30 marzo 2015
Interviste, Speciale tumore al seno
Geni e tumori, l’esperta: «Anch’io come Angelina Jolie»
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Due anni dopo aver scioccato il mondo con l'annuncio di essersi sottoposta a un intervento di rimozione di entrambe le ghiandole mammarie a scopo preventivo - per via della presenza nella sua famiglia di una mutazione genetica che dopo essersi portata via mamma, nonna e zia comportava per lei un aumento dell'87 per cento del rischio di tumore del seno e del 59 per cento del tumore delle ovaie - la star hollywoodiana Angelina Jolie ha annunciato pochi giorni fa di aver anche deciso di farsi togliere le ovaie e le tube di Falloppio (annessiectomia) sempre a scopo preventivo.
Dica33 ha deciso di parlare di questa scelta - che ha sollevato reazioni molto forti in tutto il mondo - con Viviana Galimberti, che dirige l'unità di Senologia molecolare dell'Istituto europeo di oncologia di Milano ed è tra i massimi esperti in Italia di tumore del seno e di rischio associato alle mutazioni genetiche. Una specialista che si trova quotidianamente ad aiutare molte donne, e una donna che si è trovata anche lei a dover prendere per sé una decisione difficile, irreversibile, dopo aver valutato con calma tutti i pro e i contro.
Dottoressa Galimberti, dopo il primo annuncio della doppia mastectomia profilatttica di Angelina Jolie negli Stati Uniti è molto aumentato il ricorso al test genetico, e da più parti è stato sollevato il timore che le donne possano imitarla anche in assenza di un rischio elevato. Che cosa ne pensa?
«Il grande dibattito che è sorto attorno al caso di Angelina Jolie è stato molto positivo perché ha permesso di parlare delle opzioni oggi a disposizione nella prevenzione del tumore. Però ha creato anche molta confusione, in primo luogo tra la situazione di chi è già malata e quella di chi invece ha un rischio maggiore della media di essere colpita da tumore, ma è sana».
È un argomento complesso, in cui conta molto anche l'emotività...
«Certamente. E anche per questo motivo è importantissimo che prima di prendere una decisione ciascuna donna soppesi bene tutte le informazioni insieme ai diversi specialisti coinvolti, e valuti l'importanza che ciascuna delle probabili conseguenze della scelta ha per lei e per la sua vita futura. Il test genetico in sé è semplice, e prevede solo un prelievo di sangue, ma le difficoltà vengono quando si tratta di comprendere i risultati e valutare tutte le opzioni a disposizione».
Ha senso che una donna con tumore alla mammella si sottoponga al test genetico per sapere se è portatrice di una delle mutazioni associate al maggior rischio di tumore del seno?
«L'indagine genetica di norma viene valutata insieme alle donne che ricevono una diagnosi di tumore del seno in giovane età. In dettaglio, nelle pazienti che non presentano una familiarità il test genetico è raccomandato quando la diagnosi di carcinoma della mammella è arrivata prima dei 38 anni (con l'eccezione delle donne con carcinoma che alla biopsia risulta "triplo negativo", in cui la soglia di età sale a 45 anni); quando oltre alcarcinoma della mammella c'è anche un carcinoma ovarico (in questo caso la raccomandazione vale per qualsiasi età); quando la donna presenta un carcinoma della mammella bilaterale prima dei 50 anni, o un carcinoma annessiale (ovaie e tube) prima dei 45 anni. Dopodiché è raccomandato anche agli uomini colpiti da carcinoma della mammella maschile prima dei 45. Diverso è il caso delle donne che hanno familiarità».
Quali sono le raccomandazioni per il test genetico per le donne con tumore della mammella e con familiarità?
«Nella donna che abbia almeno un familiare di primo o secondo grado (escludendo quindi i cugini) colpito, il test è indicato se il carcinoma della mammella viene diagnosticato prima dei 50 anni. La soglia di età però non vale più se il carcinoma della mammella è bilaterale, e in caso di carcinoma annessiale: in questi ultimi casi il test può essere effettuato a qualsiasi età. Stesso discorso vale per le donne che abbiano almeno 2 familiari dello stesso ramo con carcinoma della mammella o annessiale».
E per le donne sane?
«L'esame genetico può essere indicato se madre o sorella, o una zia paterna, hanno avuto il carcinoma della mammella prima dei 36 anni, o un tumore annessiale prima dei 45, e non hanno effettuato il test (per esempio perché sono decedute). Se madre o sorella o zia paterna hanno avuto una neoplasia mammaria eovarica, il limite di età non ha più importanza. Egualmente ha senso effettuare il test se padre o fratello hanno avuto una diagnosi di neoplasia mammaria prima dei 45 anni».
Che cos'altro occorre sapere prima di effettuare il test genetico?
