14 giugno 2017
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Pani-Lerner-Corbellini: per avvicinare le persone alla salute l'industria scommetta su un'immagine diversa
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Esiste un gap di comunicazione tra chi produce farmaci e vaccini salvavita e un'umanità sempre più sola di fronte all'ombra della malattia, anche quando ne parla alla tastiera del pc, e timorosa di essere lasciata indietro nei propri diritti. Il gap tra mondo scientifico e diffidenti va riempito con la responsabilità sociale d'impresa e sforzi di comunicazione "veri", che passano in certi casi per la rinuncia a fette di profitto da parte dell'industria. Pena l'ampliarsi del solco e il suicidio del genere umano, o meglio, l'applicazione su larga scala di quel paradosso in base al quale nei paesi in via di sviluppo si continua ad abbattere la mortalità infantile con le vaccinazioni mentre nel mondo industrializzato all'aumentare del tasso di istruzione delle famiglie crescono la fuga dai vaccini e si diffondono epidemie che si credevano debellate.
Sul tema si sono confrontati, alla presentazione a Milano del rinnovato Dica33, il portale di salute Edra per l'informazione al grande pubblico, il giornalista Gad Lerner, l'ex Dg Aifa ora membro Ema e docente a Miami Luca Pani e il docente Cnr Gilberto Corbellini, filosofo, che con Pani sta per dare alle stampe un nuovo libro sull'evoluzione dell'industria farmaceutica nella società dalla 2° guerra mondiale ai nostri giorni.
Il dibattito è sul perché le società avanzate non credono fino in fondo ai progressi della medicina, in particolare "allopatica", proprio ora che i prodotti delle industrie salvano vite più di prima, a cominciare dai principi attivi anti-epatite o dalle nuove linee per alcuni tumori e per le malattie autoimmuni.
Lerner ricorda come vent'anni fa, quando il tempo dedicato ai confronti in tv era più lungo e organizzato, i conflitti dialettici tra medici e famiglie che rifiutavano le terapie fossero meno insanabili. Corbellini conferma l'importanza del fattore-tempo nel rapporto di fiducia: un'indagine britannica lega la litigiosità (numero di richieste di risarcimento) a visite che durano sotto una soglia fatidica di 13 minuti e 20 secondi e al contrario rivela un crollo delle liti per visite lunghe oltre 18 minuti. «La comunicazione con il medico "accende" il cervello di un paziente-ascoltatore assorto nelle sue paure. Ma il problema è che i servizi sanitari non sono attrezzati a concedere al medico troppo tempo per persuadere o ascoltare», è l'argomento di Corbellini.
E veniamo alle industrie del farmaco. Subito dopo la seconda guerra mondiale la loro reputazione «era seconda solo a quella di Dio e dei Marines, oggi le cose sono cambiate malgrado i progressi e le centinaia di migliaia di dollari spesi in comunicazione», dice Pani riprendendo il libro appena scritto con Corbellini. È come se si vergognassero di dire che sono industrie e generano profitti, perché sul web c'è qualcuno che grida di non fidarsi».
Il timore è che scienza e maghi su internet stiano sullo stesso piano, nulla più contino le prove scientifiche di efficacia di fronte all'ignoranza o semplicemente a un pensiero reso meno lucido dall'apprensione dovuta alla malattia. Ma è così? E ancora, se per i medici ci sono rimedi - come riferisce Corbellini negli Usa ci sono i corsi di role playing in cui il camice si immedesima nel paziente - quali strategie comunicative devono adottare industrie e sistemi sanitari di fronte a lotte contro il tempo, come quella in Italia per eradicare la nuova epidemia di morbillo che ha portato al decreto legge sull'obbligatorietà dei vaccini, in un clima "no-vax vs pro-vax" anche se i primi sono solo un 3 per cento della popolazione e gli indecisi un 17 per cento? È probabile, convengono i relatori, che l'obbligatorietà del vaccino non convinca gli esitanti. E qui c'è però l'elemento che non ti aspetti: tra gli esitanti ad abbandonare i vaccini sono comunità con un tasso di scolarizzazione più elevato, i colletti bianchi californiani prima degli agricoltori del Mid-West. Perché? «Non è la superstizione o l'affidamento al mago la nota principale di questa disaffezione al mondo scientifico -puntualizza Lerner - ma un deficit di credibilità di questo mondo, che anziché farsi rappresentare dai Nobel, dovrebbe esaltare la funzione sociale dei propri sforzi e dare meno l'idea di vivere sui profitti».
Tentativi ce ne sono. In Grecia le industrie farmaceutiche hanno iniziato a pagare le cure. Del resto, afferma Pani, alcune di esse con i blockbuster hanno guadagnato svariate migliaia di volte il costo dell'investimento. Per lui ora «occorre dare l'idea, realistica, che chi lavora nella salute lavora per il bene comune e sta al fianco dei più deboli, che sono sempre di più».
Mauro Miserendino
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