Intervento al cuore: tecnica innovativa a torace chiuso

19 dicembre 2016
Interviste

Intervento al cuore: tecnica innovativa a "torace chiuso"



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Niente più cicatrici di 20-30 centimetri che attraversano il torace e mesi di riabilitazione prima di poter ritornare alle normali attività quotidiane. Grazie alla cardiochirurgia endoscopica, un nuovo approccio chirurgico disponibile oggi solo in pochi centri italiani, è possibile affrontare molti degli interventi di cardiochirurgia limitando notevolmente gli effetti negativi per il paziente. A Milano, gli interventi chirurgici maggiori di endoscopia cardiaca sono iniziati da pochi mesi al Centro cardiologico Monzino, dove opera Emad Al Jaber (nella foto con la sua equipe mentre esegue un intervento cardiochirurgico in endoscopia), membro dell'equipe dell'U.O di Cardiochirurgia sviluppo e innovazione diretta da Gianluca Polvani. Al Jaber, formatosi presso la scuola di endoscopia cardiaca vicentina, ci spiega in cosa consiste la nuova tecnica e quali sono i vantaggi rispetto alla chirurgia classica.

Dottor Al Jaber, in cosa consiste la cardiochirurgia endoscopica?
«Quando si parla di cardiochirurgia endoscopica ci si riferisce all'ultima frontiera della cardiochirurgia. Semplificando molto possiamo dire che in questo tipo di chirurgia, il chirurgo non solo è "assistito" dalla telecamera come si faceva nella cardiochirurgia mini-invasiva classica, ma è completamente video-guidato dalla telecamera. Attraverso una piccola incisione (circa 3 cm e a volte anche inferiore) si introducono una telecamera e gli strumenti chirurgici necessari all'intervento e si segue tutto su un monitor collegato e presente in sala operatoria. L'endoscopia non è un'idea particolarmente nuova, ma è stata rubata dai cardiochirurghi ai colleghi di altre specialità come la chirurgia addominale, l'ortopedia e la ginecologia che la usavano da tempo».

Come si è arrivati a questa tecnica e quali sono le differenze principali rispetto alla chirurgia tradizionale?
«La storia della cardiochirurgia comincia con incisioni da 30 cm e l'apertura completa dello sterno (sternotomia) per arrivare fino al cuore, che veniva fermato mettendo poi in atto la circolazione extracorporea prima di procedere all'intervento sull'organo. Solo da questa descrizione è facile immaginare quanto tale intervento sia pesante per il paziente e quante possono essere le complicazioni post-chirurgiche.
Con la cardiochirurgia mini-invasiva si è cominciato a usare l'ottica e le telecamere e si riusciti a mettere in campo interventi meno pesanti per il paziente (per esempio con incisioni di una decina di centimetri nella parte laterale del torace e aprendo solo in parte lo sterno), ma con la cardiochirurgia endoscopica si arriva anche oltre con grandi benefici soprattutto per il paziente».

A quali tipologie di intervento chirurgico può essere applicata l'endoscopia cardiaca?
«In linea generale possiamo dire che circa il 70 per cento delle patologie cardiache che necessitano intervento chirurgico può essere affrontata con la tecnica endoscopica: interventi sulla valvola mitralica, tricuspidale e aortica, difetti congeniti trattati in età adulta tipo difetto interatriale e intraventricolare, patologie del ritmo cardiaco come la fibrillazione atriale e anche alcuni casi di bypass aorto-coronarici con la stessa sicurezza e la stessa efficacia degli interventi classici».

Quali sono i principali vantaggi per il paziente?
«I vantaggi per il paziente sono davvero enormi: si riducono notevolmente il dolore post-operatorio, il traumatismo legato all'apertura dello sterno, il rischio di infezioni e la durata del periodo di riabilitazione prima di riprendere le normali attività. Dopo quattro giorni dall'intervento di cardiochirurgia endoscopica il paziente può andare a casa e dopo una decina di giorni può riprendere la vita quotidiana».

Chi può trarre maggior beneficio da questo nuovo approccio?
«Questa tecnica è rivolta a tutti, ma è adatta soprattutto ai giovani e coloro che non hanno alcun fattore di rischio. Si tratta di interventi che non lasciano alcuna sequela e anche dal punto di vista estetico il risultato è sorprendente. Trattandosi di interventi salvavita si potrebbe pensare che quello estetico sia l'ultimo dei problemi, ma in realtà dal punto di vista psicologico questo aspetto può fare la differenza, specie nelle donne e nei più giovani. Ovviamente anche chi ha complicazioni di salute o fattori di rischio particolari può trarre vantaggio da un intervento meno invasivo e meno rischioso sotto tanti punti di vista».

Qual è la situazione italiana oggi riguardo la cardiochirurgia endoscopica e cosa ci si aspetta per il futuro?
«I centri in Italia che praticano l'endoscopia cardiaca pura si contano oggi sulle dita di una mano. Serve una grande preparazione che si basa sul lavoro e l'esperienza di altri e non è semplice formarsi. Io ho avuto la fortuna e l'onore di formarmi con Loris Salvador, a Vicenza, uno dei maggiori esperti a livello internazionale di cardiochirurgia endoscopica. Devo riconoscere che con questo approccio cambia completamente il modo di lavorare e ci vuole davvero molta pazienza da parte del chirurgo per poter raggiungere risultati soddisfacenti.
Il mio augurio comunque è che questa tecnica diventi la normalità e la tradizione perché a mio parere una grande e positiva rivoluzione che rende felice il paziente. Ed è questo che cerca anche il chirurgo: la salute e la soddisfazione del proprio paziente».

Cristina Ferrario



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