03 marzo 2018
Eventi
Sentire poco, vivere male
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Si è celebrata il 3 marzo la Giornata Modiale dell'Udito, il World Hearing Day: quest'anno l'Organizzazione Mondiale della Sanità, si sofferma sull'impressionante trend di crescita dei disturbi dell'udito, mentre gli esperti sottolineano l'importanza della prevenzione per mettere un freno alla crescita esponenziale dei casi di ipoacusia, disturbo con cui in Italia convivono sette milioni di persone.
Una tendenza che si può contrastare con semplici accorgimenti, come ad esempio l'utilizzo di protezioni acustiche in luoghi rumorosi, il controllo periodico dell'udito e l'uso limitato di farmaci ototossici.
Impatto sulle attività quotidiane
Come evidenziato da un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Gerontology, una perdita di udito non trattata può far aumentare di un terzo il rischio di non riuscire a svolgere le attività quotidiane più semplici, come mangiare, vestirsi e fare la doccia. Inoltre, al mancato uso di protesi acustiche si associa anche una crescita delle probabilità di demenza (+21 per cento) e, negli uomini, di depressione (+43 per cento).
«Lo studio ha coinvolto oltre 3mila 500 persone osservate per 25 anni: i dati raccolti non solo confermano la tesi dell'esistenza di un legame tra ipoacusia, depressione e deficit cognitivi, ma introducono anche un nuovo elemento. Si evidenzia infatti come le persone con un disturbo dell'udito non curato abbiano un rischio maggiore di non riuscire più a svolgere le semplici attività quotidiane, come mangiare, vestirsi e farsi la doccia. Di fronte a un sospetto calo uditivo» spiega Alessandro Martini, direttore del Dipartimento di Neuroscienze e Organi di Senso, Professore Ordinario di Otorinolaringoiatria presso l'Azienda Ospedaliera Università di Padova «è quindi fondamentale intervenire il prima possibile, facendo un controllo dal medico e ricorrendo in caso di bisogno a protesi acustiche».
Questi dispositivi non solo permettono di tornare a sentire ma, stando ai risultati di questo importante studio, possono proteggere anche dal rischio di perdere la propria autonomia e di sviluppare qualche forma di demenza o di depressione.
Esposizioni pericolose
Secondo un'indagine condotta su 7.200 individui in 5 paesi europei, circa un terzo delle persone campione consapevolmente a livelli di rumore potenzialmente pericolosi. La maggioranza (61 per cento) non prende la minima precauzione in ambienti percepiti come dannosi per l'udito.
Nonostante il 15 per cento degli intervistati sia consapevole dei rischi derivanti da questo comportamento errato decide comunque di assistere ad un concerto o guardare un film a volume molto alto. L'aspetto più preoccupante di questa evidenza, riguarda quindi la consapevolezza nel riconoscere i rischi ed esporsi comunque a tali livelli pericolosi di rumore. In particolare gli adolescenti e giovani che ascoltano musica ad alto volume sono quelli che rischiano di più.
Guardando ai dati sul nostro Paese, tre italiani su quattro dichiarano di ascoltare i propri dispositivi mobili oltre il livello degli avvisi di volume. La percentuale aumenta tra i giovani dai 18 ai 24 anni, che ammettono nella quasi totalità di seguire questo comportamento.
Uno dei motivi potrebbe consistere nella convinzione di essere troppo giovani per avere problemi di udito. Infatti, il 28 percento degli intervistati crede che la perdita uditiva faccia parte del processo naturale di invecchiamento. Infine, dalle evidenze dell'indagine emerge un forte timore nei confronti di questa condizione.
La protesi, poco accettata
Secondo i dati di Federanziani, in Italia circa il 12percento della popolazione totale è affetta da un deficit uditivo e che tale incidenza raggiunga il quasi la metà nei soggetti di età superiore ai 65 anni. L'ipoacusia è quindi età correlata, con una maggiore diffusione negli individui di sesso maschile. La diagnosi precoce diventa un importante strumento che aumenta l'efficacia della risposta al problema, poiché in seguito ad una protesizzazione, soprattutto nei soggetti anziani, la ridotta plasticità cerebrale può determinare tempi di recupero decisamente lunghi o non sufficienti. La correzione precoce del deficit uditivo migliorerebbe l'ascolto, e progressivamente la percezione del parlato e della qualità di vita.
Recenti indagini hanno inoltre rivelato che solo un quarto dei pazienti che ha coscienza del problema accetta una protesizzazione, semplicemente a causa del pregiudizio, non fondato, che questo disturbo possa essere risolto in maniera efficace. Molti soggetti con ipoacusia collegano i disturbi uditivi all'età, giustificandoli con il normale processo d'invecchiamento, per altri invece subentra la critica verso l'interlocutore. La riluttanza a risolvere il problema attraverso una protesi viene poi filtrata attraverso ragioni psicologiche di vanità e condizionamenti sociali, fino a rappresentare un ingiustificato tabù in virtù della percezione della protesi, anche quando invisibile, come prova di disabilità.
