Ossigeno Sol 200 bar gas medicinale compresso bombola in alluminioc/valvola riduttrice integrata da 2 litri

18 dicembre 2024
Farmaci - Ossigeno Sol

Ossigeno Sol 200 bar gas medicinale compresso bombola in alluminioc/valvola riduttrice integrata da 2 litri


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Ossigeno Sol 200 bar gas medicinale compresso bombola in alluminioc/valvola riduttrice integrata da 2 litri è un medicinale soggetto a prescrizione medica (classe C), a base di ossigeno, appartenente al gruppo terapeutico Gas medicinali. E' commercializzato in Italia da SOL S.p.A.


INDICE SCHEDA



INFORMAZIONI GENERALI


TITOLARE:

SOL S.p.A.

MARCHIO

Ossigeno Sol

CONFEZIONE

200 bar gas medicinale compresso bombola in alluminioc/valvola riduttrice integrata da 2 litri

FORMA FARMACEUTICA
gas

PRINCIPIO ATTIVO
ossigeno

GRUPPO TERAPEUTICO
Gas medicinali

CLASSE
C

RICETTA
medicinale soggetto a prescrizione medica

PREZZO
DISCR.


CONFEZIONI DISPONIBILI IN COMMERCIO


Confezioni e formulazioni di Ossigeno Sol disponibili in commercio:


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INDICAZIONI TERAPEUTICHE


A cosa serve Ossigeno Sol? Perchè si usa?


  • Trattamento dell'insufficienza respiratoria acuta e cronica.
  • Trattamento in anestesia, in terapia intensiva, in camera iperbarica.


CONTROINDICAZIONI


Quando non dev'essere usato Ossigeno Sol?


Ossigenoterapia normobarica:

Non esistono controindicazioni assolute.

Ossigenoterapia iperbarica:
  • enfisema bolloso
  • asma evolutiva
  • pneumotorace, anamnesi pregressa di pneumotorace
  • uno pneumotorace non trattato, incluso lo pneumotorace trattato in maniera limitativa (senza drenaggio toracico)
  • Bronco pneumopatia cronica ostruttiva (BPCO)
  • polmonite da Pneumocystis carinii
  • stato di male epilettico
  • gravidanza normoevolvente (primo trimestre) per patologie non acute
  • infezioni delle alte vie respiratorie
  • ipertermia
  • sferocitosi ereditaria
  • neurite del nervo ottico
  • tumori maligni
  • acidosi
  • somministrazione concomitante di alcuni farmaci quali doxorubicina, adriamicina, bleomicina, daunorubicina, cisplatino, steroidi, disulfiram, e di sostanze quali alcool, idrocarburi aromatici, nicotina
  • infanti prematuri


AVVERTENZE E PRECAUZIONI D'USO


Cosa serve sapere prima di prendere Ossigeno Sol?


L'ossigeno deve essere somministrato con cautela, con aggiustamenti in funzione delle esigenze del singolo paziente. Deve essere somministrata la dose più bassa che permette di mantenere la pressione a 8 kPa (60 mmHg).

Concentrazioni più elevate devono essere somministrate per il periodo più breve possibile, monitorando frequentemente i valori dell'emogasanalisi.

L'ossigeno può essere somministrato in sicurezza alle seguenti concentrazioni e per i seguenti periodi di tempo:

Fino a 100%: meno di 6 ore

60-70%: 24 ore

40-50%: nel corso del secondo periodo di 24 ore.

L'ossigeno è potenzialmente tossico dopo due giorni a concentrazioni superiori al 40%.

Concentrazioni basse di ossigeno devono essere usate per pazienti con insufficienza respiratoria in cui lo stimolo per la respirazione è rappresentato dall'ipossia. In questi casi è necessario monitorare attentamente il trattamento, misurando la tensione arteriosa di ossigeno (PaO2), o tramite pulsossimetria (saturazione arteriosa di ossigeno – SpO2) e valutazioni cliniche.

La somministrazione di ossigeno a pazienti affetti da insufficienza respiratoria indotta da farmaci (oppioidi, barbiturici) o da bronco pneumopatie croniche ostruttive (BPCO) potrebbe aggravare ulteriormente l'insufficienza respiratoria a causa dell'ipercapnia costituita dall'elevata concentrazione nel sangue di anidride carbonica, che annulla gli effetti sui recettori.

