20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus
Padelle che inquinano
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La notizia è di quelle che allarmano. Le padelle di teflon possono essere pericolose per la salute. A sostenerlo un'autorità in materia, l'Agenzia per la protezione ambientale statunitense (Epa), che ha chiesto alle aziende di eliminare il Teflon entro il 2015. O meglio la sostanza realmente pericolosa si chiama acido perfluoroctanoico (Pfoa), utilizzata nella fabbricazione di utensili da cucina antiaderenti e di materiali come il Teflon, appunto. L'obiettivo è di ridurne del 95% emissioni e livelli entro il 2010, e di procedere alla loro eliminazione entro il 2015. Ma possibile che non ci si sia accorti prima di questi rischi? E quali sono effettivamente?
Per cominciare non si tratta di una novità assoluta. Già lo scorso anno le cronache parlavano di un rimborso da 85 milioni di dollari che la Dupont, la principale compagnia produttrice e la prima a mettere in commercio il Teflon nel 1946, ha accettato di pagare ad abitanti dell'Ohio e della West Virginia che le avevano fatto causa, perché residui di Pfoa erano stati trovati nell'approvvigionamento idrico di un impianto della West Virginia. La sostanza, del resto, non si trova solo nelle pentole, ma anche nei tessuti da abbigliamento e da arredamento, oltre che come componente di farmaci, schiume antincendio, lubrificanti, adesivi, cosmetici, insetticidi, rivestimenti per tappeti e mobilio. Si può ben capire, perciò, che la sostanza, come molte altre sostanze chimiche di sintesi, si ritrova nel sangue di ciascuno e, una volta entrata nell'organismo, richiede parecchio tempo prima di essere eliminata. Peraltro il suo ruolo nocivo è ancora in discussione e la stessa Epa ha detto che continuerà a studiare l'impatto della sostanza sulla salute dell'uomo. Sono gli studi animali, infatti, ad aver evidenziato che livelli elevati di esposizione alla sostanza causano nei topi danni al fegato e all'apparato riproduttivo. Nel frattempo, ridurre al minimo i residui del composto è la cosa giusta da fare per il nostro ambiente e la salute, spiegano all'Epa. L'idea è che visti i 10 anni necessari a smaltire la sostanza, non accumularne più potrebbe evitare ogni rischio successivo.
La stessa Dupont ha aderito al piano di smaltimento. Non ha mancato di sottolineare, peraltro, che i suoi studi e quelli di ricercatori indipendenti mostrano come le pentole e altri prodotti fatti coi suoi materiali sono sicuri. E gli esperti italiani? Per ora non si sbilanciano. Luigi Ambrosio dell'Istituto dei Materiali Compositi e Biomedici del CNR ha dichiarato di voler attendere di esaminare il modo in cui sono stati condotti gli studi che hanno determinato la decisione dell'Agenzia americana. L'ipotesi è che la sostanza, in sé tossica, possa essere innocua dopo il processo che porta alla produzione del materiale antiaderente noto come teflon. Detto questo, precisa l'esperto, meglio non graffiare le padelle e, nel caso fossero danneggiate, sostituirle. Molto più nette, come era logico aspettarsi, le posizioni ambientaliste. Il WWF, impegnato da tempo nella campagna Detox/Svelenati, approva la decisione dell'EPA. Non solo: l'occasione è ghiotta per mettere in guardia dai rischi europei. Oggi, infatti, in teoria tutte le nuove sostanze chimiche devono essere sottoposte a test rigorosi prima di essere commercializzate in Europa. Ma il PFOA è una delle circa 100 mila sostanze che hanno evitato questo test, perché inventate prima del 1981. E' perciò quanto mai urgente adottare una normativa che regoli la presenza delle sostanze chimiche in prodotti di uso quotidiano. Si torna così a parlare, e Greenpeace è sulla stessa lunghezza d'onda, dell'accordo Reach (Registrazione, Valutazione e Autorizzazione delle Sostanze chimiche) attualmente in discussione, che imporrebbe ai produttori e agli importatori di comunicare informazioni certe sulle circa 30 mila sostanze chimiche che circolano ogni anno in Europa, e sulla sostituzione di agenti chimici nocivi con alternative più sicure. E questo sarebbe già un bel passo avanti.
