14 settembre 2010
Aggiornamenti e focus
Flebite: chirurgia
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Indipendentemente dalla causa, quando una vena non svolge più correttamente la sua funzione, e quando le terapie medica e non farmacologiche non hanno effetto, la soluzione è eliminarla. Può sembrare una scelta drastica e potenzialmente dannosa, ma in effetti la circolazione venosa non viene compromessa perchè le altre vene sopperiscono o aumentando la portata di sangue o creando veri e propri ''percorsi alternativi''.
Normalmente il paziente viene avviato a questi trattamenti invasivi quando le vene varicose sono spesso dolenti, oppure quando si producono ricorrenti trombi e infiammazioni o anche per motivi estetici. Secondo una recente indagine condotta tra i chirurghi della britannica Vascular Surgical Society, i sintomi e le complicazioni sono la motivazione prevalente dell'intervento (97 e 98% di indicazioni) ma anche il desiderio di migliorare l'estetica delle gambe, la localizzazione prevalente delle vene varicose, ha il suo peso (55%)
Sostanzialmente i metodi sono due: si può rimuovere chirurgicamente la vena oppure la si può eliminare dal circolo senza asportarla con la scleroterapia o terapia sclerosante
Tecniche chirurgiche
Ormai da tempo è stata standrdizzata una metodica chiamata dall'inglese stripping, che significa ''sfilare''. L'intervento viene condotto in anestesia generale e consiste nel legare e tagliare l'estremità superiore della vena varicosa, di norma all'altezza dell'anca quando sono i gioco i vasi più grossi, così come quella inferiore. Fatto questo si inserisce nel lume della vena sezionata una sonda simile a un cavetto e si procede a sfilare il segmento.
Dopo l'intervento, alla zona interessata dallo stripping viene applicato un bendaggio compressivo, così da minimizzare il gonfiore (edema). La convalescenza è piuttosto rapida e sempre più spesso il paziente è dimesso il giorno successivo allo stripping, visto che di norma è possibile camminare e, anzi, è consigliato; allo stesso modo si consiglia di tenere le gambe sollevate rispetto al piano in cui giace il tronco quando il paziente si corica.
La terapia sclerosante e le altre tecniche
Si effettua iniettando nella vena o nelle vene varicose una sostanza irritante (molto frequentemente sodio tetradecilfosfato) che provoca l'infiammazione del vaso con la formazione di tessuto fibroso, così che il lume della vena viene completamente chiuso e non si ha più passaggio di sangue. Per la terapia sclerosante si procede con il paziente sveglio e in posizione eretta; la procedura è piuttosto breve, viene praticata ambulatorialmente e comunque, dopo l'applicazione di un bendaggio elastico, il paziente può tornarsene a casa.
In aggiunta a questi due trattamenti, si possono avere interventi ''misti'' in cui alcune vene più grandi vengono legate e altre più piccole sottoposte a scleroterapia. Infine va segnalato che si sta sperimentando anche l'impiego del laser per l'obliterazione (chiusura) della vena safena. In questa tecnica una piccola sonda viene introdotta nel vaso attraverso una piccola incisione, e guidata servendosi dell'ecografia fino al punto in cui si vuole interrompere il flusso del sangue. Lì giunti si aziona il laser. I risultati sembrano promettenti, ma le ricerche continuano.
La scelta del trattamento
Sempre secondo l'indagine britannica citata prima, il 60% dei chirurghi ricorre alla terapia sclerosante, ma se sono coinvolti grossi vasi, cioè in pratica la safena, il ricorso alla chirurgia è, correttamente, la prima scelta. Un altro studio, però, ha segnalato che la terapia sclerosante sta un po' perdendo terreno, e viene spesso riservata ai casi in cui si è già interventuto chirurgicamente e, quindi, si tratta di eliminare le varici residue, oppure ancora ai casi in cui non vi sono problemi a monte della vena da trattare. I vantaggi soggettivi per i pazienti sono presto detti: la terapia sclerosante non richiede ricovero nè anestesia generale; d'altra parte lo stripping garantisce un minor numero di ricadute a 5-10 anni, e il paziente non deve indossare il bendaggio elastico per le 4-6 settimane richieste invece dalla terapia sclerosante.
Gli effetti indesiderati sono abbastanza simili per entrambi i trattamenti, consistendo prevalentemente nella possibilità che si riformino le vene varicose. Inoltre, a seguito dell'azione delle sostanze sclerosanti, si possono formare delle zone iperpigmentate sulla cute (macchie).
In linea generale, nella maggioranza dei casi dei casi il primo intervento di stripping è risolutivo, anche se c'è un 30% di casi in cui è necessario intervenire di nuovo. Alcuni studi hanno riportato che se si procede all'asportazione della safena il rischio che si ripresentino vene varicose si riduce di due terzi. In effetti, gran parte delle vene varicose sono dovute proprio alla scarsa funzionalità di questa vena, in particolare nella giunzione con la femorale. Se da questo punto ''alto'' comincia il reflusso del sangue è chiaro che le vene a valle sopporteranno un carico maggiore, e che intervenire solo su di esse, senza rimuovere la causa prima non può che favorire le recidive.