Le concentrazioni elevate di ossigeno nell'aria o nel gas inalato determinano la caduta della concentrazione e della pressione di azoto. Questo riduce anche la concentrazione di azoto nei tessuti e nei polmoni (alveoli). Se l'ossigeno viene assorbito nel sangue attraverso gli alveoli più velocemente di quanto venga fornito attraverso la ventilazione, gli alveoli possono collassare (atelectasia). Questo può ostacolare l'ossigenazione del sangue arterioso, perché non avvengono scambi gassosi nonostante la perfusione.

Nei pazienti con una ridotta sensibilità alla pressione dell'anidride carbonica nel sangue arterioso, gli elevati livelli di ossigeno possono causare ritenzione di anidride carbonica. In casi estremi, questo può portare a narcosi da anidride carbonica.

Concentrazioni elevate di ossigeno devono essere somministrate per il più breve tempo necessario per raggiungere il risultato desiderato e deve essere effettuato un monitoraggio con controlli ripetuti della pressione arteriosa di gas (PaO2) o della saturazione periferica di ossigeno dell'emoglobina (SpO2) e valutazioni cliniche.

Pazienti a rischio di insufficienza respiratoria ipercapnica

Precauzioni particolari devono essere adottate nei pazienti con sensibilità ridotta alla pressione dell'anidride carbonica nel sangue arterioso o a rischio di insufficienza respiratoria ipercapnica (“drive ipossico”) (ad es. pazienti con broncopneumopatie croniche ostruttive (BPCO), fibrosi cistica, obesità patologica, deformità della parete toracica, disordini neuromuscolari, sovradosaggio di farmaci depressivi della respirazione) e nei pazienti affetti da insufficienza respiratoria indotta da farmaci (oppioidi, barbiturici) perché in questi pazienti, la somministrazione di ossigeno, potrebbe aggravare l'insufficienza respiratoria per via dell'ipercapnia causata dagli elevati livelli ematici di anidride carbonica, la quale neutralizza gli effetti dell'ossigeno sui recettori. La somministrazione di ossigeno supplementare può causare depressione respiratoria e un aumento di PaCO2 con conseguente acidosi respiratoria sintomatica (vedere paragrafo 4.8). In questi pazienti la terapia con ossigeno deve essere attentamente titolata; il target della saturazione di ossigeno da raggiungere può essere più basso che in altri pazienti e l'ossigeno deve essere somministrato a basse velocità di flusso.

Precauzioni particolari nei pazienti con lesioni polmonari da bleomicina

La tossicità polmonare della terapia con ossigeno ad alto dosaggio può potenziare le lesioni polmonari, anche se somministrata diversi anni dopo la lesione iniziale del polmone causata da bleomicina, e il target di saturazione di ossigeno da raggiungere può essere più basso che in altri pazienti (vedere paragrafo 4.5).

Popolazione pediatrica

A causa della maggiore sensibilità del neonato all'ossigeno supplementare, deve essere somministrata la più bassa concentrazione di ossigeno efficace, al fine di ottenere un'adeguata ossigenazione per i neonati (vedere paragrafo 4.2).

Nei neonati pretermine e nei neonati a termine l'aumento della PaO2 può portare alla retinopatia del prematuro (vedere paragrafo 4.8), malattie polmonari croniche, emorragie intraventricolari.

Si raccomanda di iniziare la rianimazione dei neonati nati a termine o vicino al termine con aria anziché con ossigeno al 100%. Nei neonati pretermine, la concentrazione ottimale dell'ossigeno e il target dell'ossigeno non sono precisamente definiti. Se necessario, l'ossigeno supplementare dovrà essere monitorato attentamente e guidato con pulsossimetria.

Ossigenoterapia iperbarica (HBOT)

L'ossigenoterapia iperbarica deve essere somministrata da personale qualificato all'interno di centri specializzati provvisti delle conoscenze e degli strumenti necessari per l'adozione di precauzioni adeguate per l'uso iperbarico.

La compressione e la decompressione devono essere condotte in maniera graduale e cauta per ridurre al minimo il rischio di danno da pressione (barotrauma).

Durante la sessione di HBOT in camera iperbarica il paziente può riscontrare ansia di confinamento e claustrofobia. Il rapporto beneficio/rischio della HBOT deve essere valutato accuratamente nei pazienti con claustrofobia, ansia grave e psicosi.

