I cani “sociali” contro il disagio: case di reclusione e bullismo
Negli ultimi decenni in Italia gli Interventi Assistiti con gli Animali si sono moltiplicati e hanno assunto anche una veste più professionale, in particolare dopo l'introduzione delle Linee guida ministeriali. Si è allargato anche il campo di impiego dei cani: fra le molte esperienze realizzate negli ultimi anni, sono molto significative per la loro novità quelle effettuate nelle case di reclusione e quelle per contrastare il fenomeno del bullismo.
Nelle carceri, gli interventi forniscono occasioni di impegno, distrazione, divertimento e studio: i detenuti interagiscono con i cani dopo un breve corso cinofilo.
I bambini e adolescenti bullizzati (e i bulli stessi) traggono grande giovamento dalla relazione con il cane: poterlo accudire, giocarci e fargli svolgere esercizi migliora la loro autostima e infonde serenità e sicurezza.
I ragazzi bullizzati, che hanno subito violenze fisiche e psicologiche, hanno grande difficoltà ad aprirsi per raccontare i propri vissuti: temono di non essere creduti, di essere derisi e di subire altre violenze e intimidazioni. Hanno difficoltà a elaborare e superare queste esperienze e tendono a chiudersi sempre più in se stessi. Il cane offre loro una forma di comunicazione che li stimola a uscire dalla paura e dall'isolamento e offre momenti di spensieratezza che alleggeriscono la situazione. Per i bulli il problema principale è quello di gestire le emozioni violente come la rabbia e l'aggressività. Il tipo di cane viene scelto secondo la persona con cui deve interagire: per esempio, cani più "dolci" come Labrador e piccoli meticci sono stati impiegati con i bullizzati, cani più "forti" come Pittbull e American Staffordshire per i bulli.
Un obiettivo complementare del progetto era quello di avvicinarli al cane per incoraggiarli a coltivare una passione e anche di cominciare a valutare l'idea di trovare un'occupazione lavorativa nel campo cinofilo.
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