14 settembre 2010
Aggiornamenti e focus
Salvare il cuore, ma non a spese del rene
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Le ricerche svolte dal team dellUnità di Terapia Intensiva Cardiologica dellIRCCS Centro Cardiologico Monzino hanno dato un rilevante contributo alla sicurezza di coronarografia e angioplastica anche nei pazienti affetti da insufficienza renale
Coronarografia e angioplastica, sono metodiche, rispettivamente diagnostica e curativa, note anche al grande pubblico e, giustamente, sono considerate veri e propri salvavita. Meno noto, invece, è che purtroppo esiste una quota non trascurabile di pazienti che se ne gioverebbero ma di norma non vengono trattati, per timore di complicazioni. ''E il caso dei pazienti affetti da insufficienza renale, per i quali si ritiene che i rischi di questi interventi superino i benefici che ne trarrebbero, soprattutto a causa della cosiddetta nefropatia da mezzo di contrasto''. Così spiega il dottor Giancarlo Marenzi, responsabile dellUnità di Terapia Intensiva Cardiologica dellIRCCS Centro Cardiologico Monzino di Milano. Infatti, sia per le indagini diagnostiche, sia per rivascolarizzare le coronarie con il famoso ''palloncino'' è necessario ricorrere a farmaci che rendano visibili radiologicamente le strutture vascolari, e questi mezzi di contrasto hanno appunto un effetto tossico sul rene, sempre da evitare ma a maggior ragione in persone già sofferenti. Il problema è particolarmente sentito in cardiologia sia perchè i pazienti cardiologici hanno spesso problemi renali, per esempio dovuti a ipertensione e diabete, sia perchè le procedure adottate, come langioplastica, richiedono quantità di mezzo di contrasto superiori a quelle necessarie per altre indagini.
''Secondo un registro nazionale canadese, nei pazienti con insufficienza renale sottoposti a coronarografia la mortalità a un anno è pari al 30%'' prosegue Marenzi. ''Daltra parte, altri studi, dedicati alla storia naturale di questi pazienti hanno dimostrato che quando vi è uninsufficienza renale grave, nel 50% dei casi si va incontro a morte per cause cardiovascolari nellarco di 5 anni. Di conseguenza, è vero che le pratiche interventistiche comportano rischi, ma se ne presentano altrettanti se non si interviene. La sfida che si pone al cardiologo è riuscire a ridurre gli inconvenienti e poter trattare il maggior numero possibile di pazienti''. Il dottor Marenzi e la sua èquipe sono da anni impegnati nella ricerca in questo campo, ricerca che è sfociata nella pubblicazione di diversi studi su riviste di assoluto prestigio e, naturalmente, in positivi risultati clinici nel reparto da lui diretto. ''La nostra esperienza dimostra che con alcune misure di profilassi è possibile ridurre in misura molto significativa la nefropatia da mezzo di contrasto. In particolare, una delle nostre ricerche, pubblicata sul New England Journal of Medicine, si è centrata sulluso dellemofiltrazione. Si tratta di una tecnica, in circolazione extracorporea simile alla dialisi ma più semplice, nella quale si ha la sostituzione dellacqua plasmatica. Una sorta di idratazione a grandi volumi, quindi un perfezionamento dellinfusione di soluzione salina utilizzata a questo scopo. Il nostro studio non soltanto ha dimostrato che così facendo si previene la nefropatia da contrasto, che era lobiettivo principale dello studio, ma si riduce anche la mortalità intraospedaliera, cioè i decessi immediatamente successivi allintervento. Un altro risultato positivo è che lemofiltrazione, nella nostra esperienza, ha praticamente azzerato i casi in cui si ha una nefropatia acuta così grave da richiedere il trattamento con la dialisi. Si tratta di un evento fortunatamente raro, il 2-3% della casistica, ma che quando accade può avere strascichi importanti. In primo luogo perchè la dialisi comporta una degenza di sette giorni in unità di cure intensive, poi un successivo ricovero in ospedale molto prolungato e poi, nel 30% dei pazienti, causa il passaggio alla dialisi cronica''. Per il paziente i disagi aggiuntivi sono pressochè nulli: si tratta di restare collegato per qualche ora alla macchina per lemofiltrazione, prima dellesecuzione, e di ritornarvi dopo lintervento. Una pratica indolore, nella quale, al limite, ci si annoia un po...