La somministrazione di ossigeno in camera iperbarica deve essere attentamente valutata in funzione del rapporto rischio/beneficio, in caso di:
  • otiti e/o sinusiti recidivanti, laringocele, cavità mastoidea, sindrome vestibolare, perdita dell'udito e recente intervento dell'orecchio medio
  • patologie cardiache ischemiche e/o congestizie; nei pazienti con sindrome coronarica acuta o infarto miocardico acuto che richiedono anche terapia iperbarica, come nel caso di intossicazione da CO, la terapia iperbarica deve essere condotta con cautela a causa della potenziale vasocostrizione dell'iperossia nella circolazione coronarica
  • ipertensione arteriosa non trattata farmacologicamente
  • patologie polmonari restrittive e/o restrittive di grado elevato
  • glaucoma, distacco di retina anche se trattato chirurgicamente (manovre di compensazione)
  • storia di convulsioni, epilessia
  • febbre alta non controllata
  • ansia grave, psicosi, claustrofobia
Pazienti diabetici

La terapia iperbarica può interferire con il metabolismo del glucosio. Gli effetti vasocostrittori della terapia iperbarica possono inoltre compromettere l'assorbimento sottocutaneo dell'insulina, rendendo il paziente iperglicemico. Può essere considerato di monitorare il glucosio ematico tra una sessione e l'altra di terapia iperbarica.

Disturbi respiratori

A causa della decompressione, alla fine della sessione iperbarica, il volume del gas aumenta mentre la pressione nella camera diminuisce, e questo può portare a pneumotorace parziale o aggravamento di uno pneumotorace sottostante. In un paziente con uno pneumotorace non drenato, la decompressione potrebbe determinare lo sviluppo di uno pneumotorace iperteso.

In caso di pneumotorace, le cavità pleuriche devono essere drenate prima della sessione e potrebbe essere necessario proseguire la procedura di drenaggio durante la sessione di HBOT (vedere paragrafo 4.3).

Inoltre, tenendo conto del rischio di espansione del gas durante la fase di decompressione della terapia iperbarica, il rapporto beneficio/rischio della terapia iperbarica deve essere valutato accuratamente nei pazienti con asma insufficientemente controllata, enfisema polmonare, broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), recente intervento toracico.

Patologie coronariche

Il rapporto beneficio/rischio della HBOT deve essere valutato accuratamente nei pazienti con patologie coronariche. Nei pazienti con sindrome coronarica acuta o infarto miocardico acuto che richiedono anche HBTO, come nel caso di intossicazione da CO, la HBTO deve essere condotta con cautela a causa della potenziale vasocostrizione dell'iperossia nella circolazione coronarica.

Ipertensione arteriosa

La HBOT causa un aumento della pressione arteriosa sistolica e diastolica. Questo vale sia per i pazienti ipertesi sia per quelli non ipertesi. Nel complesso, l'effetto sulla pressione arteriosa è lieve. Ad ogni modo, la terapia iperbarica deve essere svolta con cautela nei pazienti affetti da ipertensione arteriosa, in particolare quelli in trattamento con calcio-antagonisti e beta-bloccanti.

Glaucoma, distacco di retina anche se trattato chirurgicamente

La funzione retinica è molto sensibile alle fluttuazioni delle concentrazioni di ossigeno nell'emoglobina. Diversi fattori concomitanti, quali l'aumento della produzione di ROS (specie reattive dell'ossigeno) e lo squilibrio tra capacità pro-ossidativa e antiossidante, sono stati ipotizzati come fattori cruciali nel danno retinico precoce, insieme alla riduzione della pressione di perfusione oculare nei vasi sanguigni. L'alterazione perfusionale locale temporanea è stata ipotizzata come potenziale fonte di problemi nei pazienti affetti da glaucoma.Il rapporto beneficio/rischio della HBOT deve essere valutato accuratamente nei pazienti con glaucoma o distacco di retina, anche se trattato chirurgicamente.

Patologie dell'orecchio, del naso e della gola

Per quanto concerne la compressione/decompressione della HBOT, sono necessarie cautela e una valutazione accurata del suo rapporto beneficio/rischio nei pazienti affetti da sinusiti, otiti, riniti croniche, laringocele, cavità mastoidea, sindrome vestibolare, perdita dell'udito e recente intervento a carico dell'orecchio medio.

