Inquinanti dal passato

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Inquinanti dal passato



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Da tempo l'attenzione all'inquinamento atmosferico è entrata nelle abitazioni (inquinamento indoor), riscontrando numerose fonti di sostanze dannose per la salute umana. Di alcuni, purtroppo, se ne parla solo da poco tempo, anche se i danni che hanno provocato potrebbero continuare a manifestarsi nel tempo, di altri non se ne parla ancora, ma saltuariamente vengono fatte segnalazioni che dovrebbero indurre ad aumentare l'aqttenzione.

Formule bandite


Una di queste, pubblicata su una rivista scientifica specializzata in salute e ambiente (Environmental Health), ha riportato la possibilità di una forma di inquinamento indoor passata inosservata per moltissimi anni e di cui ancora non si conosce molto. Quello che invece si conosce molto bene sono gli effetti degli inquinanti in questione: i policlorobifenili (PCB). Sono stati dimostrati neurotossicità nello sviluppo umano, tossicità per la tiroide, effetti su sistema endocrino, immunitario e riproduttivo, associazione a deficit cognitivi nei bambini per elevate concentrazioni in fase prenatale. Sono sostanze persistenti nel sangue umano e nel latte materno e sono caratterizzate dalla capacità di bioaccumularsi e quindi di entrare nella catena alimentare con carni, pesci e latticini. Furono prodotti per la prima volta dalla Monsanto, che ne mantenne l'esclusiva per gli Stati Uniti, fino al 1977, quando gli stessi ne abbandonarono definitivamente la produzione e commercializzazione, in seguito al divieto disposto per legge nel 1976. I PCB sono stati esclusi dalla produzione industriale di materiali elettrici (trasformatori) e tubi al neon, ma possono ancora essere in circolazione materiali prodotti prima del 1977 come plastificanti, vernici, inchiostri, isolanti del calore, sigillanti eccetera che potrebbero contenerli. E, di conseguenza, anche nelle case in cui i materiali sono stati utilizzati.

Sostanze persistenti


Il fatto non è senza conseguenze sull'ambiente: un'indagine condotta nel Massachusetts, ha portato alla luce un inquinamento indoor da PCB in almeno il 76% delle 120 case testate nel 2003, in particolare in due che sono state testate nuovamente per verificare la veridicità dei risultati. Tra il 2004 e il 2005 sono stati presi nuovi campioni di aria e di polvere e i residenti sono stati intervistati sui materiali presenti nell'abitazione impiegati per la costruzione ma anche per gli hobbies, per lavoro e per illuminare. I valori rilevati rimanevano comunque alti, sia nell'aria sia nella polvere, a livelli superiori a quelli indicati dalle linee guida per la salute dell'Environmental Protection Agency. Ai residenti è stato chiesto di sottoporsi a esame del sangue e anche in questo caso la concentrazione era più alta rispetto a quelle riportate dal terzo National Report on Human Exposure to Environmental Chemicals del Centers for Disease Control and Prevention e di altre indagini che danno un riferimento medio per questi valori. Dalle interviste è emerso un dato interessante: in una delle due abitazioni era stato fatto uso di una cera per pavimenti dell'azienda Fabulon per trattare il parquet, per tutti gli anni '50 e '60. Incrociando i dati con una ricerca sulla tossicologia dei prodotti commerciali chimici i ricercatori hanno scoperto che la formula del prodotto usato conteneva diversi tipi di PCB e che fino al 1969 l'azienda non aveva l'obbligo di indicarlo. E, vista la corrispondenza tra inquinamento da PCB indoor e l'elevata concentrazione nel sangue proprio dello stesso composto presente nel prodotto usato in passato per il trattamento del pavimento, gli autori escludono che la dieta possa essere una fonte di contaminazione. Chiaramente si tratta di osservazioni fatte su episodi isolati in un case-study, appunto, ma lascia presagire che altre persone possano essere esposte a residui di PCB presenti nelle loro abitazioni. La presenza di PCB in materiali in uso in quegli anni, ma tuttora incorporati in abitazioni ed edifici pubblici, non è stata sufficientemente valutata e indagata, ragion per cui anche i rischi collegati all'esposizione potrebbero non aver ricevuto la giusta attenzione, considerati i potenziali danni per la salute.

Simona Zazzetta



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