Lattenzione che il gruppo del Centro Cardiologico Monzino riserva a questo aspetto non si limita al ruolo dellemofiltrazione. ''Nel nostro lavoro siamo anche andati a una definizione più precisa della stessa insufficienza renale, che di solito viene valutata in base al parametro della creatininemia, cioè della presenza nel sangue di una proteina, la creatinina. Ebbene, se questo valore viene rapportato, per esempio, al peso e alletà della persona, si scopre che in realtà le persone che presentano uninsufficienza renale sono più di quelle diagnosticate in base a un valore fisso. Di conseguenza, aumenta il numero delle persone per le quali bisogna attuare la profilassi contro la nefropatia da mezzo di contrasto'' spiega il dottor Marenzi. La ricerca del Centro Cardiologico Monzino, prosegue anche in questo filone, per esempio sullindividuazione di marker più affidabili della nefropatia. ''Attualmente, in collaborazione con luniversità di Basilea, stiamo valutando il controllo, anzichè della cretininemia, dei valori della cistatina C. Anche questa è una proteina che normalmente viene filtrata dal rene, però, non dovendo sottostare a passaggi metabolici, il suo innalzamento è immediato. Di conseguenza, mentre attraverso la creatininemia linsulto renale, che è immediato, viene evidenziato solo dopo qualche giorno, con questo marker il riscontro è pressochè immediato''. Si può concludere che oggi coronarografia e angioplastica sono sicure per tutti? ''Per tutti no, perchè i trattamenti descritti non sono applicabili a tutti i pazienti con danno renale indistintamente, ma certo permettono di ampliare significativamente il numero dei pazienti che possono averne beneficio senza timori di altre conseguenze gravi''.
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Coronarografia e angioplastica, sono metodiche, rispettivamente diagnostica e curativa, note anche al grande pubblico e, giustamente, sono considerate veri e propri salvavita. Meno noto, invece, è che purtroppo esiste una quota non trascurabile di pazienti che se ne gioverebbero ma di norma non vengono trattati, per timore di complicazioni. ''E il caso dei pazienti affetti da insufficienza renale, per i quali si ritiene che i rischi di questi interventi superino i benefici che ne trarrebbero, soprattutto a causa della cosiddetta nefropatia da mezzo di contrasto''. Così spiega il dottor Giancarlo Marenzi, responsabile dellUnità di Terapia Intensiva Cardiologica dellIRCCS Centro Cardiologico Monzino di Milano. Infatti, sia per le indagini diagnostiche, sia per rivascolarizzare le coronarie con il famoso ''palloncino'' è necessario ricorrere a farmaci che rendano visibili radiologicamente le strutture vascolari, e questi mezzi di contrasto hanno appunto un effetto tossico sul rene, sempre da evitare ma a maggior ragione in persone già sofferenti. Il problema è particolarmente sentito in cardiologia sia perchè i pazienti cardiologici hanno spesso problemi renali, per esempio dovuti a ipertensione e diabete, sia perchè le procedure adottate, come langioplastica, richiedono quantità di mezzo di contrasto superiori a quelle necessarie per altre indagini.
