Epatite C, da curare prima della menopausa

03 marzo 2011
Aggiornamenti e focus

Epatite C, da curare prima della menopausa



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L'epatite C è un'infezione virale che colpisce il fegato provocando un'infiammazione acuta o cronica, che può degenerare in cirrosi epatica o carcinoma epatico. Ma se finora la terapia non prevedeva differenze di genere, recenti ricerche hanno messo in evidenza che nelle donne, la malattia espone a rischi maggiori che non possono essere trascurati. In particolare, è stato osservato che mentre in età fertile l'epatite C è più blanda e quindi spesso trascurata, dopo la menopausa diventa resistente ai farmaci e più difficile da trattare.

L'indicazione a curare la malattia prima della menopausa, contrariamente a quanto si fa ora, è emersa da una ricerca condotta da Erica Villa del Dipartimento di gastroenterologia dell'Università di Modena e Reggio Emilia. Il dato, per altro, si aggiunge a quelli raccolti in precedenti studi in cui è stato osservato che, sempre dopo la menopausa, la malattia diventa più severa perché la paziente perde la naturale protezione contro lo sviluppo del tumore associata all'età fertile. Gli aspetti di genere dell'epatite C sono stati sottolineati dagli esperti in occasione della presentazione di una campagna dal titolo "Per salvare il fegato non ci vuole fegato. Solo un test", promossa da Donneinrete onlus e Women in hepatology. L'iniziativa è stata pensata per rispondere alle molte lacune informative nella popolazione italiana sulla malattia che sono state rilevate da un sondaggio. L'indagine ha, infatti, evidenziato che, per esempio, l'epatite è considerata una malattia come tante altre, di cui non si conoscono bene le modalità di contagio. Eppure, in Italia colpisce due milioni di persone e sono 10 mila i pazienti che muoiono a causa delle sue conseguenze, ma solo un intervistato su cinque conosce la reale diffusione dell'infezione e molti, anche se vivono da vicino la patologia, non sanno dire quale sia stata la fonte di contagio. Per contro, si continuano a temere le trasfusioni e i contatti con persone infette. Ma nonostante ciò, è meno temuta della demenza senile e della ben più rara sclerosi multipla.

La campagna di sensibilizzazione non a caso è promossa da associazioni di donne, come spiega Rosaria Iardino, presidente di Donneinrete: «Ci sono tre elementi particolarmente critici che suggeriscono un'attenzione speciale all'universo femminile. Il primo è la tradizionale minore attenzione delle donne a prendersi cura della propria salute. Il secondo elemento riguarda il problema dell'alcolismo. Un abuso che quando interessa le donne rimane celato tra le mura domestiche. Il terzo elemento è dato dal fatto che l'infezione da Hcv può avere ripercussioni al momento della gravidanza e del parto, aspetto di cui le donne devono essere consapevoli». Eppure, anche a livello clinico non ci sono ancora le attenzioni necessarie per gli aspetti peculiari delle pazienti, come sostiene Flavia Franconi, farmacologa dell'università di Sassari: «Nelle donne gli effetti collaterali dei farmaci antiepatite sono più gravi e anche la risposta al vaccino è diversa. È essenziale che considerare le diversità di genere esistenti, che possono portare a differenze di terapia, diagnosi e prevenzione». Secondo gli esperti è necessario definire le esigenze della donna in termini di cura e di procedure dedicate. «In sostanza» conclude Villa «ci sono delle differenze di genere che impongono nuovi approcci alla malattia ed è prioritario arrivare a un riconoscimento di tale diversità ».



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