«Prima di effettuare il test, chi è in una delle situazioni elencate deve essere indirizzata a un genetista, che dopo aver verificato sulla base della cosiddetta "mappa familiare" se la donna è candidabile al test genetico, le fornirà tutte le informazioni che le serviranno in primo luogo a decidere se effettuare il test stesso, e in secondo luogo a prepararsi a interpretare i risultati. Come si è detto il test in sé è un banale prelievo di sangue, ma occorre essere preparati a gestire il risultato, con l'aiuto in primo luogo del genetista, e poi di altri esperti, dallo psicologo, al ginecologo e al chirurgo, se ci si orienta verso un intervento».
In quali casi è giustificato un intervento demolitivo a scopo preventivo?
«Il medico non deve mai influenzare le decisioni della donna. Il nostro compito consiste nello spiegare con la massima chiarezza a che cosa va incontro se decide di optare per l'intervento o per uno dei numerosi approcci alternativi possibili. È chiaro che in molti casi l'intervento demolitivo è quello che permette di ridurre al massimo il rischio, ma deve essere anche chiaro - per esempio - che l'intervento di mastectomia non è confrontabile con un intervento di chirurgia plastica, e il risultato non sarà lo stesso, né sul piano estetico né sul piano della sensibilità. Occorre tenere sempre a mente che si tratta di una scelta irreversibile. Solo se la donna è ben informata e decide autonomamente allora sarà soddisfatta del risultato».
Secondo lei Angelina Jolie ha fatto la scelta giusta?
«Ciascuna donna deve decidere per sé. Nel caso di Angelina Jolie c'erano sia una familiarità fortissima sia la mutazione genetica, e soprattutto c'è stata una lunga e ponderata riflessione, per cui mi permetto di dire che sbaglia chi si è sentito in diritto di condannare la sua decisione».
In quella situazione lei avrebbe fatto lo stesso?
«La situazione non è mai la stessa, ma io posso dire di essermi posta domande molto simili, perché anche io ho una familiarità altissima per il tumore all'ovaio e alla mammella, anche se nella mia famiglia non c'è la mutazione genetica. Dopo aver valutato con attenzione la mia situazione, e tutte le opzioni a disposizione, io per me ho deciso di sottopormi a scopo preventivo a una annessiectomia bilaterale. Ma a chi mi chiede che cosa farei al posto suo io continuo a ripetere che l'unico modo per arrivare alla scelta giusta passa per un percorso di almeno sei mesi - perché se una donna è sana qualunque decisione può essere presa con la dovuta calma - con la consulenza con tutti gli specialisti che forniranno tutte le informazioni necessarie.
Per assicurare a tutte le donne d'Italia la stessa qualità di assistenza è attiva una rete di esperti che lavora per definire i requisiti dei centri specializzati, e stilare le linee-guida per uniformare gli approcci. Nel sito Senonetwork è pubblicato l'elenco aggiornato dei centri di senologia italiani che dispongono di tutte le competenze multidisciplinari».
Fabio Turone
Dica33 ha deciso di parlare di questa scelta - che ha sollevato reazioni molto forti in tutto il mondo - con Viviana Galimberti, che dirige l'unità di Senologia molecolare dell'Istituto europeo di oncologia di Milano ed è tra i massimi esperti in Italia di tumore del seno e di rischio associato alle mutazioni genetiche. Una specialista che si trova quotidianamente ad aiutare molte donne, e una donna che si è trovata anche lei a dover prendere per sé una decisione difficile, irreversibile, dopo aver valutato con calma tutti i pro e i contro.
Dottoressa Galimberti, dopo il primo annuncio della doppia mastectomia profilatttica di Angelina Jolie negli Stati Uniti è molto aumentato il ricorso al test genetico, e da più parti è stato sollevato il timore che le donne possano imitarla anche in assenza di un rischio elevato. Che cosa ne pensa?
«Il grande dibattito che è sorto attorno al caso di Angelina Jolie è stato molto positivo perché ha permesso di parlare delle opzioni oggi a disposizione nella prevenzione del tumore. Però ha creato anche molta confusione, in primo luogo tra la situazione di chi è già malata e quella di chi invece ha un rischio maggiore della media di essere colpita da tumore, ma è sana».
È un argomento complesso, in cui conta molto anche l'emotività...
«Certamente. E anche per questo motivo è importantissimo che prima di prendere una decisione ciascuna donna soppesi bene tutte le informazioni insieme ai diversi specialisti coinvolti, e valuti l'importanza che ciascuna delle probabili conseguenze della scelta ha per lei e per la sua vita futura. Il test genetico in sé è semplice, e prevede solo un prelievo di sangue, ma le difficoltà vengono quando si tratta di comprendere i risultati e valutare tutte le opzioni a disposizione».
Ha senso che una donna con tumore alla mammella si sottoponga al test genetico per sapere se è portatrice di una delle mutazioni associate al maggior rischio di tumore del seno?
