22 giugno 2009
Aggiornamenti e focus
Talassemia dimenticata
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La talassemia è in crescita. Sono i numeri a confermarlo. In Italia vivono 7000 persone affette dalla forma omozigote di talassemia e 3 milioni e mezzo di portatori sani. E i numeri sembrano destinati a crescere vista l'immigrazione di persone da alcune regioni del Medio Oriente, del Sud Est asiatico, dell'India, del bacino del mediterraneo. Già, perché la talassemia è una malattia storicamente legata alle migrazioni, tanto che c'è chi ritiene che sia stata introdotta in Italia da coloni provenienti dalla Grecia, arrivati sulle nostre coste intorno all' VIII secolo a.C.. E in Italia la malattia è endemica, con un percentuale oscillante tra il 3 e il 10% di portatori sani, pari a circa due milioni e mezzo di persone affette da una forma lieve della malattia e asintomatiche, concentrate tra Sardegna, Sicilia e regioni meridionali ma anche nel Delta del Po. Una malattia spesso dimenticata, ma che fa registrare numeri preoccupanti, perciò. L'occasione per fare il punto è stata una conferenza stampa svoltasi a Roma settimana scorsa, in occasione della Giornata mondiale della malattia. Al centro dell'attenzione, in particolare, la terapia e di conseguenza la qualità della vita. "Nonostante i numerosi progressi nella cura e nel trattamento - ha spiegato Angela Iacono, presidente della Fondazione Giambrone per la guarigione della talassemia - la malattia resta ancora un problema non risolto in termini di guarigione definitiva. Per questo motivo è stata organizzata una Giornata mondiale che sensibilizzi l'opinione pubblica su quest'argomento".
La malattia è dovuta a un'errata sintesi dell'emoglobina, la sostanza che si trova nei globuli rossi con il compito di trasportare l'ossigeno nei tessuti. Un errore cruciale, che mina il funzionamento dei globuli rossi e rende indispensabili le trasfusioni dopo pochi mesi di vita. E la trasfusione, grazie a diverse terapie ferrochelanti che permettono di eliminare l'accumulo di ferro nel sangue a carico degli organi vitali, ha permesso di aumentare la sopravvivenza, ormai proiettata fino a 40-50 anni. Ma non è una cura, bensì un sistema con il quale tenere sotto controllo i sintomi e vivere una vita più che accettabile. Gli esperti in più lamentano l'assenza di alcuni centri che permettano una diagnosi precoce della principale complicanza della talassemia (50% dei casi) che porta alla morte prematura: la cardiopatia da accumulo di ferro. La ricerca nel frattempo procede con l'impegno di liberare i pazienti dalla schiavitù delle trasfusioni. Lo strumento, dicono gli esperti, potrebbe essere la terapia genica. E le istituzioni sembrano d'accordo.
La terapia genica per combattere la talassemia "va sostenuta perché ha aperto orizzonti di cui ogni giorno è possibile cogliere le vastissime potenzialità. E' nostro obiettivo prioritario promuoverla e seguirla attivamente a livello europeo con rappresentanti, processi di regolamentazione normativa e valutazione scientifica delle terapie avanzate sulle malattie rare attraverso il finanziamento di ricerche indipendenti in questo settore". Lo ha dichiarato Guido Rasi, direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), in un messaggio lettodurante una conferenza organizzata in occasione della Giornata mondiale della talassemia. Quanto all'aspetto scientifico Michel Sadelain, direttore del Laboratorio di trasferimento genico e genetica umana del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York, auspica il 2010 come data per iniziare a trattare i primi pazienti. "Nel corso degli anni ci sono stati molti progressi con l'utilizzo di vettori virali. Per correggere il difetto del gene della beta-globina, causa della beta-talassemia, vengono infettate cellule staminali autologhe da reimpiantare nel malato stesso. E se gli studi che abbiamo condotto finora dovessero darci i risultati sperati - ribadisce - crediamo che già dal 2010 potremo trattare in questo modo i pazienti". Nell'attesa è bene stare all'erta, perché come ha sottolineato in un recente incontro Paolo Cianciulli, Direttore del Centro di Riferimento per la talassemia della Regione Lazio, in virtù del pesante flusso migratorio potrebbe ritornare a essere una delle malattie più diffuse in Europa e in Italia.
Marco Malagutti
Comunicato stampa "Giornata Mondiale della Talassemia". Roma, 8 maggio
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La malattia è dovuta a un'errata sintesi dell'emoglobina, la sostanza che si trova nei globuli rossi con il compito di trasportare l'ossigeno nei tessuti. Un errore cruciale, che mina il funzionamento dei globuli rossi e rende indispensabili le trasfusioni dopo pochi mesi di vita. E la trasfusione, grazie a diverse terapie ferrochelanti che permettono di eliminare l'accumulo di ferro nel sangue a carico degli organi vitali, ha permesso di aumentare la sopravvivenza, ormai proiettata fino a 40-50 anni. Ma non è una cura, bensì un sistema con il quale tenere sotto controllo i sintomi e vivere una vita più che accettabile. Gli esperti in più lamentano l'assenza di alcuni centri che permettano una diagnosi precoce della principale complicanza della talassemia (50% dei casi) che porta alla morte prematura: la cardiopatia da accumulo di ferro. La ricerca nel frattempo procede con l'impegno di liberare i pazienti dalla schiavitù delle trasfusioni. Lo strumento, dicono gli esperti, potrebbe essere la terapia genica. E le istituzioni sembrano d'accordo.
La terapia genica per combattere la talassemia "va sostenuta perché ha aperto orizzonti di cui ogni giorno è possibile cogliere le vastissime potenzialità. E' nostro obiettivo prioritario promuoverla e seguirla attivamente a livello europeo con rappresentanti, processi di regolamentazione normativa e valutazione scientifica delle terapie avanzate sulle malattie rare attraverso il finanziamento di ricerche indipendenti in questo settore". Lo ha dichiarato Guido Rasi, direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), in un messaggio lettodurante una conferenza organizzata in occasione della Giornata mondiale della talassemia. Quanto all'aspetto scientifico Michel Sadelain, direttore del Laboratorio di trasferimento genico e genetica umana del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York, auspica il 2010 come data per iniziare a trattare i primi pazienti. "Nel corso degli anni ci sono stati molti progressi con l'utilizzo di vettori virali. Per correggere il difetto del gene della beta-globina, causa della beta-talassemia, vengono infettate cellule staminali autologhe da reimpiantare nel malato stesso. E se gli studi che abbiamo condotto finora dovessero darci i risultati sperati - ribadisce - crediamo che già dal 2010 potremo trattare in questo modo i pazienti". Nell'attesa è bene stare all'erta, perché come ha sottolineato in un recente incontro Paolo Cianciulli, Direttore del Centro di Riferimento per la talassemia della Regione Lazio, in virtù del pesante flusso migratorio potrebbe ritornare a essere una delle malattie più diffuse in Europa e in Italia.
Marco Malagutti
Comunicato stampa "Giornata Mondiale della Talassemia". Roma, 8 maggio
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