01 febbraio 2013
Interviste
Nuove pillole, sicure se prescritte in modo appropriato
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È in corso un dibattito, avviato in Francia, ma anche in Inghilterra e ora in mano alla Agenzia europea del farmaco (Ema), sulla sicurezza delle nuove pillole contraccettive, combinazioni ormonali di estrogeni e progestinici di terza e quarta generazione. Sono denominate in questo modo per la presenza di progestinici via via sempre più nuovi, levonorgestrel per le pillole di seconda generazione; desogestrel o gestodene per le formulazioni di terza generazione, per poi arrivare a quelle nuovissime di quarta generazione che contengono drospirenone. Tutte presentano un buon profilo di tolleranza, che le ha rese particolarmente popolari, ma hanno un margine di rischio che attualmente è stato messo in discussione. La stessa Ema scrive: «Per tutti i contraccettivi combinati è noto che comportino un rischio, molto raro, di formazione di coaguli di sangue», che possono provocare trombosi, e che «il rischio è differente a seconda del tipo di contraccettivo combinato utilizzato».
È proprio per questi motivi che sono tenuti costantemente e strettamente sotto monitoraggio dalle autorità di farmacovigilanza e prescritti, per lo meno in Italia, secondo linee guida che richiedono alla paziente, esami di controllo e anamnesi, proprio per individuare eventuali fattori di rischio che ne sconsiglino la prescrizione o la prescrizione di pillole meno nuove ma più sicure da punto di vista del rischio trombotico. Come confermato, infatti, da Rossella Nappi, ginecologa e docente di Clinica ostetrica e ginecologica presso l'Università degli Studi di Pavia, «i ginecologi italiani prescrivono i contraccettivi orali con modalità personalizzate, secondo le linee guida nazionali e con una maggiore selezione prescrittiva delle pazienti alle quali si richiedono esami e anamnesi». In Francia, dove appunto il governo sta cercando di limitare la prescrizione di pillole di terza e quarta generazione in favore di quelle che, dalla letteratura, si desume abbiano rischi minori, lo scenario è ben diverso: «In Francia vengono prescritti con molta più facilità, anche alle adolescenti. È lo stesso medico di famiglia, spesso, che li prescrive e il risultato, anche di una diversa cultura, è che il 44% delle donne francesi ne fa uso, mentre in Italia solo il 6% delle donne vi ricorre come metodo contraccettivo». Dunque, ciò che ha fatto scattare l'allarme Oltralpe è la facilità di prescrizione senza troppi controlli e l'ampio uso che se ne fa, poiché sui grandi numeri anche un rischio molto basso, «e si parla di rischi davvero minimi» chiarisce l'esperta, può diventare un problema sanitario. Inoltre, chiarisce la ginecologa, va fatto un distinguo: «Le pillole di seconda generazione sono lo standard quando l'obiettivo della paziente è la contraccezione. Ma se bisogna intervenire con una terapia estro-progestinica per curare dismenorrea o acne, allora vanno valutati anche i contraccettivi di terza e quarta generazione, farmaci di dimostrata efficacia valutandoli nell'ambito di un counselling personalizzato che definisca i rischi e benefici del trattamento».
Ma anche l'uso terapeutico della pillola nella terapia dell'acne grave sta facendo discutere. In questo caso, nel mirino delle autorità francesi, è finito un vecchio farmaco, la combinazione ciproterone acetato/etinilestradiolo, commercializzata come Diane35, di cui ha chiesto la sospensione dal commercio, e ora si attende la risposta dell'Ema. Il farmaco è nato come trattamento del disturbo ma impropriamente usato, almeno in Francia, come contraccettivo, dato che la contraccezione è un effetto del farmaco. Ma non può essere prescritto come tale, come recita chiaramente il foglietto illustrativo la cui inosservanza da parte dei medici, viene chiamata off-label. «L'uso off label esiste in medicina» chiarisce l'esperta «ma in questo caso significa che, se prescritto come anticoncezionale, verrà usato per un periodo lunghi esponendo alcune donne, per età e altri fattori di rischio, a trombosi ed embolismo polmonare. Per noi ginecologi è prassi informare la paziente, a cui viene prescritta per curare l'acne grave, sull'effetto contraccettivo del farmaco, ma la terapia non deve andare oltre i 12 mesi». «Le linee guida italiane» prosegue Nappi «ne prevedono un uso nel trattamento dell'acne per brevi periodi, per 3, 6 al massimo 12 mesi, per poi proseguire con pillole a dosaggio più basso che mantengono i risultati raggiunti». In Italia non è noto un uso improprio e i dati di vendita, commenta la ginecologa «non sono così alti da far pensare che venga prescritta in modo inappropriato». Il rischio di trombosi venosa è descritto nel foglio illustrativo e nel riassunto delle caratteristiche del prodotto destinato al medico e per il momento in Italia non dovrebbero essere prese decisioni, ma l'Aifa attende la posizione ufficiale europea.
Simona Zazzetta
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