Piombo infantile, violenza adulta

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Piombo infantile, violenza adulta



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Tra tutte le contaminazioni chimiche ambientali quella da piombo è paradigmatica, presente fino ai tempi degli antichi romani che usavano il metallo per le tubature. L'intossicazione acuta è ben nota e così quella cronica detta saturnismo, legate soprattutto a esposizioni professionali, ma in situazioni in cui si superano certi livelli non si possono escludere rischi anche nella popolazione generale, soprattutto per i bambini: per i CDC statunitensi la soglia da individuare con lo screening per la prevenzione pediatrica è pari a 10 microgrammi/dl di sangue. Un valore che in realtà non può essere interpretato come limite di assoluta neutralità. Ora due studi pubblicati su PLoS Medicine rincarano la dose, mostrando evidenze più inquietanti di quelle, già numerose, emerse in decenni di ricerche. Da un lato l'esposizione prenatale e infantile al piombo si associa a una maggiore probabilità di comportamenti criminali e antisociali in età giovane-adulta, dall'altro la stessa esposizione si lega a una riduzione di volume della materia grigia cerebrale nelle aree esecutivo-decisionali e della regolazione dell'umore. Tendenze evidenziabili già a livelli inferiori alla soglia: questo amplia il possibile contesto di sanità pubblica.

Ridotto volume di materia grigia


Il metallo è tossico e quando ingerito o inalato danneggia il sistema nervoso, oltre ad altri organi. Nell'ambiente lo si ritrova per l'ampio uso fatto in passato per le tubature e le vernici, per l'utilizzo in saldature, smaltature, batterie per auto, lattine, vari prodotti chimici; era presente come piombo tetraetile anche nella benzina messa al bando in Italia all'inizio del 2000 e negli USA nel 1996 (le vernici fin dal 1978). Numerosi dati sperimentali hanno dimostrato in modo inequivocabile nell'animale che il piombo causa alterazioni neurologiche, più controverso è se le associazioni riscontrate nell'uomo e in particolare nel bambino riflettano un suo effetto causale oppure secondario (un epifenomeno). Comunque, in bambini con intossicazione da piombo si sono riportati cambiamenti neuropatologici (deficit cognitivi, di funzione esecutiva, di comportamento sociale, di abilità motoria), così come in adulti esposti professionalmente si sono evidenziate degenerazioni cerebrali.
I due nuovi lavori sono stati condotti nell'ambito del Cincinnati Lead Study, studio di lungo periodo che ha arruolato a inizio anni Ottanta donne in gravidanza analizzando poi i loro figli (376). Questi ultimi, giunti all'età di 19-24 anni, nella prima ricerca sono stati studiati con indagini strumentali sulla morfometria cerebrale cercando eventuali relazioni con l'esposizione infantile al piombo, accertata dai livelli ematici già prima della nascita. Ebbene si è osservata una significativa diminuzione, dose-dipendente, con il volume della materia grigia cerebrale, specie nelle zone di corteccia frontale deputate alle funzioni superiori (decisionali, regolatorie dell'umore) e in modo più pronunciato nei maschi che nelle femmine. Dal piombo si potrebbe quindi arrivare ad alterazioni cerebrali persistenti a distanza.

Effetti sotto la soglia di sicurezza


Più esplicativo il secondo studio, che ha coinvolto 250 di quei giovani di 19-24 anni, per valutare gli effetti di tipo psicologico-comportamentale ricollegati al piombo in altre ricerche: si sono monitorati gli arresti per violenze, oltraggi, furti, disordini di condotta e così via. Si è così verificata un'associazione, moderata ma significativa, tra il tasso di arresti per comportamenti violenti e ogni incremento di 5 mcg/dl di piombo per esposizione prenatale-infantile. Questo è il primo studio prospettico che mostra una relazione tra contaminazione da piombo e comportamenti criminali da adulti, prima si era evidenziata per esempio per deficit di attenzione e iperattività o per abuso di sostanze. Gli autori fanno notare che in Ohio, dove i due studi sono stati condotti, i bambini inferiori a sei anni con livelli ematici di piombo maggiori di 10 mcg/dl erano il 16,5% nel 1997, ma solo il 2,3% nel 2006. Se questa è una vittoria, la nuova evidenza che effetti avversi si possano verificare anche a valori inferiori ai 10 mcg/dl di sicurezza potrebbe riportare invece la questione a dimensioni di sanità pubblica.

Elettra Vecchia



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