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Normalmente il paziente viene avviato a questi trattamenti invasivi quando le vene varicose sono spesso dolenti, oppure quando si producono ricorrenti trombi e infiammazioni o anche per motivi estetici. Secondo una recente indagine condotta tra i chirurghi della britannica Vascular Surgical Society, i sintomi e le complicazioni sono la motivazione prevalente dell'intervento (97 e 98% di indicazioni) ma anche il desiderio di migliorare l'estetica delle gambe, la localizzazione prevalente delle vene varicose, ha il suo peso (55%)
Sostanzialmente i metodi sono due: si può rimuovere chirurgicamente la vena oppure la si può eliminare dal circolo senza asportarla con la scleroterapia o terapia sclerosante
Tecniche chirurgiche
Ormai da tempo è stata standrdizzata una metodica chiamata dall'inglese stripping, che significa ''sfilare''. L'intervento viene condotto in anestesia generale e consiste nel legare e tagliare l'estremità superiore della vena varicosa, di norma all'altezza dell'anca quando sono i gioco i vasi più grossi, così come quella inferiore. Fatto questo si inserisce nel lume della vena sezionata una sonda simile a un cavetto e si procede a sfilare il segmento.
Dopo l'intervento, alla zona interessata dallo stripping viene applicato un bendaggio compressivo, così da minimizzare il gonfiore (edema). La convalescenza è piuttosto rapida e sempre più spesso il paziente è dimesso il giorno successivo allo stripping, visto che di norma è possibile camminare e, anzi, è consigliato; allo stesso modo si consiglia di tenere le gambe sollevate rispetto al piano in cui giace il tronco quando il paziente si corica.
La terapia sclerosante e le altre tecniche
Si effettua iniettando nella vena o nelle vene varicose una sostanza irritante (molto frequentemente sodio tetradecilfosfato) che provoca l'infiammazione del vaso con la formazione di tessuto fibroso, così che il lume della vena viene completamente chiuso e non si ha più passaggio di sangue. Per la terapia sclerosante si procede con il paziente sveglio e in posizione eretta; la procedura è piuttosto breve, viene praticata ambulatorialmente e comunque, dopo l'applicazione di un bendaggio elastico, il paziente può tornarsene a casa.
In aggiunta a questi due trattamenti, si possono avere interventi ''misti'' in cui alcune vene più grandi vengono legate e altre più piccole sottoposte a scleroterapia. Infine va segnalato che si sta sperimentando anche l'impiego del laser per l'obliterazione (chiusura) della vena safena. In questa tecnica una piccola sonda viene introdotta nel vaso attraverso una piccola incisione, e guidata servendosi dell'ecografia fino al punto in cui si vuole interrompere il flusso del sangue. Lì giunti si aziona il laser. I risultati sembrano promettenti, ma le ricerche continuano.
La scelta del trattamento
Sempre secondo l'indagine britannica citata prima, il 60% dei chirurghi ricorre alla terapia sclerosante, ma se sono coinvolti grossi vasi, cioè in pratica la safena, il ricorso alla chirurgia è, correttamente, la prima scelta. Un altro studio, però, ha segnalato che la terapia sclerosante sta un po' perdendo terreno, e viene spesso riservata ai casi in cui si è già interventuto chirurgicamente e, quindi, si tratta di eliminare le varici residue, oppure ancora ai casi in cui non vi sono problemi a monte della vena da trattare. I vantaggi soggettivi per i pazienti sono presto detti: la terapia sclerosante non richiede ricovero nè anestesia generale; d'altra parte lo stripping garantisce un minor numero di ricadute a 5-10 anni, e il paziente non deve indossare il bendaggio elastico per le 4-6 settimane richieste invece dalla terapia sclerosante.
Gli effetti indesiderati sono abbastanza simili per entrambi i trattamenti, consistendo prevalentemente nella possibilità che si riformino le vene varicose. Inoltre, a seguito dell'azione delle sostanze sclerosanti, si possono formare delle zone iperpigmentate sulla cute (macchie).
In linea generale, nella maggioranza dei casi dei casi il primo intervento di stripping è risolutivo, anche se c'è un 30% di casi in cui è necessario intervenire di nuovo. Alcuni studi hanno riportato che se si procede all'asportazione della safena il rischio che si ripresentino vene varicose si riduce di due terzi. In effetti, gran parte delle vene varicose sono dovute proprio alla scarsa funzionalità di questa vena, in particolare nella giunzione con la femorale. Se da questo punto ''alto'' comincia il reflusso del sangue è chiaro che le vene a valle sopporteranno un carico maggiore, e che intervenire solo su di esse, senza rimuovere la causa prima non può che favorire le recidive.
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