SICUREZZA (vedere anche paragrafo 6.6)

L'ossigeno è un comburente e pertanto alimenta la combustione. In presenza di sostanze combustibili quali i grassi (oli, lubrificanti) e sostanze organiche (tessuti, legno, carta, materie plastiche, ecc.) l'ossigeno può spontaneamente, per effetto di un innesco (scintilla, fiamma libera, fonte di accensione), oppure per effetto della compressione adiabatica che può accadere nelle apparecchiature di riduzione della pressione (riduttori) durante una riduzione repentina della pressione del gas, attivare una combustione. Di conseguenza, tutte le sostanze con le quali l'ossigeno viene a contatto devono essere classificate come sostanze compatibili con il prodotto nelle normali condizioni di utilizzo.
  • Qualsiasi sistema o contenitore per l'erogazione dell'ossigeno deve essere tenuto lontano da fonti di calore a causa della comburenza dell'ossigeno: vanno quindi prese le dovute precauzioni in merito, sia in ambiente ospedaliero che domestico, in presenza di ossigeno medicinale.
  • L'ossigeno può provocare l'improvviso incendio di materiali incandescenti o di braci; per questo motivo non è permesso fumare o tenere fiamme accese libere e non schermate in prossimità dei recipienti e dei sistemi di erogazione.
  • Non fumare nell'ambiente in cui si pratica ossigenoterapia.
  • Non disporre bombole o contenitori in prossimità di fonti di calore.
  • Non deve essere utilizzata alcuna attrezzatura elettrica che può emettere scintille nelle vicinanze dei pazienti che ricevono ossigeno.
  • È assolutamente vietato intervenire in qualsiasi modo sui raccordi dei contenitori, sulle apparecchiature di erogazione e sui relativi accessori o componenti (OLIO E GRASSI POSSONO PRENDERE SPONTANEAMENTE FUOCO A CONTATTO CON L'OSSIGENO).
  • Deve essere evitato qualsiasi contatto con olio, grasso o altri idrocarburi.
  • È assolutamente vietato manipolare le apparecchiature o i componenti con le mani o gli abiti o il viso sporchi di grasso, olio, creme ed unguenti vari. Non usare creme e rossetti grassi.
  • In ambiente sovraossigenato l'ossigeno può saturare gli abiti.
  • È assolutamente vietato toccare le parti congelate (per i criocontenitori).
  • Le bombole ed i contenitori criogenici mobili non possono essere usati se vi sono danni evidenti o si sospetta che siano stati danneggiati o siano stati esposti a temperature estreme.
  • Possono essere usate solo apparecchiature adatte e compatibili con l'ossigeno per il modello specifico di recipiente.
  • Non si possono usare pinze o altri utensili per aprire o chiudere la valvola della bombola, al fine di prevenire il rischio di danni.
  • In caso di perdita, la valvola della bombola deve essere chiusa immediatamente, se si può farlo in sicurezza. Se la valvola non può essere chiusa, la bombola deve essere portata in un posto più sicuro all'aperto per permettere all'ossigeno di fuoriuscire liberamente.
  • Le valvole delle bombole vuote devono essere tenute chiuse.
  • L'ossigeno ha un forte effetto ossidante e può reagire violentemente con sostanze organiche. Questo è il motivo per cui la manipolazione e la conservazione dei recipienti richiedono particolari precauzioni.
  • Non è permesso somministrare il gas in pressione.

L'ossigeno è un prodotto ossidante e favorisce la combustione. In caso di utilizzo di ossigeno, è necessario tenere conto dell'aumento del rischio di innesco di incendi:

  • Rischio di incendio in ambiente domestico: i pazienti e coloro che si prendono cura di loro devono essere informati del rischio di incendio in presenza di altre fonti di ignizione (fumo, fiamme, scintille, cucina, forni, ecc.) e/o sostanze altamente infiammabili, in particolare quelle grasse (oli, grasso, creme, unguenti, lubrificanti, ecc.). Durante l'utilizzo dell'ossigeno, devono essere utilizzati esclusivamente prodotti a base acquosa sulle mani, sul viso e all'interno del naso.
  • Rischio di incendio in ambiente medico: questo rischio risulta aumentato con le procedure che prevedono il ricorso a diatermia, defibrillazione e cardioversione elettrica.
  • All'apertura della valvola possono verificarsi incendi (riscaldamento per attrito).
Si sono verificate ustioni termiche associate a incendi accidentali in presenza di ossigeno.

Manipolazione delle bombole

Chi si prende cura dei pazienti e tutte le persone che manipolano le bombole di ossigeno medicinale devono essere avvertite della necessità di maneggiare le bombole con cura per evitare danni ai dispositivi, in particolare alla valvola. Un danno al dispositivo può causare l'ostruzione dell'uscita e/o la visualizzazione di dati errati sul manometro per quanto riguarda la quantità di ossigeno residuo e il flusso di erogazione, con conseguente somministrazione di ossigeno insufficiente o mancante.