«L'indagine genetica di norma viene valutata insieme alle donne che ricevono una diagnosi di tumore del seno in giovane età. In dettaglio, nelle pazienti che non presentano una familiarità il test genetico è raccomandato quando la diagnosi di carcinoma della mammella è arrivata prima dei 38 anni (con l'eccezione delle donne con carcinoma che alla biopsia risulta "triplo negativo", in cui la soglia di età sale a 45 anni); quando oltre alcarcinoma della mammella c'è anche un carcinoma ovarico (in questo caso la raccomandazione vale per qualsiasi età); quando la donna presenta un carcinoma della mammella bilaterale prima dei 50 anni, o un carcinoma annessiale (ovaie e tube) prima dei 45 anni. Dopodiché è raccomandato anche agli uomini colpiti da carcinoma della mammella maschile prima dei 45. Diverso è il caso delle donne che hanno familiarità».
Quali sono le raccomandazioni per il test genetico per le donne con tumore della mammella e con familiarità?
«Nella donna che abbia almeno un familiare di primo o secondo grado (escludendo quindi i cugini) colpito, il test è indicato se il carcinoma della mammella viene diagnosticato prima dei 50 anni. La soglia di età però non vale più se il carcinoma della mammella è bilaterale, e in caso di carcinoma annessiale: in questi ultimi casi il test può essere effettuato a qualsiasi età. Stesso discorso vale per le donne che abbiano almeno 2 familiari dello stesso ramo con carcinoma della mammella o annessiale».
E per le donne sane?
«L'esame genetico può essere indicato se madre o sorella, o una zia paterna, hanno avuto il carcinoma della mammella prima dei 36 anni, o un tumore annessiale prima dei 45, e non hanno effettuato il test (per esempio perché sono decedute). Se madre o sorella o zia paterna hanno avuto una neoplasia mammaria eovarica, il limite di età non ha più importanza. Egualmente ha senso effettuare il test se padre o fratello hanno avuto una diagnosi di neoplasia mammaria prima dei 45 anni».
Che cos'altro occorre sapere prima di effettuare il test genetico?
«Prima di effettuare il test, chi è in una delle situazioni elencate deve essere indirizzata a un genetista, che dopo aver verificato sulla base della cosiddetta "mappa familiare" se la donna è candidabile al test genetico, le fornirà tutte le informazioni che le serviranno in primo luogo a decidere se effettuare il test stesso, e in secondo luogo a prepararsi a interpretare i risultati. Come si è detto il test in sé è un banale prelievo di sangue, ma occorre essere preparati a gestire il risultato, con l'aiuto in primo luogo del genetista, e poi di altri esperti, dallo psicologo, al ginecologo e al chirurgo, se ci si orienta verso un intervento».
In quali casi è giustificato un intervento demolitivo a scopo preventivo?
«Il medico non deve mai influenzare le decisioni della donna. Il nostro compito consiste nello spiegare con la massima chiarezza a che cosa va incontro se decide di optare per l'intervento o per uno dei numerosi approcci alternativi possibili. È chiaro che in molti casi l'intervento demolitivo è quello che permette di ridurre al massimo il rischio, ma deve essere anche chiaro - per esempio - che l'intervento di mastectomia non è confrontabile con un intervento di chirurgia plastica, e il risultato non sarà lo stesso, né sul piano estetico né sul piano della sensibilità. Occorre tenere sempre a mente che si tratta di una scelta irreversibile. Solo se la donna è ben informata e decide autonomamente allora sarà soddisfatta del risultato».
Secondo lei Angelina Jolie ha fatto la scelta giusta?
«Ciascuna donna deve decidere per sé. Nel caso di Angelina Jolie c'erano sia una familiarità fortissima sia la mutazione genetica, e soprattutto c'è stata una lunga e ponderata riflessione, per cui mi permetto di dire che sbaglia chi si è sentito in diritto di condannare la sua decisione».
In quella situazione lei avrebbe fatto lo stesso?
«La situazione non è mai la stessa, ma io posso dire di essermi posta domande molto simili, perché anche io ho una familiarità altissima per il tumore all'ovaio e alla mammella, anche se nella mia famiglia non c'è la mutazione genetica. Dopo aver valutato con attenzione la mia situazione, e tutte le opzioni a disposizione, io per me ho deciso di sottopormi a scopo preventivo a una annessiectomia bilaterale. Ma a chi mi chiede che cosa farei al posto suo io continuo a ripetere che l'unico modo per arrivare alla scelta giusta passa per un percorso di almeno sei mesi - perché se una donna è sana qualunque decisione può essere presa con la dovuta calma - con la consulenza con tutti gli specialisti che forniranno tutte le informazioni necessarie.
Per assicurare a tutte le donne d'Italia la stessa qualità di assistenza è attiva una rete di esperti che lavora per definire i requisiti dei centri specializzati, e stilare le linee-guida per uniformare gli approcci. Nel sito Senonetwork è pubblicato l'elenco aggiornato dei centri di senologia italiani che dispongono di tutte le competenze multidisciplinari».
Fabio Turone
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