Marco Malagutti
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
I fatti
Per cominciare non si tratta di una novità assoluta. Già lo scorso anno le cronache parlavano di un rimborso da 85 milioni di dollari che la Dupont, la principale compagnia produttrice e la prima a mettere in commercio il Teflon nel 1946, ha accettato di pagare ad abitanti dell'Ohio e della West Virginia che le avevano fatto causa, perché residui di Pfoa erano stati trovati nell'approvvigionamento idrico di un impianto della West Virginia. La sostanza, del resto, non si trova solo nelle pentole, ma anche nei tessuti da abbigliamento e da arredamento, oltre che come componente di farmaci, schiume antincendio, lubrificanti, adesivi, cosmetici, insetticidi, rivestimenti per tappeti e mobilio. Si può ben capire, perciò, che la sostanza, come molte altre sostanze chimiche di sintesi, si ritrova nel sangue di ciascuno e, una volta entrata nell'organismo, richiede parecchio tempo prima di essere eliminata. Peraltro il suo ruolo nocivo è ancora in discussione e la stessa Epa ha detto che continuerà a studiare l'impatto della sostanza sulla salute dell'uomo. Sono gli studi animali, infatti, ad aver evidenziato che livelli elevati di esposizione alla sostanza causano nei topi danni al fegato e all'apparato riproduttivo. Nel frattempo, ridurre al minimo i residui del composto è la cosa giusta da fare per il nostro ambiente e la salute, spiegano all'Epa. L'idea è che visti i 10 anni necessari a smaltire la sostanza, non accumularne più potrebbe evitare ogni rischio successivo.
Le reazioni
La stessa Dupont ha aderito al piano di smaltimento. Non ha mancato di sottolineare, peraltro, che i suoi studi e quelli di ricercatori indipendenti mostrano come le pentole e altri prodotti fatti coi suoi materiali sono sicuri. E gli esperti italiani? Per ora non si sbilanciano. Luigi Ambrosio dell'Istituto dei Materiali Compositi e Biomedici del CNR ha dichiarato di voler attendere di esaminare il modo in cui sono stati condotti gli studi che hanno determinato la decisione dell'Agenzia americana. L'ipotesi è che la sostanza, in sé tossica, possa essere innocua dopo il processo che porta alla produzione del materiale antiaderente noto come teflon. Detto questo, precisa l'esperto, meglio non graffiare le padelle e, nel caso fossero danneggiate, sostituirle. Molto più nette, come era logico aspettarsi, le posizioni ambientaliste. Il WWF, impegnato da tempo nella campagna Detox/Svelenati, approva la decisione dell'EPA. Non solo: l'occasione è ghiotta per mettere in guardia dai rischi europei. Oggi, infatti, in teoria tutte le nuove sostanze chimiche devono essere sottoposte a test rigorosi prima di essere commercializzate in Europa. Ma il PFOA è una delle circa 100 mila sostanze che hanno evitato questo test, perché inventate prima del 1981. E' perciò quanto mai urgente adottare una normativa che regoli la presenza delle sostanze chimiche in prodotti di uso quotidiano. Si torna così a parlare, e Greenpeace è sulla stessa lunghezza d'onda, dell'accordo Reach (Registrazione, Valutazione e Autorizzazione delle Sostanze chimiche) attualmente in discussione, che imporrebbe ai produttori e agli importatori di comunicare informazioni certe sulle circa 30 mila sostanze chimiche che circolano ogni anno in Europa, e sulla sostituzione di agenti chimici nocivi con alternative più sicure. E questo sarebbe già un bel passo avanti.
Marco Malagutti
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