Come sarà l’influenza 2020? Risponde l’epidemiologo Fausto Francia

20 ottobre 2020
Interviste

Come sarà l’influenza 2020? Risponde l’epidemiologo Fausto Francia



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La campagna vaccinale è già in corso: le regioni stanno cominciando ad effettuare le vaccinazioni antinfluenzali alle categorie a rischio, mentre i numeri dei contagi da Covid-19 sono in aumento. Ma come sarà l'influenza della stagione 2020-2021, cosa ci dobbiamo aspettare in termini di diffusione e di gravità della malattia? L'abbiamo chiesto in esclusiva per Dica33, a Fausto Francia, già presidente della Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (SITI), e direttore del dipartimento di Sanità pubblica dell'Ausl di Bologna.

Professor Francia, cosa ci possiamo aspettare dalla prossima stagione influenzale?

Quest'anno è difficile fare previsioni. Per due motivi, da una parte la presenza del Coronavirus è un elemento confondente, dall'altra le misure di mitigazione della pandemia, quindi il distanziamento sociale, l'uso della mascherina, il lavaggio frequente delle mani, avranno un grosso effetto anche nella minore diffusione della influenza stagionale. Questo non ci permette di dare una valutazione preventiva, come facevamo negli scorsi anni. Per comprendere la situazione attuale si può guardare a quello che è successo nel 2009 con il virus H1N1, la cosiddetta influenza suina: ci fu un'epidemia a novembre a cui non seguì il normale picco della stagionale, tra gennaio e febbraio.

È vero che nell'emisfero sud ed in particolare in Australia, l'influenza stagionale è stata contenuta?

I dati pubblicati dall'Australia mostrano che di fatto lì non c'è stata influenza. La spiegazione è duplice: da una parte i mezzi di protezione utilizzati per la pandemia da Sars-Cov-2; se durante la stagione invernale, in cui di solito si diffonde l'influenza andiamo in giro con la mascherina, ci laviamo spesso le mani, teniamo un determinato distanziamento, e c'è una elevata adesione alla vaccinazione antinfluenzale, è chiaro che questi strumenti ci proteggono e ci ammaliamo meno anche di altri virus, tra cui quello influenzale. Un secondo motivo è attribuibile ad un fenomeno osservabile, ma di cui ancora non si ha una spiegazione univoca: quando in un determinato ambito c'è una forma virale predominante, le altre forme virali si presentano meno; quasi si mettesse in atto una competizione tra virus.

Quanto è importante la vaccinazione antinfluenzale?

Essere vaccinati è importate, sia per proteggersi dalla influenza stessa, sia migliorare la diagnosi differenziale tra influenza e Covid-19. La copertura consigliata per le persone a rischio è del 75%: quest'anno la platea è stata ampliata e comprende chi ha più di 60 anni, e chi ha determinate patologie. Una copertura del 75% permette una minore diffusione del virus influenzale tra la popolazione in generale, una sorta di barriera, perché chi è vaccinato non si ammala e non trasmette il virus. Fino al 2015, la copertura vaccinale era in crescita e stava raggiungendo in alcune Regioni livelli vicini a quanto suggerito. Dopo il 2015, a causa di un errata comunicazione da parte di alcuni medici che hanno attribuito al vaccino eventi avversi seri, che si sono rivelati poi non essere correlati con l'inoculo, tale copertura è scesa sotto il 50%. Speriamo quest'anno, con la presenza del Coronavirus, di avere una elevata adesione.

Quanto si rischia a tenere aperte le scuole, con la circolazione del Sars-Cov-2 e del virus influenzale?

È stato deciso di tenere aperte le scuole per diversi motivi, pertanto si parla di rischio calcolato. In questo momento, le regole applicate stanno funzionando e i focolai si stanno gestendo con ordine. La situazione ad oggi è diversa da quella di aprile-maggio 2020. Non possiamo fare paragoni, perché la situazione è differente: 4-5.000 casi in primavera, durante il lockdown, non possono essere messi a confronto con quelli che abbiamo adesso, con i ragazzi a scuola, le persone sui mezzi pubblici, spostamenti non limitati. Ma la battaglia non è vinta, dobbiamo essere prudenti ancora fino all'arrivo di cure con anticorpi monoclonali e del vaccino.

Chiara Romeo



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