Prescrizioni antibiotici, troppi nella prima infanzia

28 maggio 2012
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Prescrizioni antibiotici, troppi nella prima infanzia



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In un anno, a 58 bambini su 100 viene prescritto almeno un farmaco con percentuali diverse a seconda dell'area geografica di appartenenza, soprattutto antibiotici, soprattutto nel primo anno di vita. Dati allarmanti, secondo i pediatri riuniti in occasione del 68° Congresso nazionale della Società italiana di pediatria, svoltosi a Roma, riportati nel rapporto 2011 "Osservatorio Arno Bambini - I profili assistenziali delle popolazioni in età pediatrica" realizzato dal Cineca (Consorzio interuniversitario Bologna). L'indagine ha preso in considerazione 1.139.388 bambini da 0 a 13 anni, appartenenti a 28 Asl italiane, afferenti alle regioni Veneto, Liguria, Toscana, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia. Sono state indagate le caratteristiche della popolazione pediatrica che ha avuto almeno una prestazione sanitaria nel corso del 2010, considerando le prescrizioni farmaceutiche del Ssn, i ricoveri ordinari o gli accessi in Day Hospital e le prestazioni specialistiche o diagnostiche. In sintesi, le prescrizioni farmacologiche hanno interessato soprattutto i bambini di sesso maschile al di sotto dei 12 mesi (69% vs il 65% delle femmine) e per ciascun bambino verrebbero prescritte in media 2,7 confezioni di medicinali. Quasi tutte le prescrizioni (96%) si concentrano su tre classi di farmaci: antibiotici (48%), antiasmatici (26%) e corticosteroidi (8,6%). Il picco è registrato nella fascia d'età di un anno: quasi 7 bambini su 10 sono stati trattati con antibiotici (66,2%) e più di 4 su 10 con antiasmatici (42,2%). Se si considera il trend degli ultimi dieci anni, vi è stata una leggera diminuzione degli antibiotici e una crescita degli antiasmatici - passati dal 22,1 al 25,5% - giustificabile con la crescita esponenziale delle malattie respiratorie e allergiche. «L'aumento della prescrizione di farmaci è complessa» ha spiegato Alberto G. Ugazio, presidente Sip, nel corso dell'incontro «Anzitutto c'è la cultura delle "rising expectations", la convinzione diffusa cioè che la medicina possa e debba risolvere immediatamente qualunque problema. C'è poi il fenomeno sempre più diffuso dell'automedicazione. E, infine, il pediatra è sottoposto a una pressione prescrittiva cui non è facile resistere».



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