Per la formulazione criogenica

Ustioni da freddo per contatto diretto con l'ossigeno liquido:

L'ossigeno diventa liquido approssimativamente a -183°C. A tali basse temperature, il contatto dell'ossigeno liquido con la pelle o con le membrane mucose può causare ustioni da freddo. Devono essere prese particolari precauzioni di sicurezza quando si gestiscono i contenitori criogenici: deve essere indossato il vestiario protettivo appropriato (guanti, occhiali, abbigliamento largo e pantaloni che coprono le scarpe). Se l'ossigeno liquido viene a contatto con la pelle o gli occhi, le aree interessate devono essere lavate con un'abbondante quantità di acqua fredda, o devono essere applicati impacchi freddi; deve essere richiesta immediatamente assistenza medica.


INTERAZIONI


Quali farmaci, principi attivi o alimenti possono interagire con l'effetto di Ossigeno Sol?


L'ossigeno non deve essere somministrato in concomitanza a farmaci che ne aumentano la tossicità, come catecolamine (ad es. epinefrina, norepinefrina), corticosteroidi (ad es. desametasone, metilprednisolone), ormoni (ad es. testosterone, tiroxina), chemioterapici (bleomicina, ciclofosfamide, 1,3-bis(2-chloroethyl)-1-nitrosourea) ed agenti antimicrobici (ad es. nitrofurantoina).

I raggi X possono aumentare la tossicità dell'ossigeno. Anche l'ipertiroidismo e la carenza di vitamina C, vitamina E o di glutatione possono produrre lo stesso effetto.

La tossicità polmonare associata con farmaci come bleomicina, actinomicina, amiodarone, nitrofurantoina e antibiotici simili può essere accresciuta dall'inalazione concomitante di alte concentrazioni di ossigeno.

Nei pazienti che sono stati trattati per danno polmonare indotto da radicali liberi, la terapia a base di ossigeno può peggiorare il danno, per esempio nel trattamento dell'avvelenamento da paraquat.

L'ossigeno può anche peggiorare la depressione respiratoria indotta dall'alcool.

Farmaci noti per indurre eventi avversi comprendono: adriamicina, menadione, promazina, clorpromazina, tioridazina e clorochina. Gli effetti saranno particolarmente pronunciati nei tessuti con livelli elevati di ossigeno, specialmente i polmoni.

In presenza di ossigeno, l'ossido nitrico viene rapidamente ossidato per formare derivati nitrati superiori che sono irritanti per l'epitelio bronchiale e la membrana alveolo-capillare. Il biossido di azoto (NO2) è il principale composto formato. La velocità di ossidazione è proporzionale alle concentrazioni iniziali di ossido nitrico e di ossigeno nell'aria inalata e alla durata del contatto tra NO e O2.

Esiste un rischio di incendio in presenza di altre fonti di ignizione (fumo, fiamme, scintille, forni, ecc.) e/o sostanze altamente infiammabili (oli, grasso, creme, unguenti, lubrificanti, ecc.) (vedere paragrafo 4.4).


POSOLOGIA E MODO DI SOMMINISTRAZIONE


Come si usa Ossigeno Sol? Dosi e modo d'uso


Posologia

Ossigenoterapia normobarica

Per ossigenoterapia normobarica si intende la somministrazione di una miscela gassosa più ricca in ossigeno di quella dell'aria atmosferica, contenente cioè una percentuale in ossigeno nell'aria inspirata (FiO2) superiore al 21%, ad una pressione parziale compresa tra 0,21 e 1 atmosfera (0,213 e 1,013 bar).

Ai pazienti non affetti da insufficienza respiratoria, l'ossigeno può essere somministrato con ventilazione spontanea mediante cannule nasali, sonde nasofaringee o maschere idonee.

Ai pazienti con insufficienza respiratoria o anestetizzati, l'ossigeno deve essere somministrato in ventilazione assistita.

Le bombole di ossigeno hanno all'interno una pressione massima di circa 200-300 bar. La pressione viene regolata da un riduttore ed è rilevabile sul manometro. Moltiplicando la cifra indicata dal manometro per il contenuto in litri della bombola si ottiene la quantità di ossigeno ancora disponibile nella bombola.

(Esempio: Calcolo approssimato del contenuto: una bombola ha un contenuto di 10 litri e il manometro segna 200 bar ne risulta un contenuto di 2000 litri di ossigeno. Con un consumo di 2 litri al minuto la bombola sarà vuota dopo 16 ore circa).

