Voli aerei in sicurezza per pazienti cardiovascolari

22 luglio 2011
Aggiornamenti e focus

Voli aerei in sicurezza per pazienti cardiovascolari



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Secondo le statistiche Eurodap sei italiani su dieci hanno paura dell'aereo. Un'ansia generalizzata che riguarda altri mezzi di trasporto come il treno e la nave e che, secondo gli psicologi, è sintomatico del senso di precarietà che ci pervade. Ma al di là dell'ansia esistono anche problemi medici veri e propri che affliggono chi si accinge ad affrontare un viaggio aereo, e, in particolare, si deve prestare molta attenzione chi è stato colpito da un infarto o ha il cuore e le coronarie che fanno le bizze. La British Cardiovascular Society ha realizzato un report sull'argomento dai toni tutto sommato rassicuranti. «L'ambiente della cabina» sottolineano le linee guida «rappresenta una minaccia minima. Non è volare il problema ma piuttosto la stabilità o instabilità della condizione patologica che indica la probabilità che si verifichi un evento nel corso del volo». Si può viaggiare senza patemi d'animo perciò, avendo sempre cura di informarsi dal medico prima di partire, se si soffre di qualche disturbo.

Il principale impatto sul viaggio aereo, spiega il documento, è rappresentato dall'inalazione di aria a ridotto contenuto di ossigeno in un ambiente pressurizzato, con una minore circolazione di ossigeno nel sangue, la cosiddetta ipossia ipobarica. I passeggeri già a rischio di angina, infarto miocardico, attacco cardiaco o fibrillazioni potrebbero essere condizionati negativamente dall'ipossia, ma secondo gli esperti britannici i livelli di ossigeno indotti dal volo hanno scarsi effetti circolatori e di sicuro non se si tratta di voli di breve-media percorrenza. Le linee guida entrano poi nel dettaglio speicifico delle singole condizioni e dei singoli rischi, sottolineando come, per esempio, i pazienti post-infartuali Stemi (con sovralivellamento del tratto St o non Stemi), i soggetti più a basso rischio possono volare già tre giorni dopo l'evento e quelli a rischio medio devono aspettare fino a dieci giorni. Evidentemente i soggetti ad alto rischio o in attesa di ulteriori accertamenti devono rimandare eventuali progetti di viaggio. Dopo una riperfusione coronarica percutanea o angioplastica senza complicazioni le linee guida affermano che si può volare già dopo due giorni e lo stesso vale per l'impianto di un pacemaker, a meno che non ci sia stato uno pneumotorace, nel qual caso l'attesa deve essere di almeno due settimane. La stessa avvertenza vale per le persone con defibrillatore cardioverter impiantabile, con la raccomandazione aggiunta di non volare dopo che il defibrillatore ha avuto uno shock fino a che la situazione non si è stabilizzata.

Un capitolo a parte è dedicato alla trombosi venosa profonda, la cosiddetta sindrome da classe economica. Come noto lo stare seduti a lungo, in uno spazio angusto, con le gambe rattrappite, rallenta la circolazione del sangue nelle vene negli arti inferiori, facilitando il formarsi di coaguli di sangue, che distaccandosi (emboli) possono arrivare al cuore e chiudere i rami dell'arteria polmonare o, quando numerosi e grandi, il suo tronco principale provocando il blocco della circolazione sanguigna e quindi la morte nel giro di ore o anche di minuti. Le persone più esposte sono gli anziani, le donne in gravidanza o che fanno ricorso alla terapia estrogenica, le persone con vene varicose degli arti inferiori, quelle affette da cancro, gli obesi. Ecco perché l'American Airlines ha speso 70 milioni di dollari per aumentare lo spazio per le gambe sui suoi aerei e analoga iniziativa è stata presa dalla United Airways. La British Airways invece ha cominciato a distribuire ai suoi passeggeri che si imbarcano per voli di lunga durata un foglietto illustrativo dei rischi di trombosi e delle misure da prendere per evitarli. Fare alcuni esercizi, muoversi durante il volo, bere molta acqua sono i consigli più comuni. Ma anche su questo punto le linee guida britanniche sono tutto sommato rassicuranti. È vero che un volo di lunga gittata raddoppia il rischio, ma succede lo stesso anche viaggiando in macchina, in treno o in bus per lo stesso periodo di tempo. E il rischio assoluto di trombosi venosa profonda per una persona sana e in forma è di uno su 6000 per un volo superiore alle quattro ore, sottolineando come i piloti non sono più a rischio della popolazione generale. Ma anche i soggetti ad alto rischio come anziani, donne in gravidanza o obesi possono volare purché garantiscano una serie di condizioni come il movimento durante il volo o il bere molti liquidi (non caffeina o alcol) o indossare calze elasticizzate. L'aspirina non è raccomandata, concludono gli esperti britannici.

Marco Malagutti



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