27 febbraio 2013
Aggiornamenti e focus
Malattie rare, Italia: buona la ricerca ma non l'assistenza
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L'Italia è all'avanguardia sulla ricerca delle malattie rare ma la rete assistenziale non è all'altezza delle necessità e dei bisogni dei pazienti stimati attorno a 1-1,5 milioni. Il punto sulla condizione nel nostro paese delle persone colpite da una malattia rara lo propone Bruno Dallapiccola, genetista e direttore scientifico dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù, in occasione della Giornata della malattie rare, che si celebra il 28 febbraio. A testimoniare l'avanguardia italiana sulla ricerca, spiega il genetista, «i risultati conseguiti dagli scienziati di Telethon, nonostante la penuria di fondi, c'è ancora molto da fare sulla rete di assistenza». Con la riabilitazione, la robotica e le protesi «si può offrire a famiglie e malati un grande aiuto» continua «più che con i farmaci. Ma la rete di 215 presidi nazionali non sempre è all'altezza delle necessità e dei bisogni. Le regioni li hanno scelti con criteri soggettivi, e di fatto in Italia ci sono 20 modi diversi di interpretare le malattie rare. In questo settore le regioni dovrebbero fare un passo indietro e lasciare un maggior ruolo di coordinamento al ministero della Salute». Il reale nodo da risolvere, sottolinea Dallapiccola, è la bozza di piano sulle malattie rare: «dovrebbe passare per la Conferenza Stato-Regioni ed essere operativa entro la fine dell'anno, ma con l'attuale situazione politica temo che non si riusciranno a rispettare i tempi». Il piano dovrà organizzare a livello regionale la presa in carico, la ricerca, la formazione e informazione sulle malattie rare, «ma manca un riferimento economico» aggiunge l'esperto «e questo perché, nonostante i tanti soldi spesi, non si hanno i dati regionali su quanto costino le malattie rare». Tra le conseguenze, la difficoltà dei pazienti e delle famiglie a trovare risposte ai propri bisogni, tant'è che secondo una ricerca dell'Università di Milano-Bicocca, e dall'Associazione italiana Còrea di Huntington, dei 5.000 pazienti che soffrono di questa patologia rara e dei 15 mila a rischio, molti non passano nemmeno dal Servizio sanitario nazionale ma scelgono direttamente cure private. E nel pubblico incontrano carenza di personale medico e sanitario specializzato nell'assistenza per questo tipo di patologia.
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