Con ventilazione spontanea

Pazienti con insufficienza respiratoria cronica: somministrare ossigeno ad un flusso tra 0,5 e 2 litri/minuto, adattabile in base alla gasometria.

Pazienti con insufficienza respiratoria acuta: somministrare ossigeno ad un flusso tra 0,5 e 15 litri/minuto, adattabile in base alla gasometria.

Con ventilazione assistita

Il valore minimo di FiO2 è il 21%, e può salire fino al 100%.

Lo scopo terapeutico dell'ossigenoterapia è quello di assicurare che la pressione parziale arteriosa dell'ossigeno (PaO2) non sia inferiore a 8 kPa (60 mmHg) o che l'emoglobina saturata di ossigeno nel sangue arterioso non sia inferiore al 90% mediante la regolazione della frazione di ossigeno inspirato (FiO2).

La dose deve essere adattata in base alle esigenze individuali del singolo paziente.

La raccomandazione generale è quella di utilizzare il valore minimo di FiO2 necessario per raggiungere l'effetto terapeutico desiderato, ovvero valori di PaO2 entro la norma. In condizioni di grave ipossiemia, possono essere indicati anche valori di FiO2 che comportano un potenziale rischio di intossicazione da ossigeno.

È necessario un monitoraggio continuo della terapia ed una valutazione costante dell'effetto terapeutico, attraverso la misurazione dei livelli della PaO2 o in alternativa, della saturazione di ossigeno arterioso (SpO2).

Nell'ossigenoterapia a breve termine, la frazione di ossigeno inspirato (FiO2) deve essere tale da mantenere un livello di PaO2> 8 kPa con o senza pressione di fine espirazione positiva (PEEP) o pressione positiva continua (CPAP), evitando possibilmente valori di FiO2 > 0,6 ovvero del 60% di ossigeno nella miscela di gas inalato.

L'ossigenoterapia a breve termine deve essere monitorata con ripetute misurazioni dei gas nel sangue arterioso (PaO2) o mediante ossimetria transcutanea che fornisce un valore numerico della saturazione di emoglobina con l'ossigeno (SpO2). In ogni caso, questi indici sono solamente misurazioni indirette dell'ossigenazione tissutale. La valutazione clinica del trattamento riveste la massima importanza.

Per trattamenti a lungo termine, il fabbisogno di ossigeno supplementare deve essere determinato dai valori del gas stesso misurati nel sangue arterioso. Per evitare eccessivi accumuli di anidride carbonica deve essere monitorato l'ossigeno nel sangue, così da regolare l'ossigenoterapia in pazienti con ipercapnia.

Devono essere usati bassi livelli di concentrazione dell'ossigeno nei pazienti con insufficienza respiratoria in cui lo stimolo per la respirazione è rappresentato dall'ipossia (per es. a causa di BPCO). La concentrazione di ossigeno nell'aria inalata non deve superare il 28%; in alcuni pazienti persino il 24% può essere eccessivo.

Se l'ossigeno è miscelato con altri gas, la sua concentrazione nella miscela di gas inalato deve essere mantenuta almeno al 21%. In pratica, si tende a non scendere al di sotto del 30%. Ove necessario, la frazione di ossigeno inalato può essere aumentata fino al 100%.

Popolazione pediatrica

I neonati possono ricevere il 100% di ossigeno quando necessario. Tuttavia deve essere fatto un attento monitoraggio durante il trattamento. Si raccomanda comunque di evitare una concentrazione di ossigeno eccedente il 40% per ridurre il rischio di danno al cristallino o di collasso polmonare. La pressione di ossigeno nel sangue arterioso (PaO2) deve essere monitorata, tuttavia se viene mantenuta sotto i 13,3 kPa (100 mmHg) e sono evitate significative variazioni nell'ossigenazione, il rischio di danno oculare è ridotto. Inoltre, il rischio di danno oculare può essere ridotto evitando fluttuazioni notevoli della ossigenazione (vedere anche par. 4.4).

Ossigenoterapia iperbarica

Per ossigenoterapia iperbarica si intende un trattamento con 100% di ossigeno a pressioni di 1,4 volte superiori alla pressione atmosferica a livello del mare (1 atm = 101,3 kPa = 760 mmHg). Per ragioni di sicurezza la pressione nell'ossigenoterapia iperbarica non dovrebbe superare le 3 atm.

L'ossigeno deve essere somministrato in camera iperbarica.

