Bpco, toglie il respiro se la diagnosi non è precoce

24 maggio 2013
Interviste

Bpco, toglie il respiro se la diagnosi non è precoce



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Tosse, espettorato e mancanza di respiro, sono i primi campanelli d'allarme che devono fare insorgere, soprattutto nei fumatori, il sospetto di broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco). Purtroppo la malattia spesso viene diagnosticata in fase avanzata e se raggiunge uno stadio grave il paziente deve ricorrere all'ossigenoterapia per sopravvivere, con un conseguente significativo abbassamento della qualità di vita. Per non arrivare a questo, serve una diagnosi precoce e l'avvio di una terapia adeguata già ai primi sintomi, come spiegano Francesco Blasi, docente di Malattie dell'apparato respiratorio dell'Università degli studi di Milano e Vito Brusasco professore ordinario di Malattie dell'apparato respiratorio del Dipartimento di medicina interna e specialità mediche dell'Università di Genova.

Che cos'è la Bpco e come si manifesta?
È una condizione patologica che provoca un danno a carico delle vie aree e del tessuto del polmone, causata principalmente dal fumo di sigaretta e, in misura minore, da altri agenti inquinanti. Provoca una sindrome ostruttiva, cioè una difficoltà a emettere aria dai polmoni e una caduta della funzione respiratoria. La presenza di tosse e di espettorato è il "sintomo sentinella", e precoce, soprattutto in chi ha l'abitudine al fumo, tuttavia nelle sue fasi iniziali, la malattia, non viene di solito riconosciuta poiché i sintomi compaiono in maniera subdola e possono essere confusi con i segni dell'invecchiamento o con una banale tosse da raffreddamento.

Quali sono i sintomi tipici della patologia?
Oltre alla tosse, che compare precocemente, la mancanza di respiro, o dispnea, è l'altro sintomo caratteristico che facilita ulteriormente la diagnosi ma compare soltanto in una fase più tardiva, quando la funzione respiratoria è ormai compromessa. Tosse e catarro si manifestano in particolare al mattino, poiché durante la notte si crea un ristagno di secrezioni nell'albero respiratorio, che il polmone del fumatore non è in grado di "ripulire" poiché il fumo di sigaretta altera la funzione delle ciglia che hanno il compito di eliminare il muco. La mancanza di respiro subentra, invece, in una fase più avanzata della patologia perché è legata all'alterazione della funzione respiratoria che regola gli scambi di ossigeno e anidride carbonica tra sangue e aria all'interno del polmone.

Qual è lo strumento diagnostico più efficace per accertare la presenza della patologia e il suo grado di severità?
La diagnosi della Bpco avviene tramite la spirometria, un esame semplice e accurato che dura pochi minuti e che consiste nel respirare e soffiare all'interno di un tubo collegato ad un apparecchio. La spirometria permette di definire i volumi e i flussi dell'aria inspirata ed espirata e consente così non solo di diagnosticare le principali malattie respiratorie, ma anche di quantificare con esattezza il danno funzionale. La spirometria rappresenta il primo step del percorso diagnostico che, dove opportuno, può essere integrato con altri esami più specifici come l'emogasanalisi arteriosa, che valuta la pressione parziale di ossigeno e di anidride carbonica nel sangue arterioso, come indice della funzionalità del polmone.

Quali sono le terapie per trattare la Bpco?
L'ostruzione al flusso aereo rappresenta l'anomalia funzionale caratteristica della Bpco e, pertanto, la sua riduzione è considerata come l'obiettivo primario del trattamento di questa condizione morbosa. Il mantenimento della massima broncodilatazione possibile nel paziente si traduce in un miglioramento della funzione respiratoria, ma anche dei più importanti indicatori clinici, quali i sintomi, la qualità di vita, la tolleranza all'esercizio fisico, le riacutizzazioni e la sopravvivenza. La terapia farmacologica si è dimostrata efficace nel ridurre il declino della funzione respiratoria solo se iniziata negli stadi più lievi di malattia, e in ogni caso, essendo la malattia cronica, va seguita per tutta la vita. Non deve essere, infatti, sospesa quando si avverte il miglioramento poiché una sua riacutizzazione causerebbe un più severo peggioramento della patologia. Lo specialista di riferimento è lo pneumologo e può trattare il paziente con farmaci broncodilatatori e anti-infiammatori. I broncodilatatori, prevalentemente utilizzati per via inalatoria, rappresentano la base essenziale della terapia farmacologica. Al fine di migliorare la sintomatologia dispnoica, la funzione respiratoria, la tolleranza all'esercizio fisico e la qualità globale della vita, i broncodilatatori più importanti sono quelli a lunga durata d'azione, comprendenti gli antimuscarinici (Lama) e gli agonisti beta-2 adrenergici (Laba).



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