''Secondo un registro nazionale canadese, nei pazienti con insufficienza renale sottoposti a coronarografia la mortalità a un anno è pari al 30%'' prosegue Marenzi. ''Daltra parte, altri studi, dedicati alla storia naturale di questi pazienti hanno dimostrato che quando vi è uninsufficienza renale grave, nel 50% dei casi si va incontro a morte per cause cardiovascolari nellarco di 5 anni. Di conseguenza, è vero che le pratiche interventistiche comportano rischi, ma se ne presentano altrettanti se non si interviene. La sfida che si pone al cardiologo è riuscire a ridurre gli inconvenienti e poter trattare il maggior numero possibile di pazienti''. Il dottor Marenzi e la sua èquipe sono da anni impegnati nella ricerca in questo campo, ricerca che è sfociata nella pubblicazione di diversi studi su riviste di assoluto prestigio e, naturalmente, in positivi risultati clinici nel reparto da lui diretto. ''La nostra esperienza dimostra che con alcune misure di profilassi è possibile ridurre in misura molto significativa la nefropatia da mezzo di contrasto. In particolare, una delle nostre ricerche, pubblicata sul New England Journal of Medicine, si è centrata sulluso dellemofiltrazione. Si tratta di una tecnica, in circolazione extracorporea simile alla dialisi ma più semplice, nella quale si ha la sostituzione dellacqua plasmatica. Una sorta di idratazione a grandi volumi, quindi un perfezionamento dellinfusione di soluzione salina utilizzata a questo scopo. Il nostro studio non soltanto ha dimostrato che così facendo si previene la nefropatia da contrasto, che era lobiettivo principale dello studio, ma si riduce anche la mortalità intraospedaliera, cioè i decessi immediatamente successivi allintervento. Un altro risultato positivo è che lemofiltrazione, nella nostra esperienza, ha praticamente azzerato i casi in cui si ha una nefropatia acuta così grave da richiedere il trattamento con la dialisi. Si tratta di un evento fortunatamente raro, il 2-3% della casistica, ma che quando accade può avere strascichi importanti. In primo luogo perchè la dialisi comporta una degenza di sette giorni in unità di cure intensive, poi un successivo ricovero in ospedale molto prolungato e poi, nel 30% dei pazienti, causa il passaggio alla dialisi cronica''. Per il paziente i disagi aggiuntivi sono pressochè nulli: si tratta di restare collegato per qualche ora alla macchina per lemofiltrazione, prima dellesecuzione, e di ritornarvi dopo lintervento. Una pratica indolore, nella quale, al limite, ci si annoia un po...
Lattenzione che il gruppo del Centro Cardiologico Monzino riserva a questo aspetto non si limita al ruolo dellemofiltrazione. ''Nel nostro lavoro siamo anche andati a una definizione più precisa della stessa insufficienza renale, che di solito viene valutata in base al parametro della creatininemia, cioè della presenza nel sangue di una proteina, la creatinina. Ebbene, se questo valore viene rapportato, per esempio, al peso e alletà della persona, si scopre che in realtà le persone che presentano uninsufficienza renale sono più di quelle diagnosticate in base a un valore fisso. Di conseguenza, aumenta il numero delle persone per le quali bisogna attuare la profilassi contro la nefropatia da mezzo di contrasto'' spiega il dottor Marenzi. La ricerca del Centro Cardiologico Monzino, prosegue anche in questo filone, per esempio sullindividuazione di marker più affidabili della nefropatia. ''Attualmente, in collaborazione con luniversità di Basilea, stiamo valutando il controllo, anzichè della cretininemia, dei valori della cistatina C. Anche questa è una proteina che normalmente viene filtrata dal rene, però, non dovendo sottostare a passaggi metabolici, il suo innalzamento è immediato. Di conseguenza, mentre attraverso la creatininemia linsulto renale, che è immediato, viene evidenziato solo dopo qualche giorno, con questo marker il riscontro è pressochè immediato''. Si può concludere che oggi coronarografia e angioplastica sono sicure per tutti? ''Per tutti no, perchè i trattamenti descritti non sono applicabili a tutti i pazienti con danno renale indistintamente, ma certo permettono di ampliare significativamente il numero dei pazienti che possono averne beneficio senza timori di altre conseguenze gravi''.
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