La durata delle sedute in una camera iperbarica a una pressione da 2 a 3 atmosfere (vale a dire tra il 2,026 e 3,039 bar) è tra 60 minuti e 4-6 ore. Queste sessioni possono essere ripetute da 2 a 4 volte al giorno, in funzione dello stato clinico del paziente.

La compressione e la decompressione dovrebbero essere condotte lentamente in accordo con le procedure adottate comunemente, in modo da evitare il rischio di danno pressorio (barotrauma) a carico delle cavità anatomiche contenenti aria e in comunicazione con l'esterno.

L'ossigenoterapia iperbarica deve essere effettuata da personale qualificato per questo trattamento.

Modo di somministrazione

L'ossigeno (compresso o criogenico) viene somministrato attraverso l'aria inalata, preferibilmente ricorrendo ad apparecchi dedicati (quali, per esempio, una cannula nasale o una maschera facciale); il dosaggio al paziente viene effettuato indipendentemente dalla confezione del gas medicinale tramite apparecchi dosatori (flussometri).

Con questi sistemi, l'ossigeno viene somministrato attraverso l'aria inspirata, mentre il gas espirato e l'eventuale eccesso di ossigeno lasciano il circuito inspiratorio del paziente mescolandosi con l'aria circostante (sistema aperto o anti-rebreathing).

In anestesia è spesso utilizzato un sistema particolare che permette di inspirare nuovamente il gas precedentemente espirato dal paziente (sistema chiuso o rebreathing).

L'ossigeno può anche essere somministrato direttamente nel sangue attraverso un ossigenatore, con un sistema di by-pass cardiopolmonare in cardiochirurgia ed in altri casi in cui è richiesta la circolazione extracorporea.

Esistono numerosi dispositivi destinati alla somministrazione dell'ossigeno, e si distinguono in:
  • Sistemi a basso flusso
    È il sistema più semplice per la somministrazione di una miscela di ossigeno nell'aria inspirata, un esempio è il sistema in cui l'ossigeno è somministrato tramite un flussometro collegato ad una cannula nasale o maschera facciale.
  • Sistemi ad alto flusso
    Sistemi progettati per fornire al paziente una miscela di gas garantendone il fabbisogno respiratorio totale. Questi sistemi sono progettati per rilasciare concentrazioni stabilite e costanti di ossigeno che non vengono influenzate/diluite dall'aria circostante, un esempio sono le maschere di Venturi dove, stabilito il flusso di ossigeno, l'aria inspirata dal paziente viene arricchita di quella concentrazione costante di ossigeno.
  • Sistemi con valvola a richiesta
    Sistemi progettati per erogare ossigeno al 100% senza entrare in contatto con l'aria ambiente. È destinato per breve tempo, solo per necessità.
  • Ossigenoterapia iperbarica
    L'ossigenoterapia iperbarica viene effettuata in una speciale camera pressurizzata progettata appositamente in cui si può mantenere una pressione 3 volte superiore a quella atmosferica. L'ossigenoterapia iperbarica può anche essere somministrata attraverso una maschera a perfetta tenuta, un casco o un tubo endotracheale.


SOVRADOSAGGIO


Cosa fare se avete preso una dose eccessiva di Ossigeno Sol?


Gli effetti tossici dell'ossigeno variano a seconda della pressione dell'ossigeno inalato e della durata dell'esposizione.

I sintomi dell'intossicazione da ossigeno sono quelli dell'iperossia.

I sintomi della tossicità respiratoria comprendono tracheobronchite (dolore substernale e tosse secca), edema interstiziale e fibrosi polmonare.

I sintomi di tossicità del sistema nervoso centrale che si osservano con ossigenoterapia iperbarica HBOT includono tinnito, disturbi della vista e dell'udito e spasmi localizzati, in particolare di occhi, bocca e fronte. L'esposizione prolungata può causare capogiri e nausea, seguiti da alterazioni della personalità (ansia, confusione, irritabilità) e infine perdita di coscienza e convulsioni generalizzate.

La tossicità oculare include visione offuscata e visione periferica ridotta nell'ossigenoterapia iperbarica HBOT.

Popolazione pediatrica:

Tossicità oculare nei neonati: nei neonati prematuri che sono stati sottoposti a elevate concentrazioni di ossigeno può verificarsi retinopatia del prematuro.

Pazienti a rischio di insufficienza respiratoria ipercapnica:

La somministrazione di ossigeno supplementare può causare depressione respiratoria e un aumento della PaCO2 con conseguente acidosi respiratoria sintomatica.

