Diabete e cuore: in Italia le donne rischiano di più

15 giugno 2012
Aggiornamenti e focus

Diabete e cuore: in Italia le donne rischiano di più



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Sono più anziane, convivono con la malattia da più tempo e hanno un Bmi (Body mass index) più elevato. Inoltre, si curano allo stesso modo, ma il controllo della malattia è più scadente. Così le donne italiane colpite da diabete rispetto agli uomini, come emerge dal rapporto "Monografie degli annali Amd: le differenze di genere" presentato a Milano dal Gruppo Donna Amd (Associazione medici diabetologi). Si tratta di un'analisi condotta su 188 mila donne seguite da 236 servizi di diabetologia italiani nel 2009. In media le italiane diabetiche hanno 68 anni contro i 65 degli uomini e convivono con la malattia mediamente da 11 anni rispetto ai 10 dei maschi. Le "gravemente obese" sono quasi il doppio mentre le fumatrici la metà. Uomini e donne si tengono controllati in maniera analoga, sia sul fronte delle misurazione dell'emoglobina glicata sia per quanto riguarda colesterolemia e ipertensione. Le donne ricevono pari cure ma il controllo della malattia è peggiore: il 58% rispetto al 54 degli uomini ha l'HbA1c superiore al 7%, il c-Ldl è in media 112,5 mg/dl contro 106,6 mg/dl e le donne con valori pressori superiori a 140/90 mmHg sono il 58,1%, contro il 56,1% degli uomini. «Questi dati devono far riflettere: una donna con diabete ha un rischio maggiore di infarto di 3-5 volte, e di malattie al cuore e disturbi della circolazione di 3 volte, rispetto a una donna non diabetica di pari età e peso», spiega Valeria Manicardi, consigliere del Gruppo Donna Amd. Lecito, dunque, chiedersi da cosa dipendono queste differenze, considerato che non sono imputabili a una diversa cura e assistenza riservata alle donne. «È possibile che ciò dipenda da una diversa risposta di genere ai farmaci e ai trattamenti» spiega Titti Suraci, consigliere del Gruppo Donna Amd. «Possono inoltre esistere altre differenze biologiche nello stesso sviluppo della malattia e delle sue complicanze; tendiamo a escludere, invece, che fattori come la compliance, abbiano un ruolo, in quanto le donne hanno una migliore attenzione alla salute e alle cure prescritte». Così Mariarosaria Cristofaro, coordinatrice del Gruppo Donna Amd: «Le differenze di genere emerse ci devono far riflettere sulla necessità di personalizzare la cura, per esempio intensificando il trattamento fino a ottenere i risultati desiderati per i maggiori fattori di rischio cardiovascolari, in particolare nelle donne».



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