A cura di:
Chiara Romeo
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Una tendenza che si può contrastare con semplici accorgimenti, come ad esempio l'utilizzo di protezioni acustiche in luoghi rumorosi, il controllo periodico dell'udito e l'uso limitato di farmaci ototossici.
Impatto sulle attività quotidiane
Come evidenziato da un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Gerontology, una perdita di udito non trattata può far aumentare di un terzo il rischio di non riuscire a svolgere le attività quotidiane più semplici, come mangiare, vestirsi e fare la doccia. Inoltre, al mancato uso di protesi acustiche si associa anche una crescita delle probabilità di demenza (+21 per cento) e, negli uomini, di depressione (+43 per cento).
«Lo studio ha coinvolto oltre 3mila 500 persone osservate per 25 anni: i dati raccolti non solo confermano la tesi dell'esistenza di un legame tra ipoacusia, depressione e deficit cognitivi, ma introducono anche un nuovo elemento. Si evidenzia infatti come le persone con un disturbo dell'udito non curato abbiano un rischio maggiore di non riuscire più a svolgere le semplici attività quotidiane, come mangiare, vestirsi e farsi la doccia. Di fronte a un sospetto calo uditivo» spiega Alessandro Martini, direttore del Dipartimento di Neuroscienze e Organi di Senso, Professore Ordinario di Otorinolaringoiatria presso l'Azienda Ospedaliera Università di Padova «è quindi fondamentale intervenire il prima possibile, facendo un controllo dal medico e ricorrendo in caso di bisogno a protesi acustiche».
Questi dispositivi non solo permettono di tornare a sentire ma, stando ai risultati di questo importante studio, possono proteggere anche dal rischio di perdere la propria autonomia e di sviluppare qualche forma di demenza o di depressione.
Esposizioni pericolose
Secondo un'indagine condotta su 7.200 individui in 5 paesi europei, circa un terzo delle persone campione consapevolmente a livelli di rumore potenzialmente pericolosi. La maggioranza (61 per cento) non prende la minima precauzione in ambienti percepiti come dannosi per l'udito.
Nonostante il 15 per cento degli intervistati sia consapevole dei rischi derivanti da questo comportamento errato decide comunque di assistere ad un concerto o guardare un film a volume molto alto. L'aspetto più preoccupante di questa evidenza, riguarda quindi la consapevolezza nel riconoscere i rischi ed esporsi comunque a tali livelli pericolosi di rumore. In particolare gli adolescenti e giovani che ascoltano musica ad alto volume sono quelli che rischiano di più.
Guardando ai dati sul nostro Paese, tre italiani su quattro dichiarano di ascoltare i propri dispositivi mobili oltre il livello degli avvisi di volume. La percentuale aumenta tra i giovani dai 18 ai 24 anni, che ammettono nella quasi totalità di seguire questo comportamento.
Uno dei motivi potrebbe consistere nella convinzione di essere troppo giovani per avere problemi di udito. Infatti, il 28 percento degli intervistati crede che la perdita uditiva faccia parte del processo naturale di invecchiamento. Infine, dalle evidenze dell'indagine emerge un forte timore nei confronti di questa condizione.
La protesi, poco accettata
Secondo i dati di Federanziani, in Italia circa il 12percento della popolazione totale è affetta da un deficit uditivo e che tale incidenza raggiunga il quasi la metà nei soggetti di età superiore ai 65 anni. L'ipoacusia è quindi età correlata, con una maggiore diffusione negli individui di sesso maschile. La diagnosi precoce diventa un importante strumento che aumenta l'efficacia della risposta al problema, poiché in seguito ad una protesizzazione, soprattutto nei soggetti anziani, la ridotta plasticità cerebrale può determinare tempi di recupero decisamente lunghi o non sufficienti. La correzione precoce del deficit uditivo migliorerebbe l'ascolto, e progressivamente la percezione del parlato e della qualità di vita.
Recenti indagini hanno inoltre rivelato che solo un quarto dei pazienti che ha coscienza del problema accetta una protesizzazione, semplicemente a causa del pregiudizio, non fondato, che questo disturbo possa essere risolto in maniera efficace. Molti soggetti con ipoacusia collegano i disturbi uditivi all'età, giustificandoli con il normale processo d'invecchiamento, per altri invece subentra la critica verso l'interlocutore. La riluttanza a risolvere il problema attraverso una protesi viene poi filtrata attraverso ragioni psicologiche di vanità e condizionamenti sociali, fino a rappresentare un ingiustificato tabù in virtù della percezione della protesi, anche quando invisibile, come prova di disabilità.
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Chiara Romeo
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