20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus
Il diesel pesa sul cuore
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Sempre più persone quando acquistano un'auto si orientano su un diesel, soprattutto per ragioni economiche, ma in molti casi anche pensando di contribuire meno all'emissione di gas serra che surriscaldano il pianeta. Paradossalmente invece questo motore è a sua volta inquinante e con pesanti accuse di nocività per la salute: l'ultimo capo d'accusa riguarda rischi di tipo cardiovascolare dovuti anche questa volta al particolato, le famigerate PM già imputate per una serie di effetti nocivi. Se con i diesel rispetto alla benzina diminuiscono le emissioni di CO2 e CO, aumentano quelle degli ossidi d'azoto (NOx, anch'essi gas serra) e delle particelle esauste, PM10 e PM5 ma anche di diametro fino a 2,5, le più temibili perché arrivano fino negli alveoli polmonari e nei vasi, con effetti anche per il cuore. Questo mentre l'Unione Europea aveva fissato soglie massime annuali per il particolato di 40 microgrammi per metro cubo o il superamento della soglia non oltre i 35 giorni entro il 2005, (spesso ampiamente oltrepassata), e di 20 mcg/m3 entro il 2010.
In uno studio pubblicato sul New England viene ora evidenziato che esposizioni di breve durata a emissioni diesel come quelle che può arrivare a inalare chi guida in un traffico molto intenso, hanno effetti cardiovascolari negativi in persone con patologia coronarica. L'inquinamento è stato associato a un aumento di morbilità e mortalità cardiaca, sul breve e sul lungo periodo, con decessi dovuti a ischemia, aritmia e insufficienza cardiaca, con una connessione più marcata per il particolato fine. In modelli preclinici le particelle esauste accelerano lo sviluppo della placca aterosclerotica e l'aggregazione piastrinica, in ricerche epidemiologiche mostrano di peggiorare i sintomi dell'angina e l'ischemia miocardica da esercizio e scatenare l'infarto (IMA); gli stessi autori del nuovo studio hanno indicato precedentemente per l'esausto del diesel peggioramenti della funzionalità vascolare e fibrinolitica, oltre a infiammazione polmonare e deplezione delle difese antiossidanti delle vie respiratorie. Nel trial, in doppio cieco e randomizzato, sono coinvolti venti uomini di mezza età con precedente IMA, senza sintomi di angina o di aritmia grave, esposti in due diverse sedute a emissione diesel diluita (300 mcg/m cubo) o aria filtrata, per un'ora, durante la quale si alternavano periodi di esercizi al cicloergometro e di riposo. Questi i risultati. La frequenza cardiaca sotto sforzo è aumentata in entrambi i casi, mentre differenze non significative sono state riscontrate anche per frequenza cardiaca a riposo, pressione arteriosa ed emoafflusso. Con il diesel maggiore si è avuto un incremento dell'ischemia e cioè ipoossigenazione cardiaca, e inibizione della capacità fibrinolitica endogena.
La conclusione è che esisterebbero due diversi effetti dannosi per il cuore e potenzialmente sinergici, uno ischemico e uno trombotico, che potrebbero in parte spiegare il dato degli eventi cardiovascolari più frequenti dopo inalazione degli aeroinquinanti da traffico. L'effetto sulla capacità fibrinolitica è ritardato e non può spiegare quello ischemico che è immediato, mentre potrebbe dare ragione dell'osservazione di altri autori di un secondo picco d'incidenza di IMA da cinque a sei ore dopo l'esposizione all'inquinamento veicolare, e di altre ricerche che hanno indicato l'azione trombotica dell'esausto del diesel. I meccanismi restano da chiarire, anche se per il danno ischemico si ipotizza il ruolo dello stress ossidativo e della disfunzione microvascolare nei vasi miocardici. In base ai risultati non era possibile escludere il ruolo nocivo per il cuore di componenti non particolate (l'esausto è una miscela di particelle e gas), ma da un lato gli studi epidemiologici indicano il particolato come responsabile della maggior parte degli effetti dannosi dell'aeroinquinamento, dall'altro ci sono evidenze specifiche della sua cardiolesività e non di quella dei gas sul lungo periodo, con possibilità per quello più fine di arrivare al circolo e ai vasi. L'elenco delle accuse perciò si allunga e sarebbe bene tenerne conto a livello di regolamentazioni.
Elettra Vecchia
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Basta una breve esposizione
In uno studio pubblicato sul New England viene ora evidenziato che esposizioni di breve durata a emissioni diesel come quelle che può arrivare a inalare chi guida in un traffico molto intenso, hanno effetti cardiovascolari negativi in persone con patologia coronarica. L'inquinamento è stato associato a un aumento di morbilità e mortalità cardiaca, sul breve e sul lungo periodo, con decessi dovuti a ischemia, aritmia e insufficienza cardiaca, con una connessione più marcata per il particolato fine. In modelli preclinici le particelle esauste accelerano lo sviluppo della placca aterosclerotica e l'aggregazione piastrinica, in ricerche epidemiologiche mostrano di peggiorare i sintomi dell'angina e l'ischemia miocardica da esercizio e scatenare l'infarto (IMA); gli stessi autori del nuovo studio hanno indicato precedentemente per l'esausto del diesel peggioramenti della funzionalità vascolare e fibrinolitica, oltre a infiammazione polmonare e deplezione delle difese antiossidanti delle vie respiratorie. Nel trial, in doppio cieco e randomizzato, sono coinvolti venti uomini di mezza età con precedente IMA, senza sintomi di angina o di aritmia grave, esposti in due diverse sedute a emissione diesel diluita (300 mcg/m cubo) o aria filtrata, per un'ora, durante la quale si alternavano periodi di esercizi al cicloergometro e di riposo. Questi i risultati. La frequenza cardiaca sotto sforzo è aumentata in entrambi i casi, mentre differenze non significative sono state riscontrate anche per frequenza cardiaca a riposo, pressione arteriosa ed emoafflusso. Con il diesel maggiore si è avuto un incremento dell'ischemia e cioè ipoossigenazione cardiaca, e inibizione della capacità fibrinolitica endogena.
Effetti ischemici e trombotici
La conclusione è che esisterebbero due diversi effetti dannosi per il cuore e potenzialmente sinergici, uno ischemico e uno trombotico, che potrebbero in parte spiegare il dato degli eventi cardiovascolari più frequenti dopo inalazione degli aeroinquinanti da traffico. L'effetto sulla capacità fibrinolitica è ritardato e non può spiegare quello ischemico che è immediato, mentre potrebbe dare ragione dell'osservazione di altri autori di un secondo picco d'incidenza di IMA da cinque a sei ore dopo l'esposizione all'inquinamento veicolare, e di altre ricerche che hanno indicato l'azione trombotica dell'esausto del diesel. I meccanismi restano da chiarire, anche se per il danno ischemico si ipotizza il ruolo dello stress ossidativo e della disfunzione microvascolare nei vasi miocardici. In base ai risultati non era possibile escludere il ruolo nocivo per il cuore di componenti non particolate (l'esausto è una miscela di particelle e gas), ma da un lato gli studi epidemiologici indicano il particolato come responsabile della maggior parte degli effetti dannosi dell'aeroinquinamento, dall'altro ci sono evidenze specifiche della sua cardiolesività e non di quella dei gas sul lungo periodo, con possibilità per quello più fine di arrivare al circolo e ai vasi. L'elenco delle accuse perciò si allunga e sarebbe bene tenerne conto a livello di regolamentazioni.
Elettra Vecchia
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