21 giugno 2011
Aggiornamenti e focus
Trapianto di fegato, 30 anni di esperienza e ancora pochi donatori
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Il trapianto di fegato compie 30 anni. Pur essendo passati, infatti, quasi 50 anni dal primo tentativo, è stato solo 30 anni fa che l'intervento è diventato una terapia accettata, uscendo dalla dimensione sperimentale. Era il 1981 quando cominciarono i lavori della Consensus Conference dell'Nih che portò, due anni più tardi, al documento apripista per i trapianti di fegato. Sempre nello stesso anno ci fu il primo intervento nel centro di Pittsburgh che insegnò al mondo la tecnica. Il primo tentativo di eseguire un trapianto di fegato si deve a Thomas Starzl nel 1963, ma tra questa data e il 1983 se ne fecero soltanto 200: «Il problema è che questo intervento è ancora oggi tra i più difficili tecnicamente» spiega Ignazio Marino, oggi senatore, ma che ha passato con Starzl a Pittsburgh oltre 15 anni. «Inoltre i farmaci per il controllo del rigetto arrivarono solo più tardi». Dopo la Consensus conference c'e stato un vero boom degli interventi, che da 200 in 20 anni passarono a oltre 500 l'anno nel solo centro fondato da Starzl, dove si sono formati i chirurghi che poi hanno portato la tecnica in tutto il mondo. Oggi in Italia si fanno mille trapianti di fegato l'anno, ma il numero è limitato dalla scarsa disponibilità di organi: «Il rapporto fra donatori e pazienti è 1 a 4», sottolinea Antonio Pinna, passato anche lui da Pittsburgh e ora direttore del centro trapianti di fegato di Bologna «e si sta cercando di ovviare alla difficoltà dividendo in due frammenti gli organi donati, o con la donazione da vivente, mentre in futuro le risposte potrebbero venire dagli xenotrapianti o, più probabilmente, dall'ingegneria tissutale che permette di ottenere organi a partire dalle cellule staminali».
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