16 febbraio 2011
Interviste, Speciale tumore al seno
Tumore seno: la chirurgia può risparmiare i linfonodi
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di Simona Zazzetta
Nel trattamento chirurgico del tumore al seno è possibile che si renda necessaria, oltre alla rimozione di parte del seno, anche quella dei linfonodi ascellari. Questo approccio potrebbe cambiare, alla luce di nuovi studi che mettono in dubbio l'utilità della dissezione del cavo ascellare. Pierfranco Conte, del Dipartimento integrato di oncologia e ematologia, dell'Università di Modena spiega a Dica33 come potrebbe cambiare la chirurgia per questa patologia.
In che cosa consiste il trattamento chirurgico del tumore al seno?
L'approccio chirurgico classico prevede, nella maggior parte dei casi, l'asportazione della parte in cui si trova la lesione. Questa tecnica è chiamata anche quadrantectomia, perché in genere rimuove un quadrante di seno, a cui si aggiunge la dissezione del cavo ascellare per rimozione dei linfonodi. Questi ultimi, infatti, sono spesso già interessati dal tumore, e possono dare informazioni importanti sulla necessità di fare terapia adiuvante, cioè chemioterapia o ormonoterapia post-chirurgica. Da qualche anno nella maggior parte dei centri specialistici, si utilizza la tecnica del linfonodo sentinella, vale a dire che si rimuove il primo linfonodo che drena la linfa dal tumore; se questo risulta negativo, cioè non presenta cellule tumorali, è inutile asportare anche gli altri. Se, invece, è positivo si procede alla dissezione del cavo ascellare, che comporta comunque delle conseguenze sulla paziente.
Quali sono le conseguenze della dissezione del cavo ascellare?
La procedura consiste nel togliere tutte le ghiandole linfatiche e le vie linfatiche dell'ascella, la cui funzione è quella di drenare i liquidi. Chiaramente la funzione drenante diventa meno efficace e le conseguenze possono essere varie. Per esempio, può comparire linfedema, cioè gonfiore al braccio per l'accumulo di liquido nel braccio; può esserci una riduzione della mobilità della spalla e alterazione della sensibilità del braccio. Inoltre, le ghiandole linfatiche hanno anche una funzione di difesa, quindi possono verificarsi più infezioni al braccio.
Quali sono le novità della ricerca?
Uno studio recentemente pubblicato dalla rivista Jama ha fatto passi avanti dimostrando che se nelle pazienti con linfonodo sentinella positivo non vengono rimossi i linfonodi ascellari la prognosi resta identica, in termini di mortalità generale e sopravvivenza senza ricadute a cinque anni, a quella delle pazienti alle quali vengono rimossi.
Questo approccio va bene per tutti le pazienti e tutti i tipi di tumore?
Va, innanzitutto, tenuto in considerazione che le donne prese in esame nello studio, essendosi sottoposte a una chirurgia conservativa, avevano anche fatto una radioterapia esterna che irraddia anche il cavo ascellare. Quindi, questo approccio non è validato per le pazienti sottoposte a radioterapia intraoperatoria, che invece colpisce solo la massa tumorale. Mentre, invece, può essere valido per donne che corrispondono ai criteri dello studio cioè con tumori piccoli, minori di 5 cm e senza linfonodi ascellari palpabili. Grazie anche allo screening mammografico, oggi giorno l'80-90% dei casi rientra in questi criteri.
Queste nuove evidenze modificano l'approccio terapeutico alla patologia?
La ricerca è stata pubblicata da una rivista importante e rappresenta un passo avanti per questa patologia e per la qualità della vita delle pazienti. Al momento i risultati sono in discussione per valutare se modificare le attuali linee guida. Si faranno delle riflessioni e si attenderanno ulteriori studi di conferma. Si tratta del primo studio fatto in questo senso ma coerente con indicazioni già esistenti ed può essere giusto prenderlo in considerazione nella discussione con la paziente che va informata anche su questa possibilità nonchè sui rischi e benefici di tutti gli approcci. Le linee guida sono raccomandazioni generiche per un paziente medio, ma ogni paziente è un caso a sé e come tale va considerato.
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