In caso di intossicazione da ossigeno correlata all'iperossia, l'ossigenoterapia deve essere ridotta o, se possibile, interrotta e deve essere iniziato un trattamento sintomatico.

Nella maggior parte dei pazienti la sintomatologia si risolve dopo 4 ore di cessazione dall'esposizione.


GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO


E' possibile prendere Ossigeno Sol durante la gravidanza e l'allattamento?


Gravidanza

Nei test su animali, è stata osservata tossicità riproduttiva dopo la somministrazione di ossigeno ad alte pressioni o ad alte concentrazioni (vedere paragrafo 5.3).

Non è nota la rilevanza clinica per l'uomo di tali evidenze.

Ossigenoterapia normobarica

L'ossigeno a pressione atmosferica (pressione inferiore a 0,6 atm) può essere usato durante la gravidanza ma solo quando è necessario, cioè in caso di indicazioni vitali, donne in condizioni critiche o con ipossiemia.

Ossigenoterapia iperbarica

L'utilizzo del trattamento iperbarico è controindicato nella gravidanza normoevolvente (primo trimestre) per patologie non acute.

L'utilizzo della terapia iperbarica in gravidanza potrebbe indurre stress ossidativo da eccesso di ossigeno provocando danni al feto. In casi di grave intossicazione da monossido di carbonio il rapporto beneficio/rischio sembra rassicurare verso l'uso della terapia iperbarica.

Allattamento

Non vi sono controindicazioni per l'uso dell'ossigeno durante l'allattamento.

Fertilità

Non sono disponibili dati riguardanti i potenziali effetti del trattamento con ossigeno sulla fertilità maschile o femminile.


GUIDA DI VEICOLI E USO DI MACCHINARI


Effetti di Ossigeno Sol sulla capacità di guidare veicoli e sull'uso di macchinari


Ossigenoterapia normobarica

Ossigeno SOL non altera o altera in modo trascurabile la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari.

Ossigenoterapia iperbarica

Disturbi della vista e dell'udito che possono influenzare la capacità di guidare veicoli e usare macchinari sono stati riportati dopo HBOT (vedere paragrafo 4.8).

I pazienti devono evitare di guidare veicoli e usare macchinari fino a quando ogni effetto negativo su attenzione e vigilanza è completamente scomparso.


PRINCIPIO ATTIVO


Principio attivo: ossigeno 100%


ECCIPIENTI


Non presenti.


SCADENZA E CONSERVAZIONE


Scadenza: 24 mesi

Osservare tutte le regole pertinenti all'uso e alla movimentazione delle bombole sotto pressione e dei recipienti contenenti liquidi criogenici.

Conservare le bombole e i recipienti criogenici mobili a temperature comprese tra -10°C e 50°C, in ambienti ben ventilati, oppure in rimesse ben ventilate, evitando la formazione di atmosfere sovraossigenate (O2> 21% vol.), in posizione verticale con le valvole chiuse, protetti da pioggia, intemperie, dall'esposizione alla luce solare diretta, lontano da fonti di calore o d'ignizione e da materiali combustibili. I recipienti vuoti o che contengono altri tipi di gas devono essere conservati separatamente.

I contenitori criogenici fissi, installati presso le strutture sanitarie, devono essere collocati all'aperto secondo quanto specificato dalla Circolare 99/1964, in zone confinate e protette, con accessi limitati agli addetti, gestiti e mantenuti secondo le indicazioni fornite da ciascun Fabbricante. Si tratta di apparecchiature a pressione e quindi soggette alla Direttiva CE PED e/o al Decreto Ministeriale del 21/11/1972.


NATURA E CONTENUTO DEL CONTENITORE


Ossigeno SOL gas medicinale compresso è confezionato in bombole e pacchi bombola, allo stato di gas compresso a 200 bar a 15°C. Le bombole sono in acciaio o in lega di alluminio, provviste di valvole in grado di collegarsi ad un riduttore di pressione o di valvole riduttrici con riduttore di pressione integrato.

Ossigeno SOL gas medicinale compresso, 300 bar, è confezionato in bombole allo stato di gas compresso a 300 bar a 15° C. Le bombole sono in acciaio o in lega di alluminio e ricoperte in fibra di carbonio provviste di valvole riduttrici con riduttore di pressione integrato.

Ossigeno SOL gas medicinale criogenico è confezionato in contenitori criogenici fissi.

Data ultimo aggiornamento: 08/03/2024

Nota: Nel contenuto della scheda possono essere presenti dei riferimenti a paragrafi non riportati.

Fonte: CODIFA - L'informatore farmaceutico



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