03 maggio 2017
Aggiornamenti e focus
Parkinson: qualche ora di esercizio a settimana può rallentarlo
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Potrebbe sembrare paradossale ma muoversi è una strategia vincente per rallentare i problemi di salute legati alla malattia di Parkinson, un disturbo neurologico che causa tremori e problemi nel movimento. Ne sono convinti i ricercatori guidati da Miriam Rafferty, del Northwestern university e Rehabilitation institute di Chicago, che hanno appena pubblicato un articolo sull'argomento sulla rivista Journal of Parkinson's disease .
«Studi precedenti avevano dimostrato che programmi appropriati di esercizio possono migliorare mobilità e la qualità della vita legata alla salute in pazienti con malattia di Parkinson» esordisce la ricercatrice, che poi aggiunge: «Con il nostro lavoro siamo andati a valutare se i cambiamenti nelle abitudini di attività fisica producessero cambiamenti in questi due parametri nell'arco di due anni».
Per raggiungere l'obiettivo Rafferty e colleghi hanno coinvolto nella ricerca circa 3.400 pazienti con malattia di Parkinson provenienti da Stati Uniti, Olanda e Israele sottoposti ad alcuni test per misurare la progressione della malattia e dei problemi di movimento tipici di chi soffre della patologia. «Ci siamo serviti di test specifici come la misurazione del tempo necessario per alzarsi dalla sedia o della distanza percorsa in 10 minuti di cammino» continua l'esperta, che ha suddiviso i pazienti in due gruppi: quelli che svolgevano ogni settimana i 150 minuti di attività fisica raccomandati dalle linee guida e quelli che invece non raggiungevano tale soglia.
A conti fatti le analisi hanno dimostrato che un aumento dell'attività fisica settimanale aiuta a rallentare il declino fisico tipico del Parkinson, con risultati più significativi in chi già all'inizio dello studio arrivava alla soglia dei 150 minuti di attività fisica a settimana e nelle persone con malattia avanzata. «Nello studio non siamo andati a indagare nel dettaglio quale di tipo di attività fisica fosse migliore per rallentare i problemi legati al Parkinson» afferma Rafferty che poi conclude: «Ciò che importa è osservare che l'esercizio fisico può fare la differenza e che i pazienti possono scegliere quello che più piace loro: l'importante è muoversi, anche quando la malattia ha superato le fasi iniziali».
Fonte: J Parkinsons Dis. 2017;7(1):193-202. doi: 10.3233/JPD-160912
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...e inoltre su Dica33:
«Studi precedenti avevano dimostrato che programmi appropriati di esercizio possono migliorare mobilità e la qualità della vita legata alla salute in pazienti con malattia di Parkinson» esordisce la ricercatrice, che poi aggiunge: «Con il nostro lavoro siamo andati a valutare se i cambiamenti nelle abitudini di attività fisica producessero cambiamenti in questi due parametri nell'arco di due anni».
Per raggiungere l'obiettivo Rafferty e colleghi hanno coinvolto nella ricerca circa 3.400 pazienti con malattia di Parkinson provenienti da Stati Uniti, Olanda e Israele sottoposti ad alcuni test per misurare la progressione della malattia e dei problemi di movimento tipici di chi soffre della patologia. «Ci siamo serviti di test specifici come la misurazione del tempo necessario per alzarsi dalla sedia o della distanza percorsa in 10 minuti di cammino» continua l'esperta, che ha suddiviso i pazienti in due gruppi: quelli che svolgevano ogni settimana i 150 minuti di attività fisica raccomandati dalle linee guida e quelli che invece non raggiungevano tale soglia.
A conti fatti le analisi hanno dimostrato che un aumento dell'attività fisica settimanale aiuta a rallentare il declino fisico tipico del Parkinson, con risultati più significativi in chi già all'inizio dello studio arrivava alla soglia dei 150 minuti di attività fisica a settimana e nelle persone con malattia avanzata. «Nello studio non siamo andati a indagare nel dettaglio quale di tipo di attività fisica fosse migliore per rallentare i problemi legati al Parkinson» afferma Rafferty che poi conclude: «Ciò che importa è osservare che l'esercizio fisico può fare la differenza e che i pazienti possono scegliere quello che più piace loro: l'importante è muoversi, anche quando la malattia ha superato le fasi iniziali».
Fonte: J Parkinsons Dis. 2017;7(1):193-202. doi: 10.3233/JPD-160912
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