più ricca delle polveri fini residuate dalla combustione dei carburanti. In questo senso i numeri recentemente presentati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità sono più che mai indicativi. Un bambino su tre in Europa, muore a causa dell'inquinamento ambientale. I bambini al di sotto di cinque anni rappresentano soltanto il 10% della popolazione mondiale, ma il loro tasso di mortalità è del 40%. A confermare questa tendenza arriva uno studio statunitense, pubblicato sulla rivista PloS Medicine, secondo il quale i bambini americani hanno più probabilità di andare incontro a problemi di salute a causa delle sostanze chimiche ambientali.
Il problema comincia dalle mamme, sottolinea lo studio. Succede, infatti, che le donne esposte alle sostanze chimiche disperse nell'ambiente le trasferiscono ai loro bambini attraverso la placenta o, successivamente, attraverso il latte materno. Gli stessi bambini poi, tanto per gradire, trascorrono i primi anni di vita respirando le polveri domestiche o del suolo e mangiando cibi spesso addizionati di ogni ben di Dio rigorosamente chimico. Ma chi si è mai preoccupato di testare la sicurezza di queste sostanze per il nascituro o per i più piccoli? La risposta che danno i ricercatori statunitensi è negativa. Esistono cioè generiche indicazioni di pericolo di ritardo mentale, mancato sviluppo intellettuale o problemi comportamentali (la ben nota Adhd, in pratica) per esposizione a tossine ambientali. Generiche ma preoccupanti. Ecco perché urge - dicono i ricercatori - che le sostanze chimiche ambientali siano sottoposte a test di neurotossicità per lo sviluppo. Test cioè nei quali si fa ricorso a esperimenti sugli animali per avere informazioni su quel che accade nel sistema nervoso fetale e neonatale quando è esposto a sostanze chimiche. Test peraltro - come puntualizzano i ricercatori - non disponibili per il 75% delle 3000 sostanze chimiche più prodotte. I produttori non hanno, per di più, alcun obbligo legale di provare che le sostanze messe in circolazione non siano tossiche prima di venderle. Nonostante un accordo raggiunto tra EPA (L'agenzia per l'ambiente statunitense) e American Chemistry Council i test di tossicità base sono un'opzione volontaria. Più zelante da questo punto di vista l'Europa, dove esiste il cosiddetto REACH program, che obbliga i produttori, europei e non, a sottoporre a test di tossicità le 30000 sostanze chimiche presenti sul mercato. Finché, chiude amaramente lo studio, non si adotteranno sistemi di screening veramente efficaci, non si potranno proteggere donne in gravidanza e bambini. "Ed è inaccettabile - ha dichiarato il direttore generale dell'Oms - che siano le persone più vulnerabili della nostra società che pagano con la loro salute la mancanza di protezione contro questi rischi".
Marco Malagutti
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I test sono necessari
Il problema comincia dalle mamme, sottolinea lo studio. Succede, infatti, che le donne esposte alle sostanze chimiche disperse nell'ambiente le trasferiscono ai loro bambini attraverso la placenta o, successivamente, attraverso il latte materno. Gli stessi bambini poi, tanto per gradire, trascorrono i primi anni di vita respirando le polveri domestiche o del suolo e mangiando cibi spesso addizionati di ogni ben di Dio rigorosamente chimico. Ma chi si è mai preoccupato di testare la sicurezza di queste sostanze per il nascituro o per i più piccoli? La risposta che danno i ricercatori statunitensi è negativa. Esistono cioè generiche indicazioni di pericolo di ritardo mentale, mancato sviluppo intellettuale o problemi comportamentali (la ben nota Adhd, in pratica) per esposizione a tossine ambientali. Generiche ma preoccupanti. Ecco perché urge - dicono i ricercatori - che le sostanze chimiche ambientali siano sottoposte a test di neurotossicità per lo sviluppo. Test cioè nei quali si fa ricorso a esperimenti sugli animali per avere informazioni su quel che accade nel sistema nervoso fetale e neonatale quando è esposto a sostanze chimiche. Test peraltro - come puntualizzano i ricercatori - non disponibili per il 75% delle 3000 sostanze chimiche più prodotte. I produttori non hanno, per di più, alcun obbligo legale di provare che le sostanze messe in circolazione non siano tossiche prima di venderle. Nonostante un accordo raggiunto tra EPA (L'agenzia per l'ambiente statunitense) e American Chemistry Council i test di tossicità base sono un'opzione volontaria. Più zelante da questo punto di vista l'Europa, dove esiste il cosiddetto REACH program, che obbliga i produttori, europei e non, a sottoporre a test di tossicità le 30000 sostanze chimiche presenti sul mercato. Finché, chiude amaramente lo studio, non si adotteranno sistemi di screening veramente efficaci, non si potranno proteggere donne in gravidanza e bambini. "Ed è inaccettabile - ha dichiarato il direttore generale dell'Oms - che siano le persone più vulnerabili della nostra società che pagano con la loro salute la mancanza di protezione contro questi rischi".
Marco Malagutti
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